Bergson mental coach olimpico

Nelle sue opere, il filosofo Henri Bergson (1859-1941) spiega come nelle scelte libere importanti della vita noi rendiamo conto dell’intero nostro trascorso che ci fa essere in un certo modo anziché in un altro. Tutto ciò che abbiamo vissuto e provato apparterrà sempre a noi nella prospettiva bergsoniana come si evince dai suoi scritti [EC]. Diventa fondamentale, quindi, comprendere il nostro trascorso, garante della nostra personalità che ci caratterizza. Secondo l’ardita riflessione di Villari apparsa sul quotidiano Repubblica, alla vigilia dei giochi olimpici di Atlanta 1996 [OL], l’intero spiritualismo, di cui Bergson è personaggio di spicco, ponendo enfasi sul ruolo dell’azione e lo slancio vitale ha contribuito a diffondere un grande interesse verso le olimpiadi, nonché un pungolo rivolto ad un costante impegno da parte degli sportivi coinvolti. Le stesse gare olimpiche venivano salutate come caratterizzate sì da un notevole sforzo fisico dei partecipanti, ma anche, e, soprattutto, come uno slancio dello spirito che avrebbe cercato con determinazione di superare ogni ostacolo della corporeità come la fatica. Sostenendo una simile prospettiva risulta decisivo il ruolo dello spirito, o meglio della mente, nel dirigere le azioni corporee. Equivarrebbe a dire che l’atleta, nel suo ricordare, prende per così dire la rincorsa saltando più in là. In tal modo si conferisce responsabilità alla propria volontà nello spingere il corpo verso mete sempre più difficili e credere nell’obiettivo, anche se non si è tra i favoriti o se si è fisicamente meno prestanti di altri atleti. Cuore e determinazione possono superare la fatica e permetterci di “buttare il cuore oltre l’ostacolo”. Senza dover esagerare, appare tuttavia possibile resistere meglio alla fatica e battersi con la forza della volontà, retta da qualcosa di più raffinato e di valore che semplici riduzioni materiali o alle derive che il caso apporta nell’esito della gara. Di conseguenza non c’è da stupirsi che sportivi o club più forti sulla carta finiscono per essere sconfitti, forse perché troppo sicuri dei propri mezzi oppure perché già assuefatti da recenti successi, dinnanzi a coloro che, invece, mettono più in gioco il proprio cuore aspirando ad una vittoria con più grinta e più desiderio di vincere. Lo sportivo in esame deve essere consapevole del fatto che in ogni sfida, in ogni momento del gioco e in ogni pallone sia racchiusa l’intera sua vita, i sacrifici compiuti per amore del proprio sport e dei valori in cui crede, nonché del legame con la sua maglia o con la sua nazione (si pensi a tal proposito all’onore di poter rappresentare il proprio paese in tali competizioni). Così comportandosi verrà ad auto-motivarsi e la sua adrenalina salirà all’aumentare dei flash del passato che hanno caratterizzato la sua esistenza. Una freccia a questo arco può essere ritrovata nel famoso cartone animato Holly e Benji in cui il capitano di una squadra, Callaghan, stimola i suoi compagni ad impegnarsi al massimo in nome del proprio passato, in virtù, quindi, di tutto il percorso compiuto assieme, cementificando così i propri vissuti in un’unica voce dello spirito di squadra. Nell’anime la squadra si batterà ancora con più entusiasmo e grinta, consapevole che per i singoli ragazzi diventerà fondamentale sancire con una vittoria la propria storia, ora che ogni giocatore si trova in procinto di intraprendere strade diverse, chi iscrivendosi ad un liceo, chi ad un istituto tecnico o professionale e chi, ancora, smetterà di studiare. Alla fine la squadra in esame risulterà sconfitta, ma uscirà a testa alta, consapevole del proprio impegno. Bibliografia H. Bergson, L’evoluzione creatrice Cortina, 2002, p. 10 [EC] H. Bergson, Saggio sui dati immediati della coscienza, Cortina, 2002 L. Villari, Olimpiadi filosofia del corpo in Repubblica, 17/7/1996, [OL]
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