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Tecniche di comunicazione rogersiana

Accettazione, empatia, congruenza tra linguaggi verbali e non verbali, punti in comune e distanze tra counselling e coaching. L’individuo spesso sente il bisogno di auto-comprendersi al meglio e anche di essere ascoltato in quanto essere unico e inimitabile. E’ questo il motivo che ha spinto la psicologia umanistica di Karl Rogers alla creazione di un metodo comunicativo non direttivo nell’incontro con il paziente-cliente. La sua tecnica, definibile come ascolto attivo, è caratterizzata dal porre sempre la persona dinnanzi ad uno specchio, rendendola partecipe e consapevole di ciò che esprime. Gli atteggiamenti di fondo che deve dimostrare il formatore devono essere condotti all’insegna dell’accettazione, dell’empatia e della congruenza tra linguaggi verbali (ciò che effettivamente si dice) e non verbali (ciò che traspare ad una lettura del paraverbale e del gestuale e mimico-facciale). La ricercatrice Elena Mignosi, nel suo volume La scuola dell’infanzia a Palermo [Junior edizioni, Azzano San Paolo (BG) 2001, p. 103], ha classificato le tecniche di ascolto attivo, ne descriviamo brevemente le peculiarità. – Ripresa ad eco: si ripropone una parola chiave del discorso fatto dall’interlocutore o delle sue ultime parole, in modo tale da permettere al cliente di continuare il suo discorso il più liberamente possibile e trarre, inoltre, nuove informazioni da sé. – Riformulazione: riprendere il concetto che è stato appena proferito, cambiandone l’espressione verbale. – Riepilogo: riassumere ciò che ha espresso il cliente, riorganizzandone, come un riepilogo, il pensiero. – Conclusione di una frase lasciata in sospeso: anticipare ciò che l’interlocutore aveva “sulla punta della lingua” è sintomo di grande empatia e sincronismo nel counselling. Nel coaching è invece una prassi non in uso, in quanto si rispettano i tempi di riflessione del cliente, senza interrompere la sua elaborazione. – Rispecchiamento selettivo: riprendere frasi salienti precedentemente pronunciate per far ritorno su un certo discorso. – Manifestazione di empatia o di interesse e accettazione: si concretizzano attraverso l’uso di parole come: “davvero, mamma mia”, però, annuendo o dimostrando di aver capito. Sono simili ai messaggi tonici come “pronto” e “sì”, e “mmhh” che pronunciamo al telefono per dimostrare il nostro interesse a quanto ci viene riferito. Anche queste modalità nel coaching vengono usate con moderazione, per evitare il rischio di apparire giudicanti. – Riflesso del sentimento: riproporre i sentimenti che sembrano emersi nel discorso. – Riferimenti ad un sapere comune: simbolo di grande empatia, equivale a manifestare la conoscenza della situazione espressa dall’interlocutore.

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