Intervista a Maria Giuseppina Cimino, psicologa del lavoro e coach

Psicologa del lavoro, il suo percorso professionale, iniziato nel 1992, si è sviluppato nella consulenza aziendale in ambito Human Resources dove ha gestito ed implementato progetti di consulenza e formazione. Coach accreditata dall’International Coaching Federation, da Giugno 2010 è vice-presidente AIDP (Associazione Italiana Direttori del Personale) Gruppo Lazio. Chi sono gli iscritti all’AIDP? L’associazione ha 40 anni, conta un numero di iscritti sul territorio nazionale pari a 3000 ed il Lazio rappresenta la terza regione per numerosità con i suoi 400 associati. I nostri iscritti non sono soltanto capi del personale ma anche professional HR, consulenti e docenti universitari per rappresentare la comunità del mondo HR nel suo insieme ed il mondo del lavoro dal lato degli specialisti delle Risorse Umane. Dal tuo osservatorio privilegiato, nell’ambito dell’AIDP, quanto è diffuso oggi il Coaching nelle aziende? Le organizzazioni ormai implementano e sviluppano progetti sulle risorse umane, puntando sempre di più l’attenzione all’introduzione di meccanismi volti ad orientare i comportamenti organizzativi verso una maggiore responsabilizzazione su obiettivi e risultati. Investendo, in tale senso, sullo sviluppo delle potenzialità, delle professionalità e della motivazione del personale, ed orientando lo stesso al raggiungimento degli obiettivi. Quali sono i risultati più significativi che si possono riscontrare a seguito della diffusione di una cultura coaching oriented nelle aziende? Mi piace pensare al coaching come ad una modalità di relazione e non solo come ad uno strumento di sviluppo per gli individui ed i team. Le risorse traggono vantaggio personale e professionale che si può realizzare attraverso relazioni di coaching, poiché il coaching “muove” la consapevolezza e la disponibilità a mettersi in gioco. Un bravo coach può aiutare il suo coachee a vedere se stesso ed il mondo che lo circonda sperimentando/sviluppando punti di vista diversi. Questo rappresenta, secondo me, anche la principale differenza ed il valore aggiunto rispetto alla formazione tradizionale, più orientata allo “sviluppo/manutenzione” delle skills. In generale il coaching ha un impatto positivo oltre che sulla redditività, anche sulla qualità delle abilità del singolo: migliora la qualità della relazione e gli impatti di questa sul business. Qual è secondo te il valore aggiunto del Coaching in azienda? Le aziende utilizzano il coaching generalmente nei momenti di cambiamento, in particolare nei periodi di piena trasformazione, momenti in cui si deve procedere velocemente verso fusioni, acquisizioni e programmi di cambiamento; in questi momenti, essere affiancati da un coach aiuta a focalizzare priorità ed obiettivi, a gestire efficacemente le emozioni legate al cambiamento. Il coaching in azienda è oramai utilizzato/sperimentato e rappresenta una professione avviata. Sono diversi gli eventi che AIDP ha proposto nel tempo in merito a questo argomento e mentre all’inizio era necessario spiegare cosa fosse e non fosse ed in che cosa consistesse, ora risulta un’esperienza più familiare. Attraverso quali parametri si acquista il servizio di Coaching in azienda? Pur non esistendo percorsi istituzionalmente riconosciuti dal nostro sistema educativo e formativo una buona garanzia è rappresentata dall’International Coach Federation (ICF) che è l’associazione mondiale di coach con oltre 10.000 membri nel mondo. In qualità di coach della Federazione credo che sia fondamentale puntare alla qualificazione della professione, proprio perché nuova e con ancora grandi potenzialità di diffusione. La Certificazione proposta da ICF, sia per le scuole che per gli individui, è una base solida per garantire la propria professionalità verso i clienti, si basa sullo sviluppo delle 11 competenze fondamentali di un buon coach e che possono essere visionate sul sito della Federazione. Su quali criteri si sceglie se fare sessioni di Coaching individuali o di team Coaching? Dipende dagli obiettivi che si vogliono raggiungere. Il coaching individuale è rivolto al singolo, executive, manager o professional. Il team coaching, da non confondere con il team building, lavora con un team già formato; ai fini del processo un team è rappresentabile come un sistema pur nella complessità funzionale dei soggetti che lo compongono. Il ruolo del team coach è quello di incontrarsi con i membri del team che lavorano per uno stesso obiettivo, osservando soprattutto il tipo di “conversazioni” che si producono. Il team coach lavora con un team mentre è operativo, cioè mentre le persone discutono di come raggiungere, gestire e sviluppare obiettivi comuni. È come riparare un aereo mentre è in volo. Il team coach si concentra sulle conversazioni dei partecipanti e sulle regole implicite ed esplicite che permettono di conversare meglio per raggiungere risultati extra-ordinari… Quali ritieni che siano i criteri corretti per selezionare un Coach esterno, per l’azienda? Il coach esterno, ovvero il professionista esterno all’azienda del coachee, solitamente è un consulente o uno psicologo libero professionista che può anche lavorare per un’organizzazione specializzata nel settore. A mio avviso, per un coach esterno, aver vissuto l’esperienza personale di lavoro in un’organizzazione è importante. Il fatto che il suo percorso professionale gli abbia consentito di conoscere differenti contesti organizzativi/lavorativi, diventa un punto di forza quando si tratta poi di guidare con efficacia un processo di cambiamento individuale o di gruppo all’interno di contesto organizzativo. Non ultimo poi, quello di riconoscere e parlare lo stesso linguaggio. Come si può diffondere la cultura del Coaching in azienda? La cultura del coaching in azienda penso si possa diffondere anche attraverso gli uomini e le donne di business che quotidianamente incontriamo, sviluppando la relazione e mostrando di essere professionisti seri, preparati, capaci di mettere a disposizione esperienze e conoscenze. Quale scenario si prospetta per il Coaching nelle aziende da qui a 5 anni? Le organizzazioni si trovano ad avere a che fare con una complessità che fa parte oramai della nostra vita per via dei continui mutamenti. Mentre oltreoceano, luogo di nascita del coaching, la metodologia è già ampiamente sperimentata ed il settore in pieno sviluppo, la maturazione del mercato in Italia ci trova in fase di crescita: da qualche tempo le aziende introducono programmi di coaching dedicati alla certificazione di professionisti al loro interno ed i percorsi di sviluppo previsti per le risorse prevedono il coaching in affiancamento, talvolta, agli interventi formativi più tradizionali. C’è poi la richiesta di una maggiore trasparenza del mercato in termini di informazioni e richieste più puntuali da parte degli “utilizzatori”, seguita da una significativa importanza attribuita alle procedure di certificazione e per le stesse procedure di acquisto del coaching (es. bandi pubblici). Aggiungo, inoltre, che non si può non tenere in considerazione ciò che le statistiche confermano; e cioè che il 97% delle imprese italiane ha un organico minore o uguale a 15 dipendenti: vi sarebbe dunque solo il 3% di grandi aziende! Per contro qualche imprenditore lungimirante decide di investire e mettere in gioco logiche manageriali… Ritengo, in ogni caso, che ci sia il necessario spazio per la diffusione non soltanto di un fenomeno che ha come obiettivo quello di proporsi come strumento di sviluppo delle competenze e di miglioramento delle performance, ma anche come una filosofia di vita. mgiuseppina.cimino@libero.it www.aidp.it|||
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