Ognuno ha una storia che merita di essere raccontata

“Pruffesorè… ‘m sfasterie!”. (“Professorè, mi annoio”, ho immediatamente reagito pensando “lascio, abbandono tutto qui, vado via…”. Il tema da sviluppare – da programma regionale – era “Raccontarsi”, un tema impegnativo e sfidante per molteplici ragioni in un contesto territoriale ed ambientale che allena alla dimenticanza più che al ricordo, un giorno per giorno senza continuità col passato e nessuna attrattiva per il futuro. Individuare il valore e restituire valore attraverso un passaggio fatto di fiducia, responsabilità, consapevolezza ed impegno reciproco ha trasformato un percorso didattico in un percorso di life coaching filtrato da tappe di self coaching. Inizialmente per focalizzare il macro obiettivo e, successivamente, per monitorare, rifocalizzare, integrare o sostituire i micro obiettivi. Il macro obiettivo era favorire il racconto di sé attraverso l’uso di strumenti che superassero le barriere linguistiche e consentissero un livello omogeneo di racconto, nel rispetto dello stile e della personalità di ogni singolo allievo. I micro obiettivi mi hanno permesso di generare schede auto-biografiche, costruite in relazione alle risposte che ottenevo di volta in volta in aula. Registravo successi ed insuccessi, individuavo la parte debole o sensibile – non adatta al percorso che stavamo affrontando – e la sostituivo in corso d’opera senza rimpianti. Cosa mi ha permesso di continuare nonostante le difficoltà? La risposta dell’aula e le espressioni comportamentali dei miei giovani allievi erano preziosi feedback! Creare schede autobiografiche con il metodo dell’autointervista ha generato piccoli cronisti di se stessi. L’obiettivo era renderli autori autorevoli della propria storia e non solo testimoni. Hanno esplorato il “chi sono io” attraverso: – le cose che so di me, – la mia famiglia – i miei compagni di scuola – i miei professori – i miei amici – le cose che pensano gli altri di me, – le cose che vorrei si realizzassero quanto prima, – i miei sogni, – le mie emozioni, – i miei ricordi. Chi sono io nel “luogo” scuola, a casa, durante il tempo libero. Nelle cose che so di me ho dato rilievo anche alle caratteristiche fisiche – una sorta di carta d’identità somatica – e hanno giocato a firmare il proprio nome – simbolica affermazione di una identità individuale in cammino. Nel “chi sono io” ci siamo soffermati sulle caratteristiche psicologiche e comportamentali – i pregi e le aree di miglioramento – anche in relazione agli altri. Abbiamo attivato una ricerca sul significato del proprio nome e sui motivi usati a supporto della scelta. Lo stesso hanno fatto, i neo-cronisti, con il nome dei propri genitori e quello dei nonni paterni e materni, esportando all’esterno il materiale auto-biografico. Scelta strategica per cominciare a rivolgere l’attenzione al “fuori” e trasformare i piccoli scrittori in testimoni partecipi della storia della propria famiglia. Nel “chi sono stato” ricordi legati al primo giorno di scuola, alla prima penna, alle prime parole scritte, agli episodi più significativi della loro giovane vita. Nel “chi diventerò” schede sui sogni, sui valori, sulle emozioni. Il terreno dei sogni è stato attraversato con la scheda “cosa farò da grande”. Anche le difficoltà di relazione e di comunicazione sono diventate schede e contenevano domande specifiche per descrivere la personale storia dei valori – cosa è importante per loro, cosa ha valore per loro – e la personale storia delle emozioni – cosa provano, cosa sperimentano, come reagiscono, cosa conoscono del loro sentire emozionale. Sia sui valori sia sulle emozioni ho istituito delle “sessioni” dedicate per approfondire e sperimentare, in situazione protetta, il significato ed il senso dei valori e delle emozioni. Brainstorming, attività grafico/pittorica per raccontare le emozioni secondo un “modo” multisensoriale. In concerto con i miei giovani allievi la scrittura di sé è stata integrata da disegni, da collages e altro materiale con l’idea sia di creare oasi creative per i singoli talenti ed espressività, sia per celebrare le parti autobiografiche che via via prendevano forma proprio come un puzzle che assume un significato nuovo al congiungersi delle singole tessere. Ho portato in aula la telecamera e la macchina fotografica per “fermare” momenti di vita comuni scelti casualmente. Per dare forza alla memoria del presente e per archiviare un ricordo scolastico con la realizzazione di un dvd finale. Raccontarsi ha significato spostare continuamente la telecamera virtuale dal passato, al presente ad un lontano ed inimmaginabile futuro. La personale memoria del passato, del presente e del futuro, l’ho coniugata “legandola” con la memoria del territorio. Lo stesso processo seguito per la memoria personale è stato seguito per esplorare la memoria del territorio. Per ilpassatoho messo insieme slide sul territorio di appartenenza, sulle origini, sulle tradizioni, sulle consuetudini alimentari del passato. Per ilpresentela telecamera virtuale ha focalizzato le iniziative ed attività svolte sul territorio soprattutto da onlus e associazioni volontarie che sono state invitate in aula per testimoniare direttamente il lavoro svolto sul territorio, gli obiettivi e scuotere il torpore del giorno per giorno. Per ilfuturoho raccolto e portato in aula una serie di progetti territoriali e le strutture di prossima nascita per sollecitare il desiderio di appartenenza e di reciprocità. Proiezioni di slide, di film, uscite sul territorio per presentargli i “luoghi” della loro memoria territoriale e riproporgli il passaggio dall’io al noi, dall’identità individuale (somatica, familiare, progettuale) al noi collettivo (tradizionale, morfologico, toponomastico, progettuale). La giornata finale ho voluto celebrare i risultati raggiunti: l’assiduità della frequenza, il numero dei lavori svolti, la puntualità, le schede completate, i disegni realizzati, la reciprocità, lo scambio realizzativo in sotto-gruppi, la partecipazione entusiasta, la relazione attivata anche con il tutor, presenza silenziosa e costante pronta ad intervenire in situazioni calde ed impreviste. Il “ ‘m sfasterie” sostituito da un “Pruffessorè…?” a cui seguiva una richiesta, una domanda, l’esplicitazione di un bisogno. La mia passione ha beneficiato grandemente dei risultati di questa esperienza. Ho voluto personalmente ringraziarli dedicandogli l’ultima giornata: ho appeso i loro lavori, sia individuali che quelli realizzati in gruppo, ho invitato i genitori e le maestranze scolastiche. Abbiamo allestito con la tutor un tavolo di pasticcini e bevande. Al discorso del vice-Preside è seguita la consegna di un “attestato” di partecipazione e del dvd con le scansioni dei loro lavori svolti e le foto di alcuni momenti vissuti in aula o durante le visite esterne.
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