2+2=11

Siamo proprio sicuri che 2 più 2 fa 4, sempre, comunque e in ogni situazione e condizione? In un sistema decimale è sicuramente vero, ma in un sistema a base 3, la somma 2+2 fa 11; in un sistema binario né il numero 2 né numero 4 esistono: scriveremmo piuttosto 10+10=100. Talvolta le nostre certezze assolute sono vere solamente nel nostro sistema di riferimento; ma basta cambiare punto di vista che la situazione potrebbe non apparirci più la stessa. La matematica è un campo tanto misterioso quanto affascinante; il terreno di gioco più mutevole che si possa immaginare. Bertrand Russell, famoso matematico britannico, diceva “la matematica è la sola scienza esatta in cui non si sa mai di che cosa si sta parlando né se quello che si dice è vero”. Anche le operazioni più semplici possono nascondere trappole mortali e possono far crollare tutto il nostro sistema di certezze. Una semplice operazione è divenuta, nel linguaggio comune, uno dei più frequenti modi di dire per affermare una inconfutabile certezza: “due più due fa sempre quattro”. Ma le certezze sono veramente inconfutabili o è solamente una questione di sistema di riferimento? Una analoga labilità delle certezze può essere facilmente riscontrata nel campo delle relazioni umane: le maggiori incomprensioni si verificano di solito quando rimaniamo fermi nelle nostre posizioni dando per assolutamente vere talune caratteristiche intrinseche del nostro sistema di riferimento. È innegabile che dal nostro punto di vista queste convinzioni sono assolutamente e immutabilmente vere; ma proviamo, per una volta sola, a guardarci con gli occhi di un altro, proviamo a cambiare il nostro sistema di riferimento, proviamo, per dirla in termini matematici, a ragionare in una base diversa dalla base 10 a cui siamo abituati sin da bambini. Adesso siamo sempre sicuri delle nostre convinzioni? 2+2 continua a fare 4? Non sarebbe più corretto affermare che sebbene la nostra base decimale sia, per noi, molto più comoda di un qualsiasi altro sistema di riferimento, non possiamo tuttavia negare l’esistenza di altri sistemi di riferimento nei quali i nostri interlocutori, o le persone con cui ci relazioniamo, si trovano più confortevoli che nel nostro? In una classica giornata autunnale, in cui la temperatura scende anche a 10 gradi, verrebbe spontaneo dire che l’inverno è alle porte e fa terribilmente freddo. Quindi vedere una persona che va in giro con le maniche corte sembra un assurdo controsenso. Capita molto spesso esprimere, quindi, insindacabili giudizi sulla sanità mentale di quella persona e sull’impossibilità che possa non morire di freddo. “È un esibizionista”, sentenzia la gente. La ragione di queste nostre affermazioni è che Il nostro schema mentale associa alla temperatura di 10 gradi la parola freddo, e alla parola freddo un pesante maglione di lana. Lo schema mentale dell’altra persona potrebbe però associare la parola fresco alla temperatura di 10 gradi, essendo magari abituata a temperature ben più rigide, per le quali riserverà uno splendido e caldo maglione di lana. Il nostro sistema di riferimento ci fa associare ad un elemento oggettivo, la temperatura, un elemento soggettivo, il freddo, conferendogli, per una misteriosa proprietà transitiva, la qualità di elemento oggettivo. Per cui 10° = freddo = maglione di lana. La consapevolezza che il nostro sistema di riferimento è solo uno dei tanti possibili, ci permetterà di accettare i comportamenti delle persone con cui ci relazioniamo. Il vero confronto con gli altri determinerà anche una migliore conoscenza del nostro schema di riferimento che potremo quindi migliorare e arricchire rendendolo unico e perfettamente adatto a noi. E allora non ci sorprenderà più Winston, il personaggio principale di 1984, lo splendido romanzo di George Orwell, quando “quasi inconsciamente, scrisse con le dita sul tavolo coperto di polvere: 2+2 = 5”.
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