Intervista a Federico Morello: La sfida della connessione

Federico Morello a soli 15 anni ha portato la connessione veloce nel suo paese. Frequenta la seconda al liceo scientifico Marinelli di Udine. È diventato Referente dell’Associazione Italiana Antidigital divide ed é cofondatore del sito friuladd.org che diventerà a breve un’associazione autonoma. Come sei riuscito a portare la connessione veloce a Lestans? Premetto che abitando a Lestans subivo direttamente il digital divide. All’inizio ho preso contatti con il sindaco e il consiglio comunale del mio comune solo per avere informazioni sulle possibili soluzioni e sulla tempistica. La risposta che ho ricevuto è stata che eravamo in attesa del progetto regionale che aveva avuto delle difficoltà e rallentamenti. Le pubbliche amministrazioni non prendevano iniziative pensando di dover aspettare che partisse il progetto regionale. Io mi sono detto “ok le cose stanno così, ma intanto potrei fare qualcosa”. Quindi ho cominciato a contattare un sacco di provider che operavano o avevano intenzione di operare in Friuli, ho elaborato il primo progetto e ho messo in contatto il provider con il Comune di Sequals. Ma eravamo ancora lontani dalla soluzione. Ho continuato ad interessarmi del problema e a valutare la soluzione migliore. Mi sono messo in contatto con l’Associazione Italiana Antidigital divide. Da lì a poco l’Associazione mi ha chiesto di diventare, nonostante la mia età, Referente Regionale ed è a questo punto che ho potuto cominciare a muovermi in modo ufficiale nei rapporti con comuni e provider. Ho messo su carta un progetto e approfittando della campagna elettorale ho presentato a entrambi gli schieramenti il mio progetto. Finalmente con la nuova amministrazione abbiamo cominciato a parlare seriamente del progetto. Il mio ruolo è stato quello di dare una consulenza territoriale al provider (individuazione dei siti) e una consulenza tecnica al comune. Sono stati di nuovo mesi di contatti, sopraluoghi, incontri, pratiche burocratiche finché finalmente Lestans è stata raggiunta dal segnale. Com’era la situazione prima? Il digital divide può essere di primo e di secondo livello. Nel primo livello manca l’ADSL, non ci sono servizi wireless o alternativi e viene utilizzata ancora la linea telefonica a 56k. Si possono utilizzare sistemi tampone come ad esempio le chiavette. Nel secondo livello la copertura c’è, ma solo sulla carta perché in effetti le prestazioni sono bassissime. Nel mio comune c’erano sia zone di primo livello che di secondo con l’aggravante che in alcune zone di primo livello nemmeno soluzioni tampone come le chiavette funzionavano. Era una situazione invivibile, per me che pensavo di utilizzare la rete in modo trasversale. Fare una ricerca su Wikipedia era impossibile. Iniziavo a scaricare un video su youtube a mezzogiorno e a ora di cena se andava bene riuscivo a vedere 10 minuti di video! Questo a livello privato, pensiamo poi che c’è tutta una zona artigianale tagliata fuori dalla rete che in un periodo difficile come questo andava ad aggravare qualsiasi possibilità di crescita. Come sono cambiate le cose? Adesso il digital divide è superato attraverso il wirless e il 98% del territorio è coperto dal segnale con prestazioni superiori alla Adsl. Prima non riuscivo a fare praticamente nulla in rete, ora gestisco tre server due siti web, video conferenze con gli altri referenti regionali e con i collaboratori di friuliadd. Io uso il web in modo trasversale. Sono appassionato di fotografia non potevo condividere foto. Era una cosa non solo limitante, ma difficile da accettare perché non ne vedevo motivazione. Se si fosse trattato di un paesino carnico al confine con l’Austria dove il cavo a fibra ottica si è rotto a seguito di una frana avrei potuto capire, ma abitando in un paese circondato da comuni già coperti dal servizio non riuscivo proprio ad accettarlo. Che cosa rappresenta Internet per te? Per me Internet è soprattutto un modo di connettere persone attraverso una infrastruttura, un metodo di connessione delle idee. Dove