Coaching e sviluppo sostenibile
La solidarietà può diventare impresa?

Siamo i testimoni di un cambiamento epocale. Dopo il secondo grande conflitto, l’uomo ha conosciuto di nuovo la paura. Ha scoperto l’isolamento, le strade vuote, le fabbriche chiuse, ma anche la forza di una natura liberata dall’uomo capace di riappropriarsi in poco tempo del suo spazio e far tornare l’aria respirabile, le acque limpide, gli uccelli sugli alberi delle città. La vita che rinasce dalla morte, un paradosso all’interno di un’esperienza paradossale.
Il mondo ha capito di essere fragile, esposto a pandemie e disastri climatici che, forse per la prima volta nella storia, hanno alzato il livello di attenzione a livello globale e determinato una mobilitazione generale per la pressante ricerca di vaccini e soluzioni per salvare un ambiente malato. E mentre i governi europei danno attuazione ai piani nazionali per accedere ai fondi Next Generation EU, i capi di stato e di governo a Roma si impegnano a portare i vaccini nei paesi più poveri e le Nazioni Unite siglano a Glasgow nuovi accordi a salvaguardia dell’ambiente, c’è una più vasta platea che si interroga su come rispondere, nel proprio piccolo, al cambiamento.
Questo perché il cambiamento ha toccato proprio tutti. Nel nostro lessico quotidiano sono stabilmente entrate parole come lockdown, red zone, distanziamento, resilienza, new normal, a memoria che nulla è per sempre, ma anche che si può reagire e che l’uomo, quando necessario, è in grado di far riemergere risorse nascoste o dimenticate. Non è più tempo di girare la testa, occorre passare all’azione. In prima linea ci sono i giovani, che manifestano a difesa di quel che resta di un futuro ipotecato dalle generazioni precedenti, e le associazioni del terzo settore, che prestano assistenza a chi ha subito, più degli altri, il contraccolpo della crisi. I temi dell’ambiente e del sociale recuperano terreno, sollecitando una mobilitazione collettiva per dare, su piani e ambiti diversi, il proprio apporto.
Come può, allora, contribuire il coaching attraverso il suo ambito di competenza?
Due sono le modalità principali: a livello individuale e a livello associativo. Sul piano individuale, ciascun coach può impegnarsi nell’erogazione di sessioni gratuite in favore di soggetti di cui conoscano la situazione di fragilità e di disagio economico (si pensi ad esempio a chi ha perso il lavoro e intende approfondire le possibilità di una nuova occupazione). Ancora, può offrire servizi di coaching pro-bono o a condizioni agevolate ad organizzazioni no-profit, sia a beneficio del personale impiegato sia a favore dei loro assistiti. Infine, può scegliere di far valere il proprio impegno anche solo lavorando sul tema della responsabilità sociale all’interno delle aziende private clienti. A livello associativo, il modo è quello di aderire alle iniziative organizzate da ICF Italia e inquadrate all’interno di frame definiti a livello centrale dalla ICF Foundation. È questo il caso del progetto denominato IGNITE (“accendi”, in italiano, con riferimento al pensiero che si legge sul sito della fondazione di una “scintilla di luce per accendere l’umanità”) e che in Italia si è concretizzato nell’offerta ai dirigenti scolastici di percorsi individuali gratuiti di sei sessioni offerti da coach accreditati; il progetto, partito a maggio 2021 e che si concluderà a marzo 2022, è già alla sua terza edizione e quest’anno ha fatto registrato un notevole successo di adesioni. Un altro progetto curato dal chapter italiano è IL DONO DEL COACHING, la cui missione, si legge dal sito, “in un momento in cui l’emergenza sanitaria mette a dura prova, è aiutare la propria comunità a ricostruire la fiducia e riprogettare il proprio futuro”; il progetto prevede la partecipazione di coach accreditati ICF attraverso la donazione di tre sessioni ai soggetti che ne abbiano fatto richiesta.
Il contributo apportato da queste iniziative è enorme, non solo per i successi raggiunti, ma soprattutto per i valori che sottendono.
C’è da chiedersi, però, se i tempi siano maturi per spostare un po’ in avanti il ragionamento e domandarsi se ci sia spazio anche per modalità diverse. Infatti, la forte crescita di sensibilità dell’opinione pubblica sul tema dello sviluppo sostenibile, la portata degli interventi finanziari già stanziati e che saranno ulteriormente destinati al sostegno del sociale e dell’ambiente, la progressiva crescita per numero e dimensione degli operatori del terzo settore, configurano nell’insieme uno scenario positivo in grado di aprire ai coach nuove opportunità di sviluppo professionale. Una prima riflessione riguarda la possibilità di affiancare alle logiche dell’apporto individuale o della partecipazione a progetti associativi di solidarietà (per loro natura limitati per obiettivi e tempi) anche modelli più strutturati. Concretamente, ci si riferisce alla creazione di organizzazioni stabili che abbiano come mission l’erogazione di servizi di coaching per imprese ed enti del terzo settore che operano sui temi della sostenibilità sociale e ambientale. Tali organizzazioni, costituite in forma di società di capitali o di impresa sociale, sarebbero caratterizzate da una personalità giuridica, una struttura organizzata di persone e mezzi, un orientamento al risultato economico in grado di garantire l’operatività e l’equo compenso economico ai coach che vi operano stabilmente. Inoltre, potrebbero aprirsi a competenze diverse (quali counselor, psicologi, consulenti, formatori) che condividono uguali ideali e valori, proponendosi così sul mercato con un’offerta di servizi specialistici, integrati e sinergici. Il tema è aperto.
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