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Il coaching sarà allaltezza della sfida?

Ogni crisi è sia un problema che un’opportunità e dipende in larga misura dal fatto di essere pessimisti o ottimisti. L’attuale situazione economica che stiamo vivendo non fa eccezione, sia che si tratti dell’individuo, del coaching come professione o dell’umanità nel suo complesso. Esaminerò brevemente in questo articolo ciascuno degli argomenti presenti. La crisi che stiamo vivendo motiva realmente tutti noi, o per lo meno ci dà una “svegliata”, per prenderci un po’ di tempo e per rivedere la nostra vita, il nostro lavoro, i nostri valori, il nostro scopo ed il nostro futuro. Poco tempo fa ho letto di un banchiere che aveva perso il lavoro per diventare un giardiniere e poi ha trovato la felicità, e sono sicuro che questa persona non sia la sola ad aver fatto questa esperienza. Troppe persone salgono sul tapis roulant della vita o vivono sempre di corsa, senza riuscire a sottrarsi, soprattutto quando hanno un mutuo da pagare, una Mercedes e un ego ingombrante da sostenere, per non parlare dei 2,4 bambini (in media) che chiedono vestiti firmati. L’illusione derivata dalla ricchezza separa alcune persone dalla realtà della vita di tutti i giorni, nell’apprezzare e nell’essere responsabili verso le piccole cose quotidiane, come magari cambiare una lampadina. Possono arricchirsi con la recessione, perché alleggerendo il loro carico e stringendo la cinghia, potranno venire a contatto con la realtà. Per timore che pensiate che stia minimizzando la sofferenza e l’ansia che alcuni stanno evidentemente attraversando, posso soltanto dire che spesso la crescita e lo sviluppo personale arrivano quando non abbiamo altra scelta, e raramente i benefici arrivano senza sacrifici, ma col tempo saranno soldi ben spesi, anche se i vantaggi non sono immediatamente evidenti. Mezzo secolo fa, vivevo in una casa signorile con dodici stanze da letto e poi sono passato ad un appartamento in affitto con camera vista stazione destinato ad una clientela medio bassa. Non sono mai stato più felice, più realizzato e più attivo di oggi, nonostante i miei settantuno anni. È tutto nella mia mente, non nel mio portafogli. Le possibilità che l’attuale rapida evoluzione globale ci prospetta per realizzare una vita più gratificante, sono illimitate. Questo cambiamento fornisce una grande opportunità per le persone non solo nel trasformare le loro vite in meglio, ma anche per i coach e per il coaching come professione, al fine di facilitare tali cambiamenti. Molte persone, anche quelle che non vengono immediatamente sfidate dalla situazione economica, si stanno ponendo domande che non si erano mai poste prima d’ora, domande sul significato, sullo scopo della vita e in particolare sulla loro vita. Le persone stanno ri-valutando non solo il loro lavoro e le loro motivazioni, ma anche la qualità e la sostenibilità delle loro relazioni e degli stili di vita. I coach qualificati possono facilitare enormemente queste situazioni e meglio di qualsiasi consulenza in materia di supporto alla persona, perché questi temi sono profondamente personali e individuali, e di certo non esiste il libro delle risposte. L’aspetto spiacevole è che le persone che potrebbero beneficiare del coaching possono non conoscerne l’esistenza o la disponibilità e tanto meno permetterselo. Nemmeno per questo c’è il libro delle risposte. In questo momento, l’insuccesso della leadership nella politica e nelle imprese è più che evidente, e il coaching sarebbe sicuramente la cosa più adatta per fare la differenza. Brown si precipita a risollevare il corrotto sistema bancario per salvare l’economia, o almeno così si dice mentre dovrebbe rendersi conto che sta soltanto rinviando l’inevitabile fine di un sistema economico ormai obsoleto. Il tracollo finanziario, quando si farà sentire, sarà più disastroso e doloroso di quantolo sarebbe oggi, ma forse, quando accadrà, non sarà più in carica. Lo stesso vale per la malridotta industria automobilistica americana, che zoppicherà un anno o due. Il Presidente Bush, dopo aver causato danni alla reputazione americana all’estero più di ogni altro presidente, ha consegnato il non invidiabile testimone a Obama per arginare l’inevitabile declino dall’influenza degli Stati Uniti a fronte di una Cina che sempre più tiene le fila del mondo. Non è un caso che la professione coaching sia emersa negli ultimi venticinque anni. Cosà sostituirà la gerarchia, l’autocrazia e la leadership, quando falliranno? È un errore attendere un nuovo Abraham Lincoln o un Winston Churchill per salvarci. Sono finiti quei tempi. Oltre tutto il mondo è diventato infinitamente più complesso e in continuo cambiamento e le informazionisono diventate troppo accessibili