non c’è Internet si vanno a castrare tutte le opportunità di sviluppo culturale in senso digitale. È ovvio che ci sono problematiche e lati oscuri, ma saremmo ciechi se guardassimo a Internet solo come ad una evoluzione dei media e non come possibilità di trarre i vantaggi che la rete dà. Quale e’ stato l’ostacolo maggiore che hai dovuto superare? Dal punto di vista personale a volte ho incontrato il preconcetto. Ad esempio quando scrivevo al sindaco lui rispondeva ad un tredicenne. Questa è la barriera che vorrei abbattere. Io volevo essere ascoltato per le mie competenze e non per la mia età. La rete permette anche questo. Ad esempio se contatto in rete un ricercatore dell’Area Science Park di Trieste io non so se lui ha 13 anni, se è bianco o nero o altro, ma capisco quali siano le sue competenze e lo valuto solo per le sue competenze. Dal punto di vista generale invece l’ostacolo più grande alla diffusione della banda larga è il digital divide culturale. Facciamo l’ipotesi fantascientifica che nel giro di cinque anni in Italia si possa riuscire a portare la fibra ottica in tutte le case. Ma se poi la rete viene considerata come un covo di pedofili e strane persone che non hanno vita sociale e che si chiudono davanti ad un computer che me ne faccio di una rete? Il sogno è proprio questo: credere che sia possibile trasmettere un’idea corretta della rete. Come? È una sfida. La crescita di soluzioni infrastrutturali deve andare di pari passo con l’informazione sulle grandi opportunità che Internet offre. Dobbiamo capire il potenziale di Internet. Ad esempio l’e-commerce in Italia è al 20% mentre la media europea è al 40%. Siamo circondati da siti istituzionali che però non comunicano tra loro, sono utilizzati solo come vetrine. Questa è l’antitesi di quello che deve essere Internet. In alcuni Paesi ci sono scuole con un numero di studenti molto elevato che utilizzano Internet realmente non solo per sbandierare un tot numero di pagelle on line ma per far funzionare effettivamente in modo migliore i servizi. Io penso che avere 10 lavagne interattive o quattro portali che collegano le scuole non serve a niente se poi gli insegnanti non sanno usare le lavagne e i portali non sono collegati tra di loro. La rete è viva e cresce, ma va alimentata attraverso una adeguata comunicazione, informazione e infrastrutture. Quali delle tue risorse ti ha permesso di intraprendere questo percorso? All’inizio è stata la mia passione per il web che mi ha dato la motivazione ad affrontare tutti i problemi e a non demordere. Ma più che le mie virtù a far emergere questo percorso, penso che sia stato questo percorso a far emergere e crescere eventuali mie virtù o caratteristiche. La mia sfida più grande non è stata contattare i provider o l’assessore, ma è stata contattare la prima volta il sindaco. Si perché all’epoca avevo 13 anni e pensavo che mai mi avrebbe risposto. Invece mi ha risposto e questo mi ha dato la spinta per scrivere nuovamente iniziando un vero e proprio tam tam epistolare. Poi durante il percorso mi sono impegnato a rendere più approfondite le mie competenze. Nei momenti di difficoltà cosa ti ha permesso di non demordere? Più che pensare a cosa non mi ha fermato sarebbe più corretto chiedermi “grazie al cielo cosa mi ha fermato” perché io avevo 13 anni ed ero davvero arrabbiato. Avevo quel senso di insofferenza di chi è costretto ad una situazione a cui non trovavo una motivazione. All’inizio era una voglia di denuncia del fatto. Scrivo al sindaco e lui mi risponde che bisogna aspettare l’intervento della Regione. Allora scrivo all’assessore regionale e lui mi dice che il comune ha autonomia di azione in tal senso. La rabbia sale e inizia il tam tam di missive tra me il comune. Devo comunque ringraziare il sindaco perché inizialmente non pensavo che si sarebbe preso la briga di rispondere a ad un tredicenne. Inoltre avevo capito che protestare senza proporre un’alternativa non serviva a nulla. Quindi avevo preso i contatti con il provider e ho presentato un progetto. Qual’e’ stato il momento più bello