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Chi sono? Chi sarò?

Da anni cerco una risposta, ma nulla. Solo domande, domande, eppure so che una buona risposta parte da una buona domanda…! Ho deciso di insistere. Inizio da un’auto-percezione. Chi sono? Per rispondere meno banalmente del solito trovo due strade. La prima è conoscitiva: mi studio per arrivare a una descrizione di chi sono stato fino a ora. L’altra è creativa: sogno, immagino, pianifico e infine decido (almeno provvisoriamente) chi voglio essere. Come strumenti di lavoro utilizzo ilivelli neurologicidi Dilts: – Mission Spirituale – Identità – Valori – Credenze – Capacità – Azione – Ambiente Questi formano una scaletta. Se la percorro verso l’alto mi risultaconoscitiva; in giùcreativa. Comincio ad indagare l’ambientein cui vivo: che casa ho, come è arredata, dove e con chi lavoro, quali persone frequento, quali libri ho nella libreria o sul comodino, che profumo uso, come mi vesto, che relazioni gerarchiche ho in famiglia, ecc. Poi considero cosa faccio abitualmente: le mieazioni, il modo di muovermi nervoso e veloce o lento e riflessivo, se tengo in ordine le cose o vivo in un caos dinamico, se pratico sport, arti, pratica religioni, studio, leggo, esploro ecc. Poi indago le miecapacità: i titoli di studio, le capacità relazionali, professionali, artistiche, fisiche, sportive, mentali, sentimentali ecc. Poi analizzo le miecredenzeevalori: cosa è giusto o sbagliato, vero o falso, possibile o improbabile, importante o secondario, ammirevole o riprovevole ecc. Arrivo così ad avere un quadro della miaidentitàe dellospiritoprofondo che la anima. Al contrario, se volessi “cambiar vita” in tutto, in un settore o in un ruolo (cambiare lavoro, sciogliere o intrecciare una relazione sentimentale, avere dei figli o adottarne, cambiare posto dove vivere ecc.) sarebbe una buona pratica iniziare dal definire con quale spirito voglio farlo e in che modo vorrei che cambiasse la mia identità. Quindi quali valori mi motivano e le credenze che ho in proposito. Controllo se dispongo delle capacità necessarie o se ne devo acquisire altre; pianifico le azioni necessarie, l’ambiente adatto e le risorse occorrenti. Insomma, in grande sintesi, è questo l’uso che posso fare dei livelli per ottenerne il cosiddetto “allineamento”. Un altro modo di riorganizzare questo schema, che ho elaborato, è di mettere al centro l’identità (l‘Io) e disporre intorno le sue tre facoltà: pensare, sentire e volere, il tutto immerso nell’ambiente dove si vive. Si può rappresentare così: Quando tengo in equilibrio quello chepensocon quello chesentoe quello chefaccio, sento quella strana, rara sensazione chiamatasoddisfazione. Il prevalere di una delle facoltà, incide sui comportamenti: – le persone che decidono principalmente di testa (pensare), sono riflessive e trattengono l’azione fino a che tutto, ma proprio tutto, è chiaro nella loro testa e quando questa è soddisfatta anche se le altre facoltà dovessero avere piccole discrepanze, non vengono prese in considerazione; – le persone che decidono principalmente col cuore (sentire), tendono a fluttuare tra indecisioni ataviche e improvvisi impulsi di fantasia; – le persone che decidono principalmente con la pancia (volere), sono portate ad agire prima e solo poi a ragionare sulle conseguenze. Il loro motto potrebbe essere “Si prova e si vede come va!”. Quando la pancia è soddisfatta anche se le altre facoltà dovessero avere piccole discrepanze, vengono trascinate comunque. Esempio: “Desidero guadagnare di più col mio lavoro per poter essere più sicuro in caso di necessità per me e i miei cari”. a.Penso: che sia una cosa opportuna e possibile. b.Sento: che mi piacerebbe provare ancora maggiore sicurezza. c.Faccio: nulla di nuovo (sempre le solite cose). Risultato: le tre facoltà non sono in equilibrio e l’identità non cambia. Perché? Andiamo un poco più a fondo e troviamo che: a.Penso: che mi costerà fatica ulteriore. b.Sento: che la fatica è un dolore che non voglio aumentare. c.Faccio: continuo a fare almeno le solite cose. Le persone “di testa” tendono a dire “io penso che…”, mentre le persone “di cuore” “io sento che…” ma non ha alcuna importanza quale classificazione si preferisce adottare o se uno schema illustra meglio di un altro l’idea generale. L’importante (in un ottica di intervento creativo) è identificare nella particolare situazione quale disequilibrio chiede di essere riequilibrato. Nell’esempio precedente a prima vista nell’area del sentire esiste un conflitto di valori: guadagnare = sicurezza / fatica. Basta approfondire quale dei due valori è più importante, come interagiscono con altre sfere e poi regolarsi di conseguenza. Potrebbe anche darsi che ilpensareescogiti una modalità di guadagno ulteriore che non comporti un aumento della fatica; un modo cioè che possa diversificare lequalitàdel lavoro anziché laquantità. Oppure potrebbe intervenire la sfera della volontà, incrementando lacapacitàdi lavoro e quindi a un aumento di lavoro non corrisponderebbe un aumento di fatica. Basta in fondo, far “ruotare le sfere” per ottenere piani di interventocreativocon i quali ridefinire l’equilibrio dinamicosono-divento.

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