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Registi del proprio destino

Le circostanze non sono una ragione sufficiente per credere alle nostre rinunce, perché potremmo essere noi stessi con-causa di quelle circostanze. “La gente dà sempre la colpa alle circostanze per ciò che è. Io non credo alle circostanze. In questo mondo coloro che progrediscono sono coloro che si danno da fare e cercano le circostanze che desiderano e, se non riescono a trovarle, le creano.” George Bernard Shaw Spesso possiamo riconoscere dentro di noi un’immagine di noi stessi e della realtà o una fastidiosa voce interiore che agiscono come forze sminuenti e che ci abituano a pensare che non valga la pena provarci, perché non funzionerà, visto che le “circostanze” non sono favorevoli e non consentono che abbia luogo ciò che vorremmo dal profondo. Come tante catene invisibili, questi pensieri ci trattengono quando vorremmo fare un balzo in avanti e così, a distanza di anni, guardando indietro, alcuni si ritrovano a pensare automaticamente che le “circostanze della vita” abbiano loro impedito di essere le persone che avrebbero voluto essere, fare quelle cose che avrebbero davvero desiderato fare, restare in contatto con quelle parti di sé che sanno essere le più importanti. È stato davvero così? Completamente? Tempo fa ho incontrato in treno Ilaria, una giovane donna quasi quarantenne, laureata in Economia, che prepara ricerche ed analisi per la direzione della sua azienda. È un lavoro che Ilaria apprezza, che trova interessante e considera importante per le notevoli dimensioni della sua azienda e che spesso la assorbe molto intensamente, forse troppo. Come spesso accade, Ilaria è arrivata a questo lavoro per via di una scelta universitaria non dettata dal cuore. Il suo talento più visibile e riconosciuto era il disegno: illustrare, raccontare persone, situazioni e cose, in modi diversi, l’animava di vera passione. Purtroppo, le “circostanze” di allora, come la paura per le difficoltà del mondo del lavoro dei genitori e la timidezza di lasciare la propria casa per studiare a centinaia di chilometri, l’hanno frenata ed il treno è passato… Oggi, dopo quasi venti anni e una vita molto diversa, quella passione è ancora lì, come un letto di carboni ardenti sotto una spessa coltre di cenere, e Ilaria ammette che, se rimuovesse la cenere per riportare il fuoco in superficie, ciò le farebbe guadagnare tantissimo in gioia di vivere ed autostima. Ilaria ha da tempo i riferimenti di un percorso formativo molto valido, concentrato in pochi mesi e che si svolge in un’altra città. Sente che ne sarebbe appagata, a prescindere da cosa accadrebbe dopo. Tuttavia, ha da affrontare nuovamente le “circostanze”: svolgendosi tre giorni a settimana, Ilaria ritiene che avrebbe bisogno di un’aspettativa dal lavoro di alcuni mesi, forse un anno sabbatico. Ma Ilaria non l’ha mai neppure chiesta, perché ritiene che l’azienda non gliela concederebbe mai, posto che dovrebbe trovare un sostituto temporaneo per la sua posizione e lei non crede che l’azienda lo vorrebbe fare. E se occorresse all’azienda solo il tempo necessario per organizzarsi? E se ci fossero altre possibilità di far funzionare le cose? Ad esempio, un altro corso con un diverso calendario o tenuto nella sua città, un’altra posizione più flessibile in azienda o, persino, un altro lavoro altrove… e così via. Con la sua frase G.B. Shaw contrappone forza, fierezza, orgoglio e spirito di libertà creativa ad una visione spesso troppo limitante della realtà. Pone l’enfasi sul fatto che le “circostanze” non sono una ragione sufficiente per credere alle nostre rinunce, perché potremmo essere noi stessi con-causa di quelle circostanze. G.B. Shaw ci ricorda che spesso preferiamo dirigere la nostra energia all’interno di noi stessi, per accettare le “circostanze” e sopportare rassegnati delusione o senso di impotenza. Ma a tutti noi almeno una volta è capitato di renderci conto che qualcosa che credevamo importante (grande o piccolo che fosse) ci è stato concesso quando, in modo attivo, operoso e paziente, abbiamo scelto di dirigere la nostra energia verso l’esterno per cercare le condizioni che potevano favorirci, per osare “sfidarne” e “piegarne” alcune a nostro favore o per “creare” quelle che mancavano, facendo uso delle nostre doti di coraggio, impegno e determinazione. G.B. Shaw sposta l’attenzione su di noi: quanto siamo fermi sull’idea passiva che il mondo debba assecondarci e basta, piuttosto che pensare che dobbiamo imparare a cercare in modo attivo e continuo i modi di fluire in esso per trovare o creare la nostra giusta dimensione di vita?

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