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Penelope non abita più qui

Il potere delle parole

Infrangere vecchi e obsoleti modelli significa mettere in moto energie inaspettate, significa altresì riprogettarsi, sperimentare ulteriori possibilità di comportamento, generare parole nuove e porsi, soprattutto, nuove domande per venir via dalla spirale delle domande che fanno parte di un sistema autogenerantesi e autoperpetuantesi.

Detto così sembra un percorso tortuoso, piuttosto irreale, irto di difficoltà.

Le difficoltà, inutile negarlo, ci sono. Sono molteplici e ben si saldano a un sentire comune che nulla vorrebbe fosse toccato, cambiato, sostituito, trasformato.

La trasformazione richiede, difatti, non solo una precisa consapevolezza (non basta sapere per attivarsi) ma un processo di presa in carico di sé per fare breccia in un quotidiano, carico di abitudini e di reiterazioni.

Alcune strategie lessicali possono esserci complici e aiutarci nel generare profondi cambi di prospettiva.

“Siamo” le nostre parole, queste ci rappresentano e hanno il preciso compito di aiutarci a catalogare, strutturare e decodificare il nostro mondo interiore. Sono le nostre “mappe” che ci consentono di muoverci nel mondo esterno, di interpretarlo, di renderlo un luogo meno ostile, insicuro e nemico. Sostituire alcune parole, che ci imprigionano in significati deteriorati, potrebbe rappresentare la spinta propulsiva a prendere parte attiva nel mondo dei “sinonimi”, dei “contrari”, dei significati altri per rivedere schemi di credenze e convinzioni consolidati.

Il viaggio dell’Eroina, libro scritto da Maureen Murdock, una psicoanalista junghiana, parte dalla domanda del Perché il viaggio è stato sempre declinato al maschile?, cosa manca al femminile per poterlo compiere? 

Oltre che un’evidente esclusione, le sue domande, pongono l’attenzione su come alcune modalità linguistiche si installano e si autodeterminano, venendo così a rappresentare l’unico significato. La domanda, dopo aver ricevuto una risposta elusiva e per nulla soddisfacente dallo stesso autore dell’Eroe dai mille volti (Joseph Campbell), ha messo in moto la Murdok, che ha deciso così di proporre una sua versione che non fosse una copia del viaggio dell’eroe ma che prendesse in considerazioni le differenti realtà e possibilità.

Il viaggio da lei proposto, affronta temi nodali, ha un percorso circolare (il che significa che può cominciare in qualsivoglia punto) e ha una sua progressione libera da vincoli temporali.

Penelope non abita più qui” è non solo un modo di dire per infrangere immagini stantie ma è diventato anche il titolo di un laboratorio di scrittura autobiografico, studiato per riproporre i temi del viaggio personale e identitario, attraverso un percorso simbolico/evocativo e l’uso di un linguaggio mai esplorato prima.

Le sollecitazioni proposte (soprattutto di scrittura di sé orientate dalla metodologia di coaching) hanno prodotto interessanti risultati (non solo lessicali), e confermato che un’attività di life coaching può contaminarsi e arricchirsi di attività formative, come la scrittura di sé, per dare un nuovo spazio a tutta una serie di esperienze (alcune lasciate in soffitta ad ammuffire), per rileggersi, per apprendere da sé, per individuare un patrimonio di risorse (semmai lungamente riposte), e anche per recuperare un patrimonio di strategie attivate.  

Inoltre la scrittura di sé, e proprio per il suo potere di fare trama, di generare un racconto, di dare una veste narrativa agli accadimenti, può contribuire, può aiutare a “fare pace” con quanto è stato fatto, ma anche con quanto è stato trascurato, tralasciato. Può facilitare la presa in carico, empaticamente in carico. 

Non certo per giustificare ma per accogliersi, per comprendere che le risposte prodotte erano, con buona probabilità, le uniche possibili in quel tempo e con gli strumenti disponibili.

 

Letture consigliate:

  • Il viaggio dell’Eroina di Maureen Murdok
  • L’eroe dai mille volti di Joseph Campbell
  • Le dee dentro la donna di Jean Bolen
  • Il canto di Penelope di Margareth Atwood

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