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Il Coaching e Socrate: un tuffo nel passato per rilanciare il presente.

Quando ci si propone di inquadrare il Coaching in una cornice storica si risale al suo precursore Socrate e al suo metodo maieutico; il dialogo che il filosofo greco utilizzava con i suoi interlocutori ricorda infatti quello di cui si vale un coach  nella sessioni con il coachee.

Ancora poco però, a mio avviso, si mettono in luce altri aspetti della filosofia di Socrate  che ritengo siano altrettanto in sintonia con il Coaching.  Su tali temi mi propongo di offrire alcune pennellate che consentano di individuare qualche sinergia in più tra questi due mondi così distanti da un punto di vista storico eppure sorprendentemente vicini dal punto di vista metodologico e contenutistico.

La brevità dell’articolo non mi permette di trattenermi sulla biografia di Socrate (469 a. C.) né sulla sua dottrina, che do per conosciuti dal lettore, ci tengo però a ricordare un aspetto importante che fa da cornice a questa nostra riflessione. Grazie al filosofo greco si produce nella storia un radicale e decisivo cambio di prospettiva nella speculazione filosofica: oggetto di indagine non è più la natura, ma l’uomo in tutte le sue sfaccettature, nella sua immensurabile interiorità, nelle sue infinite potenzialità. Le considerazioni di Socrate si intrecciano quindi con alcune dimensioni della Psicologia Positiva  -in cui affonda le sue radici il Coaching- , che ricolloca al centro la persona, il suo benessere e ne mette in luce le risorse e motivazioni. 

Passiamo ora a considerare alcuni temi che accomunano Coaching e filosofia socratica. La filosofia per Socrate si identifica con la vita,  egli infatti ha a cuore l’uomo comune, inserito nel contesto dell’esistenza quotidiana, “per lui la filosofia non era né un’acquisizione né una professione, ma un modo di vivere” (Socrate, a cura di R.Radice, ed Grandangolo, 2019, pag .22) i suoi discorsi erano in stretta relazione con la vita di tutti i giorni e il dialogo filosofico si prospettava spesso come un vero servizio agli altri. Sintetizza in questo modo G.Reale: “al discorso lungo, di parata (…) si sostituisce il discorso breve, come lo chiama Socrate, che è appunto il dialogo aperto, pronto a piegarsi alle esigenze più profonde di colore che, insieme (…) mettono a confronto, per così dire, anima con anima” (G.Reale, “Storia della filosofia greca e romana”, ed Bompiani, p. 204). Anche il Coaching si occupa di persone alle prese con le sfide familiari, professionali e più in generale relazionali che vanno costellando la vita quotidiana e fa di questa realtà il punto di partenza dei propri percorsi; è interessante notare come il punto di inizio di qualsiasi sessione è il luogo materiale e interiore del coachee; in questo luogo, per quanto impervio e arido in alcuni casi possa sembrare, germoglieranno intuizioni, cambiamenti e si apriranno nuove prospettive.

Il nostro filosofo aveva chiaro inoltre che per migliorare la polis era necessario che ogni cittadino desiderasse apportare una svolta nella propria esistenza. Anche quando ci si avvicina al Coaching si comprende che  per accelerare un processo di miglioramento nell’ambito lavorativo, familiare, ecc. occorre acquisire consapevolezza delle proprie potenzialità e del modo di allenarle: senza questa presa diretta con il proprio mondo interiore e le sue risorse, difficilmente si riuscirà a cambiare ciò che abbiamo attorno. Ritorniamo a Socrate che nell’Alcibiade afferma: “potremmo mai sapere quale arte renda migliore se stessi, mentre ignoriamo chi siamo noi stessi?” (Platone, Alcibiade Maggiore, in Tutti gli scritti, a cura di G.Reale).  Questa riflessione ci fa approdare ad una nota risposta di Whitmore (pioniere del coaching aziendale)  che nel 2012, quando gli venne chiesto “qual è la domanda di Coaching da te preferita in assoluto, disse: “Chi sei tu?” mettendo così al centro l’unicità della persona, la consapevolezza di sé e del potenziale a propria disposizione (A.Pannitti, F.Rossi, dispensa integrativa a “L’essenza del Coaching”, p.1, Franco Angeli, 2009).

Socrate però non si limitò a mettere al centro della speculazione filosofica il lavoro che ogni uomo deve fare per dare il meglio di sé e migliorare ciò che ha attorno: egli si può forse considerare anche il primo pensatore ad aver individuato l’importanza di un’attenzione personalizzata da prestare ai suoi interlocutori –nel suo caso per lo più giovani- che desiderava sostenere ed aiutare. Un prendersi cura, che è diverso dal curare, a cui poi si dedicheranno le discipline psicologiche, e che invece ha una maggiore assonanza con il metodo del Coaching che fa della cura di sé, uno dei pilastri su cui costruire il processo di scoperta ed esercizio delle proprie potenzialità, e quindi del raggiungimento di obiettivi autodeterminati.

