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Di che sesso è il Coaching?

In occasione della VIII Conferenza italiana di ICF Italia, tenutasi a Roma il 23 marzo 2011, Christopher Peterson, Direttore del Michigan Positive Psychology Center, ha evidenziato con dati alla mano, le origini del nostro benessere, quei punti di forza del carattere che ci permettono di coinvolgerci in relazioni positive tra amici, familiari e colleghi; di esprimere gratitudine, di provare interesse e passione nelle nostre attività, di realizzare valori, di guardare avanti con fiducia e di creare opportunità per noi e per gli agli altri. Atteggiamenti complessi che superano l’individualismo e abbracciano la dimensione sociale e del fare. Il filo conduttore risulta essere l’amore, nell’accezione più ampia del termine. Il bisogno di amare e di dare all’altro ha una sua suggestiva origine nel mito descritto da Aristofane nel Simposio di Platone, secondo cui in tempi antichi gli uomini erano esseri perfetti e non vi era alcuna distinzione tra maschi e femmine. Ma l’invidioso Zeus, divise in due quelle meravigliose creature, rendendole più deboli. E così, secondo al leggenda, nel tentativo di ritrovare l’unità e la forza dell’antica natura, in noi è innato il desiderio d’amore gli uni per gli altri, la perenne ricerca della propria metà, trovando la quale si rivive l’antica perfezione e quindi la felicità. Così si spiegherebbe anche il senso di aridità e frustrazione di chi vive proiettato solo sulle proprie esigenze, mentre il desiderio di donare e l’attenzione agli altri, è spesso all’origine di uno stato di maggiore appagamento. È quindi anche comprensibile il bisogno di cercare negli altri le nostre parti complementari. Chi riconosce e rispetta la diversità dell’altro, ne trae benefici perché ne coglie la ricchezza. E proprio sul valore dell’integrazione che oggi si fondano anche le più innovative politiche di Diversity Management nelle aziende. La valorizzazione della diversità contribuisce a creare gruppi di lavoro geniali, a migliorare il clima interno e rende anche in termini produttivi. La diversità di genere rappresenta le due facce dell’antica perfezione, rispetto alla debolezza della parzialità di vedute. Una recente indagine della McKinsey (Quarto rapporto Women matter – 2010 ) condotto su due campioni di imprese nei vari continenti, uno prettamente maschile e l’altro con un alto numero di donne nel comitato esecutivo, ha evidenziato che le aziende con una spiccata presenza femminile al top, hanno avuto risultati superiori del 56% a quelle maschili e redditività del capitale più alto del 41%. La ragione non è ovviamente perché le donne sono più brave, ma perché in quelle aziende i gruppi erano misti ed equilibrati tra uomini e donne. Questi dati dimostrano il valore dell’integrazione delle dimensioni di genere e, per analogia, potrebbero spiegare il successo del Coaching che fonde in sè aspetti tipicamente femminili e maschili. Nel nostro approccio contiamo su competenze squisitamente relazionali (ascolto, presenza, confidenza, fiducia, empatia, comunicazione), caratteristiche più diffuse nell’universo femminile. Ma usiamo anche competenze realizzative, pragmatiche e di governo dei processi, tipicamente maschili (focalizzazione di obiettivi, sviluppo di consapevolezza e apprendimenti, definizione di strategie e piani d’azione). È nel giusto equilibrio e nell’incontro delle competenze ”maschili” e “femminili” che si realizza la magia del Coaching, che si potrebbe definire una professione “androgina” che consente di realizzare con equilibrio il maschile e il femminile che è in ciascuno di noi. Nel nostro lavoro di Coach, facilitiamo percorsi di integrazione e completamento negli altri, aiutiamo le persone ad andare verso la loro “integrazione”, attraverso la realizzazione di obiettivi in tutti gli ambiti della vita personale, familiare, sociale e professionale, nel rispetto della loro essenza e nella sfida a sviluppare ciò che ancora potenzialmente possono essere e fare. Il senso di fusione delle due anime ataviche e la percezione di contribuire al benessere degli altri e al raggiungimento della loro integrità, spiegano forse il diffuso senso di soddisfazione e appagamento di chi svolge questa attività. Tutto questo per Platone ha il nome di amore.

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