Resilienza, una metacompenza da sviluppare con il coaching

Resilienza e Resistenza sono concetti molto diversi e sono caratterizzati da comportamenti addirittura opposti, riguardo al cambiamento “La grandezza di un uomo si misura da come si comporta di fronte agli ostacoli” Seneca Sarà capitato a molti di noi di dover fare i conti con una situazione di grande difficoltà, un cambiamento non desiderato e improvviso che spazza via progetti, consuetudini e certezze scardinando quella “condizione di equilibrio” a cui eravano abituati e che, fino a quel momento, ci sembrava immutabile. Cosa abbiamo pensato? Che emozioni abbiamo provato? Cosa ci siamo detti? Non tutti rispondiamo allo stesso modo di fronte ad una situazione difficile e una stessa situazione può essere percepita in modi molto diversi tra loro. Cosa permette ad alcune persone di risollevarsi da situazioni difficili e anzi uscirne più forti? Il termine resilienza origina dal latino resiliens che significa saltare indietro, rimbalzare e viene utilizzato con significati diversi in molti contesti ma, in tutti, qualifica dei comportamenti adattivi che il sistema mette in atto come risposta ad eventi esterni traumatici, che tenderebbero a incrinarne l’equilibro. In ingegneria ad esempio indica la capacità dei metalli di resistere ad urti improvvisi senza spezzarsi, in biologia è la capacità di un un organismo di ripristinare il suo equilibrio elettrochimico, in psicologia si riferisce alla capacità delle persone di affrontare le avversità della vita, di superarle e di uscirne rinforzati. Quando ci troviamo di fronte ad un cambiamento che non è stato generato da noi, anche se di lieve entità, il comportamento che inneschiamo in prima battuta è generalmente quello di resistere. Resilienza e Resistenza sono concetti molto diversi e sono caratterizzati da comportamenti addirittura opposti, riguardo al cambiamento. La resistenza porta con sé il concetto di opposizione (ben esplicitato nel modo di dire “opporre resistenza” ). Evoca il combattimento interno ed esterno che mettiamo in atto per impedire di venire sopraffatti dalla nuova situazione. Questa reazione ci fa spendere tantissima energia, che utilizziamo per contrastare il cambiamento con pensieri e sentimenti di rifiuto. La resilienza, al contrario, è sinonimo di flessibilità e di capacità di adattarsi al cambiamento. Le persone resilienti mettono da subito in campo atteggiamenti, pensieri e comportamenti che permettono loro di rispondere al cambiamento in modo pro-attivo, ricercando velocemente le strategie più adeguate per trasformare la realtà a loro vantaggio. Il nocciolo duro sul quale si appoggiano tutte le capacità resilienti è intimamente legato al modo in cui percepiamo noi stessi ed il mondo esterno: l’autostima e la fiducia in sé stessi. L’autostima è come un involucro emozionale protettivo che ci permette ad esempio di assorbire le critiche da parte degli altri, che ci fa prendere cura di noi e del nostro benessere e che ci da il permesso di sbagliare e di imparare dagli errori. La fiducia in se stessi è quello che pensiamo di essere in grado di fare; è strettamente legata alle convinzioni che abbiamo sulle nostre capacità di agire e sull’efficacia delle nostre azioni. L’autostima e la fiducia in sé stessi sono come dei “guardiani” della nostra resilienza e vanno per questo alimentate, nutrite e rinforzate. Le qualità resilienti possono essere allenate e diventare le nostre più preziose risorse in tutti gli ambiti della nostra vita. Le ritroviamo distribuite tra le 11 competenze di un coach ICF e sono normalmente sviluppate, sia nel coachee che nel coach, durante un percorso di coaching. Sono ad esempio le capacità di saper gestire le proprie emozioni, definire obiettivi che siano sotto il diretto controllo personale, consapevolezza di sé e delle proprie risorse, capacità di imparare dall’esperienza. La resilienza è un modo di sentire, di pensare e di agire che possiamo scegliere di mettere in campo per migliorare la nostra vita e quella degli altri. Che cosa fareste, se non aveste paura?(da “Chi ha spostato il mio formaggio?” di Spencer Johnson)
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