Ombre nel coaching: quanto la cornice influenza la percezione della tela?
Far luce sui bisogni attuali del coachee, un dovere emotivo ed etico

Un tempo, il nostro presente, che continua a macinare domande. Come sarà il domani? Fino a che punto vale la pena investire in progetti e ideali viste le immagini che scorrono quotidianamente alle tv?
Madri e bambini che fuggono da un orrore scritto, lo spettro di un virus nemico che si annida ancora come un tarlo nelle pieghe delle nostre dimensioni emotive, i discorsi al tg che inanellano parole di disagio, preoccupazione, timore verso il domani.
Come si pone un professionista del coaching di fronte a tutto ciò quando incontra un cliente?
L’errore cruciale, a mio avviso, è quello di credere che tale contesto sia (e debba restare) una cornice al di fuori del quadro di riferimento del cliente e che gli unici protagonisti ammessi nello scenario della rappresentazione di coaching (termine quasi sfidante e provocatorio utilizzato consapevolmente ) siano gli obiettivi di sviluppo tailor made del coachee.
Ciò di cui sto prendendo invece sempre più coscienza è che invece, la cornice, per l’uomo che vive un processo di apprendimento e sviluppo, ha spesso la stessa valenza del quadro.
Essa interviene a modulare l’intensità dei bisogni del coachee spesso dettandone la possibilità di espressione, visto il contesto. Delinea margini di realizzazione, ha funzione contenitiva della scena ma è spesso anche in grado di valorizzare l’intera tela e sostenerla.
Cosa accade quando invece la cornice diviene laccio emostatico della libera espressione e della creatività? Quando viene vissuta dai protagonisti dell’opera come una limitazione della propria autorealizzazione? Cosa succede quando essa viene percepita come ostacolo occludente della propria libertà espressiva innescando addirittura emozioni limitanti e depotenzianti come paura, rabbia e aggressività passiva?
Il contesto conta, eccome; elicita in modo diretto le nostre risposte ad esso e la capacità di rispondere ai suoi stimoli con adeguata capacità emotiva non è cosa ovvia ma resta necessità indispensabile per non soccombere alle sue dominazioni.
Puntare sul rinforzo delle proprie risorse emotive ritengo sia la strategia più funzionale per meglio orientarsi in questa fase di spazio e tempo talvolta articolata e difficile, fatta di relazioni complesse e compromessi ostentati, ricca di comportamenti affannati e affaticati che tentano di riportare situazioni e stati d’animo a una sorta di omeostasi conservativa. Tali sforzi spesso tentano di incorniciare adeguatamente gli splendidi quadri che incontro, opere dai titoli spesso sofisticati e carismatici, legati da un umile ed autentico tratto comune, quello di essere uomini, prima che ruoli e immagini da interpretare e riconoscere su tela.
Concentrarsi sullo sviluppo di competenze emotive può aiutare il protagonista a ridefinire le proprie priorità all’interno del proprio contesto; può incentivare l’approfondimento dei propri bisogni non solo rispetto alla scena da interpretare, ma anche rispetto alla sua specifica cornice di riferimento. Apertura, flessibilità, orientamento al risultato, gestione del tempo e chi più ne ha più ne metta, restano tassonomie e competenze sterili da rappresentare se prive di un adeguato ridimensionamento personalizzato, immerso nel proprio quotidiano e nel proprio concetto di necessario.
È fondamentale restituire valore e autenticità al tempo presente uscendo da un’interpretazione timorosa circa cosa potrà aspettarci nel futuro; esso, in gran parte, e’ frutto della risposta presente. Nel day by day, ci è richiesto di essere equilibristi dinamici su una metaforica fune appesa tra due estremità: ci viene richiesto di andare avanti nonostante ci sia possibilità di cadere ma al contempo è indispensabile a mio avviso divenire consapevoli che ogni passo concluso è sinonimo di progresso.
Affrontare il quotidiano richiede la nostra massima agilità emotiva, richiede ascolto profondo rivolto al soddisfacimento dei nostri bisogni attuali, non solo futuri.
Essi possono mutare in base al contesto ma non per questo devono smettere di essere il traguardo più appassionante del nostro percorso di sviluppo verso le nostre aspirazioni. In fondo avere la sensazione di essere sospesi su una fune nel cielo può anche avere un che di straordinario; significa trovarsi più vicini alle stelle dove la maggior parte di noi ancora adora depositare i propri sogni.
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