Ginepri (parte finale)

Prima classificata, sezione Narrativa senior – Il Gusto della Vita – Concorso letterario Io Racconto Anna guardava la nonna. Si era addormentata vicino al fuoco , il bastone le era scivolato dalla mano ed era andato a finire per terra. Il rumore aveva fatto trasalire la vecchia, che per un attimo aveva aperto gli occhi < Annè... > aveva sussurrato, < Sono qui nonna, sono qui > aveva risposto la nipote. Si era pulita le mani sul grembiule. La pasta le si era infilata sotto le unghie, ma a lei non dava fastidio. Si era tolta la cuffia e aveva lasciato che i folti e lisci capelli bruni le scivolassero sulle spalle. Poi , come quel giorno, era andata a sedersi per terra, accanto alla nonna: < Sono qui >. Aveva preso la mano rugosa e se l’era portata sulla guancia. Il fuoco crepitava nel camino, e tutt’intorno le ombre si allungavano e distorcevano i contorni delle cose. Fu in quel momento che se ne accorse. L’odore della nonna era mutato nel corso degli anni , ma lei era stata troppo presa a rincorrere la sua vita per accorgersene. Era diventato più dolce, leggermente muschiato, come quello della pioggia nelle sere di fine estate. La tristezza era scomparsa. Era diventato odore di nostalgia. I culurgioni erano posti ordinatamente l’uno accanto all’altro nell’ampia cesta di vimini, su palini, al riparo sotto uno spesso canovaccio di lino, pronti per essere cotti . La spianatoia bianca di farina diventava ogni minuto più scura , man mano che il sole calava dietro l ’orizzonte e i suoi raggi sempre più deboli non riuscivano a penetrare i vetri delle vecchie finestre. Intanto anche Anna si era assopita. Tzia Antonia aveva cominciato a intonare una nenia dolcissima, che le riportava alla memoria un’infanzia lontana e piena di gioia , mentre carezzava quei capelli scuri e folti , eredità genetica di donne forti e combattive che erano vissute prima di lei e come lei avevano amato e sofferto: < A duruduruduruduru dai, custapippia non si morgia mai, mellusca si morgiat bacca cunvitellu, chi si morgiada su pippiubellu, ca su vitellu du pappausu e sa pippia da coiausu , cun d unu bravu piccioccu de coiai, a duruduruduruduru dai ...a duruduruduruduru dai ,questa bambina non muoia mai, meglio che muoia la vacca col vitello, che muoia questo bambino bello, che il vitello ce lo mangiamo, e la bambina la sposiamo , con un bravo ragazzo da sposare...a duruduru...duru dai... > Una lacrima le aveva solcato il viso, furtiva , incuneandosi tra le profonde rughe del volto. Nessuno l’avrebbe vista , nascosta com’ era tra le ombre della sua espressione corrucciata. La fiamma nel camino cominciava ad affievolirsi , Tzia Antonia sapeva che avrebbe dovuto soffiare sul fuoco sennò di lì a poco si sarebbe spento. Ma non voleva rovinare quel momento magico. E rimase così, immobile, immersa nei ricordi , il passato che era racchiuso in lei, e il futuro, che dormiva sopra il suo grembo.
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