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La principessa trasparente

C’era una volta una principessa… “C’era o c’è?”… “No, no c’era…ma nessuno la vedeva!” Era la principessa più infelice del pianeta perché nessuno si accorgeva di lei. I suoi genitori erano troppo indaffarati a fare il re e la regina, e non gli residuava nessun tempo da dedicare alla loro bizzarra figliola. “Ci sono decisioni importanti da prendere!” Tuonava il padre. “Bisogna occuparsi del regno!” Di seguito la madre. La principessa cresceva triste e sola e ogni giorno perdeva consistenza, fino a che non divenne del tutto trasparente. Di lei si dimenticarono il re e la regina. Di lei si dimenticò la servitù. Di lei si dimenticò il regno tutto. Ogni tanto faceva capolino nei pensieri del padre che, infastidito, lo scacciava perché – si diceva – era impossibile risolvere un problema che …non si vedeva! L’avevano soprannominata la principessa trasparente e anche se qualcuno chiedeva ancora di lei – era pur sempre la figlia del re! – ben presto smisero di parlarne e in breve la dimenticarono. La principessa si aggirava trasparente nelle grandi sale del palazzo. Di notte restava a guardare le feste nei saloni o ad ascoltare le lunghe discussioni del padre e dei suoi fidi consiglieri. Di giorno giocava con la sua bambola preferita o, quando il sole si ritirava, stava ore ad imitare il sibilo del vento di bufera. Una bottiglia dal collo lungo – dimenticata da qualche distratta cameriera – era il suo modo segreto per comunicare col mondo. Nelle notti di tuono vi soffiava dentro con forza e il vento sembrava ascoltarla e risponderle all’unisono. Nel regno viveva un giovane che tirava a far tardi la sera e giurava di aver visto in un lampo di fuoco il profilo di una giovane donna e di aver ascoltato il suo triste canto! Ma cose più importanti avevano la precedenza e nessuno prestò orecchio al racconto. Quindi la principessa qualunque cosa facesse nessuno la vedeva, qualunque cosa dicesse nessuno l’ascoltava, qualunque gesto, suono, rumore che la riguardava non c’era mai nessuno a saperlo. Lentamente si trasformò in un’ombra di cristallo. Il giovane suddito non si rassegnò. Lui era sicuro di quello che aveva visto e voleva dimostrare a tutti di essere nel giusto. In una notte di fulmini e di tuoni corse alla finestra e…tra mille scintille di fuoco vide la giovane donna affidare le sue parole al vento della tempesta. Corse e la raggiunse d’un fiato. La chiamò, attese in silenzio, intimorito. La chiamò ancora quando un lampo la illuminò “Ti sento, sento le tue parole!” La principessa lo guardò e con un fil di voce disse “So che ci sono e se mi rispondi vuol dire che anche tu mi senti”. La principessa aveva deciso che era giunto il momento di far sentire la sua voce e scelse di consegnare le sue parole al coraggio del giovane. Al mattino il giovane non stava nei panni e chiese udienza al re e alla regina. Fece la fila e attese per molte ore. Quando infine venne il suo turno entrò col capo chino e il cappello stretto tra le mani: “Sua Eccellenza… ehm Sua Eminenza… Vostro Onore…”, “Sbrigati che il tempo corre veloce!” disse infastidito il re. “Orbene, stanotte la principessa, la vostra amata figliola, ha parlato con me… “ Come osava questo giovane affrontare pubblicamente il re? La regina ebbe uno svenimento, il re ordinò alle guardie di imprigionarlo e di buttare la chiave! La notizia fece il giro del regno e a nulla valsero le preghiere dei genitori accorsi a chiedere la grazia. Il furfante resta imprigionato fino a nuova decisione. Le ore passavano lente e il giovane si consumava di sconforto e d’inedia. Solo la principessa trasparente gli faceva visita e gli raccontava le cose che accadevano.. Una notte di tempesta i lampi l’illuminarono di nuovo. “Mia principessa, mio mistero, aiutami a venir via da questa umida e fredda prigione!” Alle parole del giovane la principessa si decise che era finalmente giunto il momento di rendersi visibile al mondo intero – cosa che non accadeva più da molto tempo – e lesta prese la chiave e in un batter d’ali furono fuori. La pioggia cadeva fitta e ogni goccia lasciava una traccia sulle orme dei due fuggitivi.. Raggiunsero il paese ed altri ancora la videro, ed altri ancora la chiamarono. Sulla bocca di tutti la notizia arrivò in un baleno alle orecchie insonnolite del re. “Andiamo a vedere!” disse alla regina indossando la mantella e i gambali di gomma. La regina lo seguì tra lacrime di pentimento e di speranza. La pioggia cadeva in mille goccioline di luce illuminando il pallido incarnato della principessa. Il padre la intravide già da lontano. Giunto di fronte a lei la guardò stupito come se fosse la prima volta. Gli occhi di nocciola, la bocca di ciliegia, i folti riccioli bruni che le incorniciavano il delicato volto. “Figlia mia” sussurrò il padre tirandola a sé. “Figlia mia” fece di rimando la madre. La principessa decise che era ora di tornare visibile a tutti e di far sentire il suono della sua voce cristallina. Il giovane suddito fu immediatamente scarcerato e gli fu assegnato un posto di tutto rilievo. Il padre e la madre non smettevano più di chiamare la figlia nel timore che scomparisse di nuovo. La leggenda narra che al matrimonio della principessa con il giovane suddito testimoni di nozze furono il vento della tempesta e i lampi di fuoco. Il re e la regina istituirono un premio di ri-conoscimento da dare a quelle famiglie in cui l’ascolto e l’accoglienza erano presenti in gran misura. La principessa conservò la bottiglia dal collo lungo per molto tempo ancora. Di notte a volte tornava a soffiarci dentro e parlava al vento furioso che le rispondeva all’unisono.

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