Storycoaching: il possibile incontro tra due potenti metodologie
Che cosa significa fare storytelling?

Che cosa significa fare storytelling? E come la metodologia del coaching potrebbe lasciarsi contaminare?
Comincerei con una precisazione: quando parliamo di storytelling, facciamo riferimento all’arte di comporre e narrare storie, usando tutti gli elementi riguardanti la struttura narrativa. History invece non racchiude nessuna arte, si limita a raccogliere e dettagliare fatti, una cronaca dell’accadimento, senza intercettare nessuna dimensione narrativa se non quella riconosciuta a un punto elenco.
Una seconda precisazione è che noi siamo animali narrativi (il nostro cervello è deputato a farlo così le nostre strutture linguistiche) e siamo immersi in universo narrativo. Qualunque pensiero o comunicazione segue un preciso processo narrativo: il nostro.
Un’ultima precisazione è che ognuno ha una storia, ognuno ha una sua modalità di raccontarla e di raccontarsela. Il coach è non solo guida e allenatore, ma anche spettatore della storia messa in scena dal coachee. Lo stesso coach, nell’individuare (con il cliente) il filo narrativo da seguire lungo il processo del coaching, riconosce e sceglie il modus più congeniale per dialogare con la storia del cliente.
Un modo per “allinearsi” sta nel focalizzarsi (ascolto attivo, domande di conferma, parafrasi) sulla struttura narrativa: quali parole, quali ricorrenze, quali metafore, quali relazioni il coachee impiega per narrarsi.
Un patrimonio di immagini, di connessioni, di causa-effetto, di strutture semplici e complesse che sottendono convinzioni (potenti e non), motivazioni (e non), credenze che “dicono” del mondo e dei modi (azioni o inazioni) messe in atto dal coachee.
Lo storycoaching prende dunque in considerazione il patrimonio storico, memoriale, autobiografico e lessicale del coachee e lo valorizza per renderlo congruente al raggiungimento di un obiettivo specifico.
Meglio descrivo cos’è che voglio (attingendo al desiderio a volte ben nascosto nella boscaglia dei “devo”), meglio lo narro, meglio lo chiarisco e lo corredo di elementi narrativi di supporto, meglio interagiranno (trasformandosi in preziosi alleati) con la parte volitiva. Parte necessaria per mantenere la costanza d’impegno e allenare la volontà a essere, e raggiungere, imparando da sé.
Come nasce una storia? Quando può definirsi tale? In sintesi è possibile affermare che una storia può presentarsi sotto diverse vesti, quello che però le caratterizza è che tutte le storie hanno un inizio, uno svolgimento e un finale. Tutte le storie cominciano con delle prime parole, con un primo periodo, con un capoverso che racchiudono il nucleo della trama. Ogni storia può poi arricchirsi d’intrecci, di personaggi (fittizi o reali) e di un tempo; a volte una successione cronologica lineare a volte fa uso di veri e propri “salti” temporali in avanti e all’indietro.
Generare storie è dunque una nostra capacità, individuare la tessitura narrativa è invece l’obiettivo dello storycoaching.
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