In questa linea emerge un’altra assonanza tra filosofia socratica e Coaching: infatti, come non possiamo pensare alla relazione facilitante tra coach e cliente, che rispecchia in modo sorprendente quella che il filosofo greco aveva con le  persone con cui intratteneva i suoi dialoghi? Un rapporto in cui dava prova di ascolto attivo, capacità di silenzio e ammirazione davanti alle risposte del suo interlocutore, interesse per i temi che gli venivano sottoposti da cui prendeva avvio la conversazione;  anche il coach, come il filosofo greco, dimostra una  fiducia incondizionata nelle risorse del coachee e della sua unicità. Giovanna Giuffredi  a questo proposito afferma: “avere fiducia significa rispettare il modo in cui il cliente percepisce il mondo, il suo stile di apprendimento, il suo modo di essere, di avere un vero interesse per il suo benessere” (“L’onda del Coaching”, ed Piccin, pag. 230).

Questa relazione di reciproca fiducia e collaborazione tra coach e coachee si è sempre rivelata fondamentale per una buona riuscita di qualsiasi intervento migliorativo. Addirittura, un noto psichiatra contemporaneo, Eugenio Borgna (cfr. Corriere della Sera del 6 febbraio 2020) ha recentemente insistito sul fatto che persino in ambito clinico si può curare  con l’ascolto gentile così come lo definisce lui, con il linguaggio delle parole, degli sguardi e dei volti. Questa sua convinzione lo porta a sostenere che la comunicazione al malato è già inizio di cura se la frase, il tono di voce sanno manifestare accoglienza e vicinanza. Sappiamo bene, ma è importante sottolinearlo, che l’ambito del Coaching è ben lontano dalla quello psichiatrico ma non è difficile chiedersi quanto questo atteggiamento auspicato da Borgna possa essere efficace a maggior ragione nei confronti di persone che non richiedono cure specialistiche ma un semplice allenamento delle proprie potenzialità. Potenzialità che a volte vengono sommerse, mortificate e negate, se pur inavvertitamente, da chi proponendosi di aiutare non utilizza questi interessanti strumenti appena menzionati nei confronti delle persone con cui si realizza un intervento formativo o educativo.

Non può non venirmi in mente anche il film “Quasi amici” che ha riscosso anni fa un grande successo. Cosa spinge il badante di colore –persona di cuore, ma di estrazione umana molto semplice e con non poche sofferenze e preoccupazioni- a diventare un prezioso aiuto per il ricco e colto tetraplegico affidato alle sue cure?  Non certo un buono stipendio, né l’esperienza lavorativa, ma la sua capacità di ascolto, il suo desiderio cioè di cogliere cosa era realmente importante per la persona che aveva davanti e perché no, un senso dell’humor che spiazza il protagonista del film e lo porta ad avere un atteggiamento propositivo e positivo di fronte alla sue oggettive difficoltà.

Dopo questa breve digressione, ritorniamo ai nostri parallelismi. Un altro obiettivo che ritroviamo sia nel Coaching che nella filosofia socratica è quello del sostenere le persone nella ricerca della felicità, quell’aspirazione cioè  che si nasconde dietro ogni decisione di intraprendere un processo di cambiamento e miglioramento personale. Afferma G. Reale: “che Socrate tendesse al raggiungimento della felicità e che il suo filosofare volesse arrivare, in ultima analisi a insegnare agli uomini a essere veramente felici, è fuori discussione. Socrate è decisamente “eudemonista”. Sappiamo bene che tale stato dell’animo, per i filosofi dell’antica Grecia, non era legato al possesso dei beni materiali ma, prosegue Reale: “all’ essere pienamente se stesso, realizzare il pieno accordo di sé con sé”. Questo ci fa pensare a quel consapevole e appassionato sviluppo delle proprie potenzialità e risorse che è insito in ogni percorso di Coaching. La felicità quindi, dall’ antica Grecia ai nostri giorni, non ha bisogno di nulla che venga al di fuori dell’uomo per potersi manifestare, ma la si costruisce in buona misura attraverso un costante lavoro su di sé con il supporto certo di un “Socrate” che con la sua professionalità ci permette di costruire un ponte che getta le sue fondamenta lì  dove siamo ma che ci proietta dove vorremmo essere, facendoci passare così dal presente percepito al futuro desiderato.

Interesse per la persona, lavoro su sé stessi per migliorare il proprio contesto, eudaimonia, relazione facilitante ecc., sono aspetti che riguardano la filosofia socratica e il Coaching e di cui, come avevo premesso, ho  potuto dare solo una pennellata. Spero che questi spunti  -ognuno forse meriterebbe un articolo a sé- stuzzichino l’interesse del lettore per un ulteriore approfondimento e soprattutto per un’attenta riflessione personale. Alla conclusione di questo articolo possiamo forse immaginarci  per le strade di Atene, in compagnia di Socrate e raccogliere queste suggestioni offerte dalla sua filosofia come se si trattasse di piccole pietre miliari che ci indicano un cammino che sta a ognuno di noi tracciare in modo creativo e innovativo.  E’ proprio del coaching infatti concludere rilanciando subito l’azione ad una nuova attivazione, ad un nuovo viaggio.  Anche Socrate a questo punto ci direbbe: to be continued…

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