Il leader gentile
Quando "gentilezza" rischia di far rima con "debolezza".

Si sente parlare sempre più spesso di leadership gentile, lo stile di gestione che caratterizza quei manager dotati di grandi capacità di comunicazione, ascolto, motivazione dei propri collaboratori; per dirla in altre parole, la sintesi armoniosa tra le qualità di un leader carismatico e quelle di un coach.
Tralasciando qualsiasi approfondimento sulle sue caratteristiche e sugli innegabili benefici che apporta all’organizzazione nel suo complesso, in questa sede si vuole invece approfondire un tema ancora poco trattato e che attiene al modo in cui tale stile di leadership viene a volte percepito, in accezione negativa, dai superiori gerarchici del leader.
All’origine di tale fenomeno è il diverso background, accentuato spesso dalla distanza generazionale, tra chi ricopre posizioni di alta responsabilità (si pensi ad esempio a un amministratore delegato o un direttore generale) e i loro manager, che porta i primi a rifiutare il nuovo modello interpretandolo con superficialità come il segnale di una mancanza di autorità, come l’incapacità del manager ad assumere il ruolo di leader “di polso”.
In questi casi, i leader gentili possono trovarsi ad affrontare una situazione di disagio determinata, da un lato, dal voler applicare uno stile manageriale in cui credono e si riconoscono e, dall’altro, dal timore di essere giudicati troppo deboli dai propri superiori.
Cosa occorre fare in questi casi? Come deve comportarsi il leader gentile?
Per scardinare le convinzioni dei propri superiori, che hanno basato il loro successo su modelli di leadership spesso molto distanti dai principi a cui si ispira il modello “gentile”, non è sufficiente portare tesi e argomentare le proprie convinzioni pretendendo da questi un atto di cieca fiducia, ma occorre piuttosto dare prova tangibile dei benefici conseguibili. Il manager, cioè, deve far parlare i fatti e dimostrare, attraverso risultati concreti, i vantaggi derivanti dall’applicazione del nuovo stile di leadership.
Tali risultati sono riconducibili a due tipologie principali: quelli riferibili al miglioramento delle performance gestionali e quelli relativi al miglioramento del clima aziendale.
Tra i primi rientrano i risultati di performance degli specifici processi core gestiti dal leader, quali ad esempio, in area commerciale, il tasso di crescita delle vendite o il customer churn-rate, oppure, in area produttiva, il lead-time di processo. Nei secondi rientrano quelli che riguardano trasversalmente tutte le funzioni aziendali e che evidenziano l’engagement del personale e, più in generale, il livello di benessere che caratterizza l’unità organizzativa del manager, come ad esempio la percentuale di ritardi e di assenteismo o il turn-over del personale.
Affinché i risultati possano essere correttamente rilevati e valutati, è però necessario che gli indicatori di risultato da monitorare soddisfino alcuni requisiti di base, sintetizzabili attraverso l’acronimo SMART:
Specifici. Gli indicatori devono essere chiari e riferibili specificamente ai fenomeni che si vogliono valutare.
Misurabili. Gli indicatori devono far riferimento a dati che possono essere chiaramente misurati.
Attuabili. Gli indicatori devono far riferimento a obiettivi raggiungibili e su cui si può incidere.
Rilevanti. Gli indicatori devono essere significativi per l’analisi del fenomeno che si vuole valutare.
Temporali. Gli indicatori devono poter essere applicati a un periodo di tempo ben definito, in modo da poterli confrontare con dati storici ed essere utilizzabili anche successivamente per la valutazione dei trend.
Infine, condizione importante è che i collaboratori del manager vengano informati e resi partecipi degli obiettivi di performance da perseguire, che accettino di condividere la sfida per salvaguardare uno stile di leadership che apprezzano e di cui riconoscono il valore.
Agendo in questo modo il manager non lascia spazi a pregiudizi e preconcetti, dimostrando empiricamente i benefici ottenibili e superando scetticismi e resistenze superiori con l’intelligenza, o per dirla in rima con gentilezza, con la saggezza che deve sempre contraddistinguere il buon leader.
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