in tutto questo percorso? Il momento in cui sono stato collegato è stato molto importante per me, ho iniziato a collegare in rete tutto quello che potevo. Dopo quasi due anni di battaglie riuscire ad ottenere quello che avevo sempre desiderato è stato davvero molto bello. E poi sono successe tante cose belle. Io ero abbonato a Wired da due anni quando ad un certo punto vengo contattato proprio da un giornalista di Wired per un’intervista. Poi sono stato contattato dall’ANSA e ho avuto spazio anche nella stampa locale. Inoltre sono stato ospite alle trasmissioni di Tele Pordenone. Il preside, che casualmente ha letto su Wired la mia storia, l’ha divulgata con una circolare a tutta la mia scuola. Ricevo inviti a convegni e meeting in tutta Italia. È chiaro sono tutti momenti belli, ma per quello che ho iniziato a fare nell’associazione credo che il momento più bello debba ancora arrivare. Quali pensieri ti hanno sostenuto durante questo percorso? Direi il senso di giustizia. È quello che tutt’ora mi porta a continuare a combattere. Poi ovviamente la passione per questo mondo. Com’è cambiata la tua vita? È cambiata la gestione del tempo. Prima tra sport scuola e amici mi restava del tempo libero che ora ho riempito. Mi muovo per incontrare persone, studio progetti, ora sono abituato a parlare con un sindaco o un assessore. Ad aprile andrò al Festival Città Impresa e parlerò di fronte a un sacco di persone che si incontrano per sostenere la candidatura di Venezia a capitale europea della cultura. È chiaro, tutte queste occupazioni prima non le avevo! Ma per il resto è tutto uguale vado a scuola, faccio i compiti vedo gli amici faccio jogging. Non utilizzo Internet per ore e ore. Però se ho bisogno di cercare qualcosa di cui sento parlare che non conosco mi piace collegarmi e cercare informazioni. Penso che questo migliori la mia vita perché mi permette di imparare cose nuove che non conosco. Internet può migliorare la vita in tante piccole cose senza sostituirsi ad altro. Che consiglio daresti ai tuoi coetanei? Sono andato a Padova al Working Capital che è una specie di tuor itinerante durante il quale assegnano 20 borse di studio in ricerca innovativa. Tra gli ospiti della manifestazione c’era Ilaria Capua che ha schematizzato la catena del virus dell’aviaria e anziché vendere la sua scoperta l’ha divulgata alla comunità scientifica senza trarne guadagno. Lei ha detto una cosa che mi è piaciuta: crossfertilizzatevi. Mi è rimasta impressa perché si tratta di rendere con una parola quello che non solo i miei coetanei dovrebbero avere ma tutti e cioè il senso di fertilizzarsi, di accrescersi, cercando di migliorarsi continuamente nel tempo. È un po’ quella voglia di nuovo, di imparare continuamente che hanno i bambini. Cercare di migliorasi cercando si saperne di più su tutto. È un modus vivendi che consiglio ai miei coetanei. Soprattutto nei riguardi di Internet: cercate di capire cosa avete davanti. Anche i social network hanno un sacco di opportunità che non vengono sfruttate. Non utilizzatelo come si utilizza la televisione. Con un click voi potete parlare con le persone in tutto il mondo. Cosa vuoi dire agli adulti? In una società sempre più globale e trasversale e sempre più eterogenea bisogna parlare di meno di giovani e parlare di più di persone. Abbattiamo quel muro che c’è tra adulti e giovani. I giovani si sentirebbero meno giovani e gli adulti meno adulti. Poi è chiaro che ci sono delle peculiarità, ma non amo da suddivisione delle persone in gruppi. Cos’ è per te il futuro? Il futuro è quello che non è ancora accaduto. E se non è ancora accaduto non possiamo dire che cos’è. Il futuro non ha nulla a che vedere con il passato pur essendo una continuazione dello stesso. L’importante è rendere futuribile il presente. Se il presente è buono ci sono le basi per un buon futuro. Spero che quello che sto facendo in qualche modo continui attraverso altre persone. Sarò contento quando vedrò che le persone in massa porteranno avanti questo progetto.|||
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