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Secchi e apprendimenti

E’ impossibile per un uomo imparare ciò che crede di sapere già (Epitteto) Un secchio è un oggetto umile e utile. Può portare tante cose, sia liquide che solide, dall’acqua alle pietre, dalla carta alla vernice… e in ciò è equanime, non ha preferenze, non fa distinzioni, non dice questo si e questo no, mi piace non mi piace. Il secchio per “vocazione” riceve, accoglie e in questo è femminile, e rappresenta l’immagine del nostro renderci disponibili e della nostra apertura ad apprendere. Se pensiamo alla nostra mente come ad un secchio una possibile domanda è: come posso ricevere al meglio? Conosciamo questa storia zen: Nan-in, un maestro zen, ricevette la visita di un professore universitario che era andato da lui per interrogarlo sullo Zen. Nan-in servì il tè. Colmò la tazza del suo ospite, e poi continuò a versare. Il professore guardò traboccare il tè, poi non riuscì più a contenersi. «E’ ricolma. Non ce n’entra più!». «Come questa tazza,» disse Nan-in «tu sei ricolmo delle tue opinioni e congetture. Come posso spiegarti lo Zen, se prima non vuoti la tua tazza?». Se il nostro secchio “interiore” è pieno di conclusioni, certezze, convincimenti, è come se lo avessimo riempito di cemento che si è solidificato ed è diventato tutt’uno col secchio. Non solo non entrerà nulla di diverso, ma se intendiamo ri-utilizzarlo sarà necessario “frantumare” il blocco che si è formato. Il blocco in fondo non è che la conseguenza del nostro bisogno di tappare il vuoto, come si tappa un buco, e una volta fatto, sopraggiunge la paura di lasciare andare qualcosa e “scoprirci”, mostrare le nostre “crepe/ignoranza”. Eppure Socrate aveva potuto dire, per bocca di Platone:“È sapiente solo chi sa di non sapere, non chi s’illude di sapere e ignora così perfino la sua stessa ignoranza.” Apprendere è dunque accettare il nuovo e il cambiamento. Accettare la parzialità del nostro conoscere e la sua precarietà, il fatto che ogni volta si riparte, si ricomincia. Eraclito stesso ci ha avvertito delPhanta rei, del fatto che le cose scorrono e che non ci bagnamo mai due volte nello stesso fiume. L’apprendimento è riconoscibile come la cosa più vicina all’acqua che nutre e fa crescere la pianta ma non si “irrigidisce”, non si blocca, continua a scorrere. Il secchio raccoglie l’acqua ma per poterla utilizzare, poi se ne libera per ricominciare. E allora qual è il modo migliore di usare la nostra mente/secchio? Beh lo dovremmo trattare proprio come un secchio: usarlo quando è necessario, svuotarlo dopo averlo usato, tenerlo pulito. Tenerlo pulito, attraverso un atteggiamento positivo, che comprende: · La motivazione e la fiducia per perseverare nell’apprendimento lungo tutto l’arco della nostra vita; · Saper accettare ogni volta di ricominciare e mantenere viva la curiosità di conoscere e scoprire, non dare nulla per scontato; · Il desiderio di applicare quanto si è appreso, sperimentarlo in una varietà di contesti della nostra vita, sapendo che ‘durerà il tempo della sua utilità’

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