Su quale strada?

Una destinazione non è mai un luogo, ma un nuovo modo di vedere le cose.(Henry Miller) Sappiamo che non c’è una strada unica per arrivare dove vogliamo arrivare. Per questo le nostre abitudini da rassicuranti e facilitanti possono trasformarsi in ostacoli. Se ci serviamo di un GPS di ultima generazione abbiamo a disposizione alcune alternative legate alle condizioni del percorso: dalla più veloce, alla più breve, alla più semplice, a quella senza interruzioni, ecc.. Un applicazione: ‘Waze’, mostra quali sono i percorsi alternativi, per evitare code ed ingorghi, segnalati in tempo reale dagli altri utenti. Quindi, se una persona arriva ad un risultato adottando certi metodi, o seguendo un determinato percorso, significa forse che quei metodi o quel percorso sono gli unici possibili? Evidentemente no, più concretamente, sono quelli più praticabili e che meglio, in quel momento, rispondono alle esigenze/possibilità della persona. Ora, ciò premesso, la cosa ha a che vedere con l’abitudine e il cambiamento. Fin quando ci concentriamo su un metodo, su una piano, su un modello, fatichiamo a vedere che ne esistono altri, e quindi a ‘cambiare’ Dimostriamo praticamente ciò tramite l’immagine riportata a inizio articolo:che cosa vedete? Due anziani di profilo o due giovani seduti di cui uno suona la chitarra e l’altra ha una brocca in testa? Se avete difficoltà a vederle entrambe state comprendendo come l’azione di seguire un ‘percorso’ esclude le ‘altre’ possibilità. E, seppure siete riusciti a vedere entrambe le possibilità, avrete notato come esse siano alternative, cioè non si possano ‘praticare’ contemporaneamente. Tutto ciò ci serve a fare chiarezza su come funziona e organizza il nostro cervello: traccia dei ‘percorsi’, i circuiti neuronali (che sono associazioni di cellule interconnesse), e tanto più questi percorsi si ripetono, tanto più diventano schemi di pensiero. Una volta visto (tracciato) il ‘vecchio’ è difficile vedere la coppia… C’è dell’altro, la ripetizione continuativa fa si che le catene di neuroni coinvolti vengano avvolti da una sostanza chiamata mielina, una specie di guaina che li riveste, così come sono rivestiti i circuiti elettrici. Più il circuito è ripetuto (con pensieri o azioni) più viene rivestito di mielina e grazie a ciò tutto diventa più fluido, veloce, ‘naturale’. Ma, e qui viene il bello, la ‘mielinatura’ del circuito lo rende inattaccabile: non lo possiamo più modificare, possiamo solo crearne un’ altro! In qualche modo Aristotele aveva già presente tutto ciò quando dichiarava: ‘Siamo quello che facciamo ripetutamente. Pertanto l’eccellenza non è un’azione bensì un’abitudine’ Le nostre abitudini consolidano circuiti in cui continuiamo a girare, e ciò ci rende più abili, eccellenti, nel bene e nel male. Nel bene: se le cose funzionano! Ma se non funzionano o non funzionano più? Se creano disagi, difficoltà, problemi? Se non ci permettono di avanzare? Ci teniamo il male? Allora dobbiamo creare nuovi circuiti! Se ci stacchiamo dal circuito che solo a certe condizioni e con certe risorse (chi ha soldi, le giuste conoscenze, chi è nato in un certo ambiente, chi ha certe doti, ecc…) si può arrivare a certi risultati, potremo iniziare a tracciare un nuovo modo vedere le cose e ‘praticarle’. Per esempio: che i risultati arrivano con l’impegno constante e agire di conseguenza Quindi il metodo, il modello, lo schema, va usato finché serve e funziona, va sostituito (cambiato) quando riscontriamo che non ci realizza più. Si può fare, non solo perché ce lo dicono le ricerche, ma perché se decidiamo che il cambiamento siamo noi, in questo stesso momento noi stiamo cambiando le cose.
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