La bellezza di uno sguardo, nel coaching
Osservare e cogliere i segnali non verbali del coachee

E’ risaputo : una tra le capacità più importanti per essere un buon coach è quella di saper osservare e cogliere i segnali non verbali che il suo coachee trasmette.
La gestualità del corpo, delle mani, la tranquillità o meno con cui il suo cliente si esprime, la mimica del viso con le sue espressioni a volte ben allineate ai contenuti del messaggio verbale altre tutt’altro che armoniche con esso. Il coachee usa inoltre toni di voce diversi, in base al territorio che sta esplorando talvolta, ed e’ così bravo a modulare nei suoni le intensità del suo sentire che talvolta è faticoso seguirlo senza immergersi nella sua musica. Un buon coach di solito, lo sa, lo vede, lo sente quando il suo coachee sta varcando un luogo inesplorato, importante per il suo piano di sviluppo, spesso ricco di emozioni polarizzate e si accorge che ciò sta accadendo per un segnale meravigliosamente trasformativo che spesso compare in modo sfrontato sul viso del suo coachee; questo alert, potente come pochi altri, è fatto di una bellezza singolare,spesso gelosa e intimidita di uscire allo scoperto: il suo sguardo.
Quando l’emozione del coachee pervade il suo corpo ed il suo viso, i suoi occhi spesso si inondano di luce, cambiano di intensità nella loro espressione, acquistano liquidità e raggiungono una bellezza singolare, intensamente carica di significati evolutivi.
Qualunque coachee dovrebbe poter avere l’opportunità di provare questa magia nella relazione di coaching. Che sia in un percorso di life coaching piuttosto che di business coaching è inevitabile approdare a territori emozionanti se coach e coachee sono in un connubio di sinergie costruttive e ben direzionate verso obiettivi sfidanti e di valore. Guardandomi indietro ed osservandomi nella mia esperienza professionale solo poche volte ho incontrato manager intenti a nascondere le proprie emozioni durante la relazione di coaching , sono stati di più quelli che ancora avevano occhi luminosi, curiosi e strabordanti di coraggio quando parlavano di competenze da amplificare.
Spesso mi sono chiesta come facessero a mantenere occhi così affamati di bellezza, negli anni.
Oggi forse, una risposta ce l’ho: è proprio vero che la bellezza è nello sguardo di chi guarda e il più grande dono per un’organizzazione è avere persone innamorate, ancora capaci di emozionarsi di se stesse.
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