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Migliorarsi con i libri

Leggere è coltivare la nostra anima e fare in modo che diventi ogni giorno più bella e più forte Migliorare significa sicuramente pensare ad un obiettivo, una motivazione forte che ci induca al perché del cambiamento, a quel quid che possiamo coltivare. Migliorare significa avere una ragione. Se vogliamo cambiare, migliorare, possiamo anche apprendere come farlo. Attraverso i libri per esempio. Ognuno di noi ha sicuramente un libro favorito, un libro che forse avremmo voluto scrivere noi stessi in cui i personaggi sembrano creati con lo stampino della nostra vita, un fermo immagine della nostre avventure, dei nostri sogni, di ciò che saremmo voluti essere in una realtà parallela. Personalità a confronto quindi, in un mondo fatto unicamente di libri. Personalità Moscardiane-Pirandelliane: “Uno, nessuno e centomila”. “La vita non conclude. E non sa di nomi, la vita. Quest’albero, respiro tremulo di foglie nuove. Sono quest’albero. Albero, nuvola, domani libro o vento: il libro che leggo, il vento che bevo. Tutto fuori, vagabondo” Leggere i libri è un’esperienza che ci completa, è la metà della mela se solo lo sapessimo. Leggere è ritagliarsi uno spazio di tempo tutto nostro nel quale coltivare solo gli alberi di noi stessi, della nostra anima. Innaffiarla, potarla, curarla, proteggerla, osservarla. La nostra anima è come un albero bisognoso di amore. Leggere è coltivare la nostra anima e fare in modo che diventi ogni giorno più bella e più forte. La lettura come unico scopo potrebbe portare al nutrimento, al cambiamento, al miglioramento della nostra personalità. I libri non sono fatti solo di carta, sono fatti di segnali e a volte anche di speranza. Allora prendiamo in mano il nostro libro preferito letto poche ore prima, come anche anni fa e cerchiamo attraverso i suoi codici nascosti per quale motivo è davvero il nostro libro preferito. Chiediamoci: 1. “Per quale motivo quel personaggio mi rispecchia tanto?” 2. “Cosa trovo di me, in lui/lei?” 3. “Cosa avrebbe fatto lui/lei se ora fosse al mio posto?” Porci queste domande ci aiuterà a capire come veramente stiamo affrontando la nostra vita. Vedere la nostra vita come la vedrebbe il nostro personaggio preferito, sarebbe una presa di consapevolezza molto forte. Condividerlo poi con il nostro Coach durante un percorso di Coaching sarebbe ancora più efficace. Se non avessimo un libro preferito o un personaggio che crediamo ci rassomigli, possiamo sempre entrare in una libreria e guardandoci attorno e scegliere un libro che particolarmente ci attira. Come è disegnato, il colore sulla copertina, come è scritto, in quale scaffale è posizionato, la trama che ci attira. Tutti segnali da cogliere anche se a volte capita che siano proprio i libri a sceglierci. Personalità forti potrebbero trovare piacere nell’immergersi in letture sofisticate come “Cime tempestose” (Brontë), “Lolita” (Nabokov), “I dolori del giovane Werther” (Goethe), “Il ritratto di Dorian Gray” (Wilde) e magari scoprirsi fragili come un grissino tra due mani di ferro. “Il mago di Oz” (Baum), per personalità sognatrici che amano viaggiare con la fantasia ma che una consapevolezza ce l’hanno: “..nessun posto è come casa mia..” “La moglie dell’uomo che viaggiava nel tempo” (Niffenegger), libro forte per personalità che credono di non aver mai amato e che aspettano sognanti l’amore della vita. Ma l’amore sia sa è davvero dietro l’angolo, basterebbe sporgersi un po’ per riconoscerlo. E’ una questione di identità. A volte vediamo solo ciò che vogliamo vedere, a volte invece non vediamo ciò che invece è palese. “Alice nel paese delle meraviglie” (Carroll) per chi non si accontenta di vivere nel mondo reale ma