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Il Manager come Coach, una testimonianza

Il Manager è colui che in azienda ha la responsabilità di guidare, coordinare e gestire persone in funzione di obiettivi da raggiungere. Nel corso degli anni ho osservato e riscontrato che spesso i manager, con responsabilità gerarchica di persone, tendono a investire buona parte del loro tempo di lavoro sugli obiettivi assegnati, trascurando il capitale umano a disposizione. Questo approccio genera spesso forte dispendio di energia e stress nei manager e un forte senso di abbandono e di frustrazione da parte dei collaboratori, il cui contributo diventa marginale e inefficiente in assenza di guida e coinvolgimento. Un “Buon Manager”, consentitemi questa espressione, è colui il quale, al contrario, dedica almeno il 70% del proprio tempo di lavoro alle persone, collaboratrici o collaboratori. È colui che focalizza l’attenzione sulle persone, che si occupa e si preoccupa di valorizzare il contributo che ciascuno può offrire in funzione del raggiungimento dell’obiettivo assegnato alla specifica organizzazione. L’attenzione e la cura delle persone dovrebbe costituire priorità per il manager; è opportuno riconoscerle come leve di successo e non come “perdite di tempo”. Il Manager è prima di tutto un uomo o una donna che mette in gioco se stesso nella relazione con i propri collaboratori. Dal mio punto di vista il Manager è colui che si mette al “servizio” dei propri collaboratori, che si apre all’altro e gli offre aiuto e supporto. Nel mettersi al servizio dell’altro, di fatto, mette in campo tutte quelle abilità e competenze che sono proprie di un Coach, come: L’interesse autenticoe il rispetto dell’altro come persona, indipendentemente dal ruolo ricoperto. Il rispetto racchiude in sé dimensioni, qualità e abilità, che influenzano il tipo di relazione che si instaura tra manager e collaboratore. L’ascolto attivo, un’attenzione piena all’altro che richiede impegno, umiltà e forza nel tenere a bada quel dialogo interno che spesso impedisce a tutti, non solo ai manager, di ascoltare davvero chi ci sta di fronte. L’empatia, ovvero la capacità di entrare in contatto emotivamente con l’altro, di comprenderlo nel profondo mantenendo però quella lucidità e quel distacco funzionale alla crescita e al miglioramento reciproco. Il rispetto della diversità, la capacità di riconoscere e di accogliere le differenze di genere, di cultura, di sesso e altro ancora per generare valore e innovazione. L’abilità di fare domande, la capacità di rimanere in silenzio e attendere con pazienza risposte e soluzioni che spesso si rivelano di gran lunga più efficaci di quelle che come manager avevamo già elaborato. Queste abilità, se agite con onestà e trasparenza contribuiscono a creare un clima di fiducia e cooperazione tra manager e collaboratori e rende tutti più autonomi, responsabili e intraprendenti in funzione degli obiettivi da perseguire. Spesso si sente parlare di feedback costruttivo, abilità che ciascun manager dovrebbe possedere. Personalmente ritengo che un confronto schietto e autentico non è dovuto, bensì voluto e agito in un contesto permeato da fiducia e rispetto reciproco. Quando un Manager mette in gioco se stesso, la sua persona, si assume la responsabilità del proprio agire , non teme di ammettere i propri errori e le proprie insicurezze , secondo me il successo è garantito. “Per sapere che manager sarai chiediti sempre che donna o uomo sei”.

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