L’autocoaching meditativo

Metodi di coaching a confronto: il modello olistico AB-ArmoniaBenessere (seconda parte) Nel modello AB di coaching olistico il coach deve prima di tutto assumersi la responsabilità del suo percorso di autoconoscenza e autoconsapevolezza, che si esplica attraverso il tempo cronologico, la relazione con sé, l’altro, il mondo, l’uso dei sensi, il corpo, la percezione, l’elaborazione cognitiva, emotiva, spirituale. Tutto questo si manifesta in modo unitario e interconnesso e conduce al vivere consapevolmente e incarnare concretamente, e declinare in azioni tutto questo nel mondo. Ne deriva una dimensione umana e professionale ontologicamente etica e morale, rispettosa di sé, l’altro, il mondo, volta a migliorare se stessi, il mondo, a operare per il bene comune, in modo naturale, fluido, in quanto espressione intrinseca del proprio Essere. Prendersi cura, cioè letteralmente avere a cuore se stessi è avere a cuore l’altro, e aver cura dell’altro è avere cura di sé, senza soluzione di continuità. Non si avverte più separazione tra sé, l’altro, il mondo, ogni azione per il mondo viene donata con la massima gratuità, benevolenza, compassione. Quel che si dona, a cominciare da se stessi, è anche ciò che di riflesso si riceve. Alla luce di ciò il coach deve non solo né tanto possedere degli strumenti e delle tecniche, quali la meditazione e il coaching, ma deve incarnarli e manifestarli con tutto il suo Essere e Fare e utilizzarli prima di tutto a suo beneficio. Altrimenti rischia di perdere la sua credibilità. Per un bravo coach il coaching deve essere continuamente coltivato e perfezionato come pratica, non solo quando si sta per avviare alla professione, ma anche durante, lungo tutto il corso dell’esercizio della stessa (e magari anche al termine). Il bravo coach sa che, in realtà, il primo strumento nel rapporto professionale con l’altro, è se stesso, la sua persona, il suo Essere, il suo Fare, la sua Relazione con l’altro e col mondo. Per compiere ciò l’esercizio deve essere costante, continuo, incessante, instancabile, si deve esplicare nel contesto strettamente professionale, così come in quello privato, rispetto alle cui aree vi deve essere profonda continuità e coerenza. Ci deve essere un continuo automonitoraggio che riguarda processi corporei, mentali, emozionali, spirituali, assenza di giudizio, accoglienza e accettazione incondizionata, compassione, amorevolezza, rispetto. Solo quando si rinnova, giorno dopo giorno, tale disposizione interiore, si riesce ad estenderla in modo naturale anche a tutto ciò che sta intorno, mai prima. L’autocoaching meditativo, secondo il metodo AB si pone come processo capace di ricondurre all’unità interiore ed esteriore, col mondo e con gli altri, in grado di sanare qualsiasi frattura interiore, di andare oltre le separazioni, i giudizi, le incoerenze, le contraddizioni, di fare fiorire spontaneamente il proprio Essere, di concretizzarlo nel Fare, attraverso la Relazione, che a loro volta contribuiscono ad alimentare il Fare e ad aiutarlo nel percorso infinito di svelamento, esperienza, autoconsapevolezza. In stato di profondo rilassamento, attenzione, ricettività meditativa, il bravo coach dovrebbe essere in grado di fungere da coach per se stesso. Dovrebbe essere un allenamento quotidiano, verso un miglioramento continuo. Il bravo coach sa che non bastano il mentoring, la supervisione con colleghi più esperti di lui, la frequenza di corsi, seminari, la lettura di libri, la visione di video, film, ma che lui stesso deve essere “il miglior medico di se stesso”. Egli deve sapersi prendere cura, cioè aver a cuore, se stesso. E dimostrarlo concretamente con delle azioni. Dedicarsi, instancabilmente, con perseveranza, ogni giorno almeno mezz’ora di tempo per delle sessioni di autocoaching meditativo, è un’espressione concreta di quanto tiene a se stesso, di quanto crede in ciò che fa, e di quanto ha a cuore, a sua volta, ai suoi clienti. L’autocoaching meditativo segue poi le stesse fasi di una sessione di coaching olistico, con fasi di autoconsapevolezza, autoconoscenza, definizione di un obiettivo o problema da risolvere, esame di realtà, opzioni, impegno concreto, operativo, monitoraggio del piano d’azione, eventuali compiti tra una sessione e l’altra. (Leggi anche laprima parte)
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