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Il Giardino

Primo classificato, sezione Narrativa senior – Fantasy/Per Bambini/Fantascienza – Concorso letterarioIo Racconto Un’altalena, un piccolo parco, uno scivolo. <>, disse Fiona sorridendo. Le due giovani donne si fermarono accanto ad un tavolo di legno da picnic nel piccolo giardino per bambini. Era strano, avevano convenuto, sebbene conoscessero il sentiero su cui stavano passeggiando, non avevano mai notato quel posto. Avevano deciso di fare un gioco: a turno una avrebbe rovesciato la propria borsa e l’altra avrebbe scelto un oggetto. La proprietaria doveva raccontarne la storia, vera o inventata che fosse. Era notte e il giardino era illuminato ma deserto. Le donne notarono una strana atmosfera. L’altalena si muoveva appena e la sua ombra sembrava una sghemba danzatrice dalle forme innaturali. Il profilo della fontanina era come un corpo disteso a terra, dal lungo collo, come un quadro di Modigliani. Liza prese la sua piccola borsa e la rovesciò sul tavolo spandendone il contenuto con la mano. Fiona osservò gli oggetti, poi prese una foto rovesciata e la rigirò tra le mani. Liza la guardò. <> esclamò riconoscendola <>. Il suo viso esprimeva un leggero turbamento. << Perfetto>> disse l’amica con aria sorniona <>. Liza osservò l’immagine. I ricordi cominciarono a riemergere e poi si fecero sempre più nitidi. La foto ritraeva in primo piano un cabinato ormeggiato alla fonda su un tratto di mare appena increspato dalle onde. A prua, intento ad armeggiare sulla cima dell’àncora, un uomo. Fiona vide il viso dell’amica cambiare nel giro di pochi secondi: il leggero sorriso fu sostituito da un’espressione prima assorta, poi quasi sofferente, infine triste. << Liza, tutto bene? >> le chiese. Poi accadde qualcosa. Gli oggetti che erano intorno a loro, le panchine, il dondolo, lo scivolo, cominciarono a ondeggiare leggermente, come quando, d’estate, le ondate di calore si sollevano da terra e muovono i contorni delle cose. << Che diavolo succede? >> disse Fiona con apprensione. << Non lo so, ma credo sia meglio restare ferme >> rispose Liza. In effetti, solo il tavolo di legno e il terreno intorno sembravano non subire gli effetti di quel singolare fenomeno. Oltre ad ondeggiare, tutto ciò che le circondava cominciò a perdere colore e consistenza mentre un altro ambiente prese forma progressivamente. Il tutto dava l’idea di due scene in dissolvenza incrociata. Avevano l’impressione di essere spettatrici di una pellicola in 3D ma, girandosi, si accorsero che lo spettacolo si svolgeva in tutte le direzioni. La sorpresa più grande arrivò quando si resero conto che erano avvolte da una replica tridimensionale della foto che Liza stringeva ancora tra le mani. Le due donne videro, sentirono con l’udito e con l’odorato, percepirono tutto ciò che Liza aveva realmente vissuto.<< Ero felice, in quei giorni. Eravamo partiti senza avere una mèta con il solo obiettivo di navigare e, soprattutto, di stare insieme. La barca era la sua casa. Aveva lasciato tutto, la città, la famiglia, il lavoro. Viveva da solo e in quel suo splendido isolamento mi aveva fatto vedere le cose con un’ottica diversa. La vita non deve comandare su di noi, mi ripeteva spesso. Mi aveva insegnato a essere viva, aveva colto tutto il bello che c’era in me. Lo avevo amato.Poi arrivarono le domande. Una vita intera su una barca? Mi stancherò io o si stancherà lui? Potrò chiedergli di rinunciare alla sua vita? Voglio rinunciare alla mia?Alla fine scelsi: accolsi la grigia sicurezza dell’ordinarietà, la certezza di un futuro stabile e abbandonai la sfavillante incertezza dell’avventura. Questa foto è l’unica cosa che mi rimane di quei giorni>>. L’ambiente circostante, alla fine, tornò quello di prima e le ombre si riunirono agli oggetti ai quali appartenevano. Guardando Fiona negli occhi, Liza capì che anche l’amica aveva provato tutto. Non sapeva se ciò fosse avvenuto per la forza del suo ricordo, tuttavia era contenta di aver condiviso con lei quel momento chiave della sua vita. Si sorrisero. << Direi che per oggi il nostro gioco può finire qui >> disse Fiona con voce incerta. Entrambe stavano riprendendosi dalle emozioni che avevano appena vissuto. << Sì, forse è meglio >> convenne Liza mentre rimetteva nella borsa il contenuto ancora sparso sul tavolo da picnic. Si avviarono verso l’uscita del piccolo parco. Sul cancello c’era una targa. Non l’avevano notata prima e non la notarono uscendo. Giardino dei ricordi che vivono.

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