perché le persone possano essere convinte con l’inganno a farsi guidare da un semplice uomo, e non ci sono in programma santi o salvatori. Siamo tutti obbligati, sia per impostazione personale, che per le circostanze, ad assumerci maggiore responsabilità per le nostre vite e per il bene di tutti. In realtà questa è la fase di evoluzione psicosociale nella quale l’umanità è ormai entrata. Il rovescio della medaglia è che siamo mal preparati ad assumerci questa auto-responsabilità, perché di fatto non l’abbiamo mai praticata prima d’ora, e alcuni confondono il permesso con il permissivismo. Non sorprende quindi che i risultati ultimi del coaching siano la consapevolezza e la responsabilità, applicabili a qualsiasi contesto, dal più piccolo compito che possiamo fare oggi, alla sfida globale del cambiamento climatico a lungo termine. Attraverso la diffusione delle competenze che i coach utilizzano, facendo domande ed evitando di dire quello che deve essere fatto, facendo emergere anziché forzare un comportamento regolare del management delle grandi istituzioni come l’istruzione, la sanità, l’esercito e la polizia penitenziaria, la responsabilità personale crescerà e con essa la libertà di scelta. Questo rappresenta senza dubbio il cammino evolutivo che alla fine ci darà quel potere di vincere la fame mondo, e il mondo sarà un posto migliore. Sarà necessaria una nuova generazione di coach preparati ad insegnare ai grandi gruppi le competenze base del coaching in tempi rapidi. Ad esempio molto presto la Commissione Europea consiglierà agli istruttori di guida, in tutti i paesi dell’Unione Europea, di riqualificarsi per diventare coach di guida, allo scopo di salvare la vita di migliaia di giovani automobilisti di sesso maschile troppo sensibili a comportamenti pericolosi, alimentati dal testosterone. Come si può realizzare la riqualificazione professionale su una scala così vasta? Il coaching come professione ha bisogno di sviluppare i mezzi per farlo, e la sua applicazione alla guida non è che un’istituzione. Invece l’istruzione è una questione di gran lunga più ampia e rappresenta una sfida molto più complessa. Quando l’etica del coaching si diffonderà e diventerà parte integrante del nostro modo di vita, la parola coaching potrebbe sparire da tutte le applicazioni, tranne quelle più specializzate, ma la strada da percorrere prima che ciò accada è ancora lunga. Nel frattempo continueranno ad esserci quei requisiti per i coach, per soddisfare e adattarsi alle mutevoli circostanze e alle esigenze della vita. I coach hanno bisogno di tenersi al passo con l’attualità, soprattutto per ciò che concerne l’economia e l’ambiente, i cambiamenti locali, nazionali e perfino quelli globali, per essere in grado di porre le giuste domande. I coach avranno sempre più bisogno di sviluppare capacità di coaching transpersonale più elevate, per essere in grado di affrontare casi ancora più densi di significato, di scopo, e per tutte le performance che saranno richieste. Recentemente le neuroscienze hanno riconfermato la correttezza di molti dei comportamenti dei migliori coach e la ricerca offre anche nuovi stimoli: un modello rigoroso per la complessità del coaching, la creazione di una più rapida evoluzione senza timori di ricadute e la possibilità di fare coaching a grandi gruppi. Molti coach si irrigidiscono all’idea di lavorare risolutamente rispetto all’agenda del coachee, tuttavia sempre di più affrontano il fatto che i propri valori e quelli dei loro clienti possano essere in disaccordo. Sostengo fermamente che se i valori dei coach sono più inclusivi e più universali, avranno la precedenza su quelli del cliente, e non dovrebbero avere paura di dirlo. Come possiamo altrimenti andare a sradicare la corruzione che è diventata endemica in tutto il mondo a causa dalla recente avidità aziendale? Così la professione coaching dovrà affrontare molte sfide, enormi opportunità ed una grande responsabilità. Il coaching è passato dal piano personale, al coaching di gruppo, dal lavoro a domicilio ad una professione direttamente sul posto di lavoro; si possono far cadere le inevitabili credenze auto limitanti di un ruolo in espansione per diventare una forza globale per servire l’umanità su larga scala e in prima linea? Ciò che il coaching ha da offrire sono i mezzi per costruire esattamente ciò di cui c’è più bisogno in questo momento, la responsabilità individuale e collettiva, indispensabili per la sopravvivenza della vita per come la conosciamo. Se vogliamo veramente distruggere la vita in qualsiasi forma, non dobbiamo far altro che non far nulla. Articolo pubblicato su: The OCM Coach and Mentor Journal 2009 Contact: johnwhitmore@performanceconsultants.com

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