Il filo della vita

Fritz Perls, padre fondatore della prospettiva gestaltica, sostiene che è necessario promuovere un processo interno in cui vengano riconosciuti ed integrati i “lati oscuri”,quelle parti che non ci piacciono, che non vorremmo vedere o addirittura vorremo eliminare: timidezza, pigrizia, ipocrisia, arroganza… In un percorso coaching questi elementi, anziché essere eliminati, vengono resi presenti ed utilizzati consapevolmente accanto alle luci, all’eccellenza e alle incredibili risorse che fanno di quella persona un soggetto unico e irripetibile. Al coach non interessa sapere perché un individuo è timido, ma gli interessa compiere un percorso per condividere il modo in cui questa timidezza può essere utilizzata. In che modo il coach accompagna le persone verso la loro unicità? Anzitutto inizia con lo spiraling*. Si esplora quello che c’è attraverso l’arte del fare le domande. Si tratta di vera e propria Arte. Con pazienza, metodo, logica, intuizione , libertà e fiducia il coach entra nel mondo del cliente. Pone quesiti pratici che hanno lo scopo di allargare le prospettive. Respira i contesti, i comportamenti, le strategie, i valori dell’individuo, avvicinandosi a quella che è la sua identità profonda. L’abilità del coach non sta solo nel fare domande ma anche di restituire il feedback riflessivo, potentissimo strumento generatore di consapevolezza e che risponde alla domanda “cosa c’è di vero e di valore in questa persona?”. Gli effetti sul cliente sono di straordinaria importanza. Quando il sistema coach/coachee si avvicina all’identità profonda, si sta andando verso la sorgente di quella persona. E’ il suo principio organizzatore, al quale G. Bateson ha dedicato buona parte del suo lavoro. E’ il modo unico in cui quella persona sta in equilibrio mettendo in relazione elementi apparentemente opposti. E’ ciò che connette ad esempio il desiderio di cambiamento al bisogno di stabilità. Come fa un leader ad essere disciplinato e allo stesso tempo libero? Come fanno complessità e semplicità a stare bene insieme in un processo di coaching? In che modo quella persona riesce ad essere ipocrita ma anche generosa? La risposta a queste domande è il modo in cui ognuno di noi organizza un equilibrio tra dinamiche opposte. Il principio organizzatore è come l’atmosfera che si respira in una casa. Quando entriamo in una casa molto spesso percepiamo l’atmosfera, poiché è collegata a tutto ciò che è presente, senza distinzioni: è il linguaggio della totalità. Tuttavia fatichiamo ad esprimerla a parole perché proviene da un messaggio inconsapevole. Ecco il lavoro del coach accompagna a questo: avere consapevolezza di ciò che è presente e dare un nome all’atmosfera. A questo punto del percorso di coaching emerge con forza la strategia dell’Eccellenza di una persona. Viene approfondita e aggiunta agli altri elementi presenti. L’insieme di questi passaggi aumenta l’allineamento del cliente, che significa aumentare la capacità di essere completamente sé stessi mentre ci si dirige verso orizzonti più ampi. In un sistema in cui si ricerca l’equilibrio per aggiunte e si raggiunge un grado di consapevolezza profonda, si mobilitano in modo naturale le risorse, che rispecchiano a tutto tondo l’unicità di quel sistema. Tutto questo ha un fascino straordinario. Il feedback più bello che un cliente possa restituire alla fine al suo coach è : E’ successo tutto naturalmente. “Una strada c’è nella vita , e la cosa buffa è che te ne accorgi solo quando è finita. Ti volti indietro e dici: oh, ma guarda c’è un filo! Quando vivi, non lo vedi, il filo, eppure c’è …Tutte le decisioni che prendi… sono determinate da qualcosa dentro di te che è innanzitutto il tuo istinto”. Da “La fine è il mio inizio “ di T.Terzani.
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