vuole, deve, assolutamente evadere per trovare le risposte alle sue domande o magari solo per ritrovare il suo Bianconiglio rifugiandosi in luoghi irrazionali forse perché la vita di ogni giorno è fin troppo razionale. Un viaggio di Alice alla scoperta anche di personaggi mutevoli nei quali per forza ognuno di noi si deve riconoscere o quanto meno il loro incontro serve a ricordarci chi siamo noi veramente. “Cosa esser tu?”, proviamo a chiedercelo alla fine della lettura. Per caratteri avventurieri, “L’isola del tesoro” (Stevenson), “Ventimila leghe sotto i mari” – “Il giro del mondo in 80 giorni” – “Viaggio al centro della terra” (Verne), “Il Signore degli anelli” (Tolkien), poiché il viaggio è solo l’inizio di una splendida avventura. Attraverso il viaggio, la scoperta di posti diversi, mondi inconsueti, personaggi strampalati o del tutto fuori dal comune è possibile che scatti in noi la molla del miglioramento interiore. Del resto la cultura come anche l’approccio a diverse tribù, tradizioni e mondi non può far altro che scaturire in noi la voglia del cambiamento. “Acciaio” (Avallone), e tutti i libri di Niccolò Ammaniti sono romanzi troppo forti, reali, fin troppo. La loro lettura porta sicuramente ad un’analisi introspettiva sulla qualità della vita, quasi sicuramente da affrontare in un periodo felice della propria vita, perché altrimenti risulterebbero letture che soffocherebbero per la presa di coscienza. Ritrovarsi allo specchio con quei personaggi forti, decisi che non mutano mai, risulterebbe un modo di affrontare la realtà che viviamo paragonabile ad una porta sbattuta in faccia con troppa violenza. Ma si sa che a volte le emozioni forti, le passioni travolgenti che non danno scampo, le illusioni, le amarezze non possono fare altro che farci maturare in fretta soprattutto poi se le storie ci vengono raccontate da personaggi immaturi, ma solo di età, che ci offrono riflessioni sulla vita come ancore di salvezza. “Amabili resti” (Sebold), serve per coloro che vogliono rapportarsi con le persone che non ci sono più e ritrovare se stessi magari ricordando i tempi che furono, magari ripensando a certe frasi, a certi momenti che non torneranno più. Il ricordo delle persone care serve per capire cosa possiamo migliorare e cosa invece dobbiamo lasciare intatto. I ricordi servono perché alle volte ci fossilizziamo troppo su certi lati del nostro carattere che magari non vogliamo cambiare perché ostinatamente pensiamo che siano proprio quelli a non farci progredire. Ma chi l’ha detto? Noi, oppure la voce di qualcun altro? Infine, scusate se mi intrometto, ma ecco il mio libro proferito “Firmino” (Savage). Topo divoratore di libri che preferisce morire nel suo mondo fatto unicamente di carta scritta piuttosto che salvarsi e ricominciare una nuova vita. Alle volte infatti è così, preferiamo vivere la nostra vita così com’è senza toccarla, senza stravolgerla, senza aggiungere o togliere niente perché pensiamo che sia troppo tardi pensare ad uno stravolgimento totale. Firmino potrebbe insegnare a tutti invece che prima di cambiare tutta la vita radicalmente, sarebbe utile guardare dentro se stessi e iniziare a cambiare le piccole angolature del carattere, magari quei piccoli punti di sospensione che non ci fanno migliorare ma che ci fanno rimanere appesi dentro una personalità che non vogliamo, ancorati all’inerzia della nostra quotidianità fatta unicamente di sogni irrealizzabili. La salvezza a questo punto dovrebbe partire unicamente da noi custodita magari in ciò che lui ci suggerisce: “Penso sempre che ogni cosa durerà in eterno, ma non è mai così. In realtà, niente esiste per più di un istante, tranne ciò che custodiamo nella memoria.”|||

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