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Il cambiamento nelle organizzazioni

Un approccio interfunzionale e partecipativo

Troppo spesso le aziende, in particolar modo quelle di medie e piccole dimensioni, sono ingessate da modelli organizzativi inadeguati a gestire i cambiamenti indotti da un mercato in continua evoluzione e da un ambiente esterno reso instabile e incerto anche a causa di fenomeni globali non prevedibili. Tale condizione a volte è determinata dalla miopia di un management che non percepisce la necessità di dover cambiare il proprio assetto organizzativo. Altre volte, pur avvertendone l’opportunità, la volontà di cambiamento del management giace in uno stato di desiderio latente, ostaggio del continuo drenaggio di risorse dedicate alla gestione di una quotidianità complessa se non addirittura caotica.

Di certo, molte aziende decidono di uscire dall’immobilismo e affrontare il cambiamento organizzativo nel momento in cui si trovano difronte alla necessità di dover ridefinire le proprie scelte di sviluppo. È allora che nasce l’esigenza non più eludibile di “ritarare” la macchina che dovrà mettere in pratica le nuove strategie e di riorganizzarsi sulla base della nuova equazione di valore su cui l’azienda intende costruire il proprio futuro.
I fattori su cui fare leva in un intervento di cambiamento organizzativo sono principalmente due: le persone e il modo in cui esse operano e interagiscono all’interno dell’azienda. Tali fattori, che tipicamente trovano formale e sintetica rappresentazione nell’organigramma, nei diagrammi di flusso dei processi organizzativi e nelle procedure, risultano fortemente correlati e vanno necessariamente trattati in una logica integrata e sistemica.
Nell’applicazione pratica, però, accade sovente che il ridisegno della struttura organizzativa venga calato dall’alto e preceda il momento della riprogettazione dei processi, complice l’interesse a proteggere innanzitutto gli assetti di potere e di autonomia delle diverse aree aziendali. Così si inizia dal ridefinire le posizioni e le gerarchie secondo una logica prettamente funzionale e, solo in seconda battuta, si passa alla reingegnerizzazione dei processi, con il risultato di creare una struttura verticale che mal si sposa con la dimensione orizzontale dei processi che attraversano trasversalmente tutta l’organizzazione.

L’approccio più corretto al cambiamento organizzativo è diametralmente opposto: deve partire dall’analisi critica dei processi organizzativi attuali e dalla loro riprogettazione per approdare, solo alla fine, alla scelta del migliore e più coerente modello di struttura in grado di garantire fluidità ed efficacia alla gestione dei diversi processi reingegnerizzati. Ma affinché un percorso così articolato di scomposizione, analisi e riprogettazione di processi e strutture abbia successo è necessario che, oltre al contributo consulenziale, si preveda anche la partecipazione attiva di un selezionato gruppo di risorse interne appartenenti alle diverse funzioni dell’organizzazione. Il team interfunzionale così composto vede, da un lato, i consulenti come portatori di metodi, strumenti ed esperienze e, dall’altro, le risorse interne come portatrici della approfondita conoscenza dei processi di funzionamento dell’organizzazione. È sorprendente come un tale mix di competenze e conoscenze sia in grado di garantire in tempi brevi nuovi modelli organizzativi, e ancora più sorprendente è scoprire come le risorse coinvolte spesso si trovino per la prima volta a “rileggere” la loro organizzazione per processi e non per funzioni. A chi poi, come me, crede che ogni persona possegga già tutte le risorse necessarie per affrontare una situazione di cambiamento e che queste vadano solo fatte emergere e restituite in consapevolezza, sorprende sicuramente meno il grande potenziale di visione critica delle problematiche e di proposizione di soluzioni di valore che le risorse coinvolte sono in grado di apportare al progetto (per un ulteriore approfondimento, si veda l’articolo Team coaching e consulenza).

Ma i vantaggi per l’azienda vanno ben oltre. Terminato il progetto, infatti, le persone che hanno partecipato al “team del cambiamento” continuano a rappresentare per l’azienda un patrimonio importante, sia perché hanno dato visibilità a un middle-management spesso assente o non riconosciuto, sia perché assumono inconsapevolmente il ruolo di ambasciatori del cambiamento nei confronti dei loro collaboratori e colleghi, facilitando di fatto la transizione dal precedente assetto organizzativo al nuovo. Il cambiamento organizzativo, infatti, passa anche attraverso un cambiamento di tipo culturale, deve permeare tutta l’organizzazione, dai primi livelli a quelli più bassi, sollecitando in tutti la consapevolezza che cambiare è possibile e che ciascuno è protagonista insieme agli altri del cambiamento.

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