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Coaching, etica ed evoluzione

Creare consapevolezze per permettere di scegliere ed agire responsabilmente è una delle competenze fondamentali che un coach professionista mette a disposizione di coloro che scelgono di averlo come partner in un percorso di sviluppo personale e professionale. Perché ciò avvenga è fondamentale che, a sua volta, il coach sia consapevole del proprio ruolo e dell’impatto che il coaching può avere per le persone e le organizzazioni, in modo tale da porsi come un reale partner del cliente e contribuire alla generazione di risultati che abbiano un impatto positivo, oltre che sul cliente stesso, sulle persone e sull’ambiente nei quali vive. Una relazione di coaching si costruisce sulla fiducia e sulla presenza, elementi imprescindibili per sviluppare una reale partnership. Una relazione basata su questi presupposti diventa, rapidamente, una relazione privilegiata che permette al coach e al cliente di accedere ad un livello di profondità relazionale che permette di creare uno spazio evolutivo, dove l’acquisizione di consapevolezze sulle risorse, i valori, i comportamenti ripetitivi, le strategie di motivazione, le forme di pensiero e tanti altri aspetti utili a raggiungere i risultati, emergono liberamente, per diventare la base dello sviluppo di nuove possibilità di azione. Da un’altra prospettiva, una relazione di questo tipo potrebbe, in una qualche fase, far dimenticare la natura professionale della rapporto di coaching. (È fondamentale che il coach, in ogni momento, sia consapevole della sua responsabilità di gestione del processo per essere certo di agire secondo un approccio che sia orientato a creare le condizioni per facilitare l’evoluzione e l’autonomia del cliente). Accade spesso che alcuni coach in formazione raccontino quanto sia stato difficile chiudere un programma di coaching perché ormai si era creata una sorta di relazione amicale con il loro cliente, o evidenzino la loro “delusione” perché degli ex clienti, concluso il percorso di coaching, abbiano interrotto le frequentazioni. Queste osservazioni fanno comprendere come, la profondità della relazione ed il fatto che il coach, fortunatamente, sia un essere umano che porta tutto se stesso nell’attività che svolge, possa talvolta generare, delle aspettative di relazione che, in un qualche modo, potrebbero inficiare l’efficacia del processo. Il processo di coaching, infatti, è teso a sviluppare la totale autonomia del cliente: quanto prima il cliente riconosce i suoi talenti, identifica i risultati desiderati, sperimenta nuovi modi di osservare le situazioni della sua vita, considerandole importanti momenti di apprendimento, si assume la sua responsabilità di scegliere fra le possibilità di azione che avrà individuato, tanto più il coaching sarà stato efficace e, quindi, giungerà naturalmente alla conclusione. Per mantenere la focalizzazione sul processo il coach ha un potente alleato: i principi etici. Numerose associazioni di coach professionisti, prima fra tutte l’ICF, così come molte scuole di coaching hanno un proprio codice che nasce, il più delle volte, da principi etici generali, comuni a molte altre professioni, arricchiti di specifiche attenzioni proprie della relazione professionale che si crea in un contesto di coaching. In linea generale, un codice etico consente di riconoscere la natura professionale della relazione che si crea fra coach e coachee ed invita a ricordare come tale relazione debba essere gestita nel totale rispetto dei ruoli. Oltre ad aspetti legati alla relazione, in una professione quale il coaching, che è esercitata da professionisti che provengono da background ed esperienze personali e professionali differenti, un sano approccio etico invita a riconoscere il valore di approcci e metodologie differenti e invita tutti a coach ad apprezzare il coaching ed i coach indipendentemente dal fatto che seguano un approccio metodologico differente dal proprio: si tratta di valorizzare il coaching, al di là delle scelte tecnico – metodologiche. Altro aspetto etico, da tenere in considerazione in un processo di coaching, è il potenziale emergere di conflitti di interesse. Il coach, infatti, assume un ruolo di osservatore privilegiato dei processi decisionali del suo cliente. Ovviamente, le decisioni sono totalmente del cliente, ma il fatto stesso di partecipare, attraverso la conversazione di coaching all’individuazione delle possibilità, alle scelte e alla costruzione del piano d’azione – nella prospettiva relazionale citata in precedenza, può costituire un potenziale momento nel quale gli interessi del coach, magari come imprenditore o professionista possono emergere. Si pensi, a titolo di esempio, ad un coach che faccia parte di un’organizzazione che offre, oltre al coaching, consulenza e formazione e ad una sessione di coaching nella quale un cliente, ad esempio il responsabile delle risorse umane di un’azienda, stia definendo il programma di formazione aziendale e voglia scegliere a quale organizzazione affidarlo. Osservando la situazione dall’esterno, il conflitto è evidente: è sempre così evidente, per il coach, all’interno della sessione? Perché il coaching possa continuare a diffondersi ed a contribuire all’evoluzione della nostra società è fondamentale che ogni coach si assuma la responsabilità di offrire i suoi servizi agendo in completa congruenza con l’etica e gli scopi fondamentali della professione, onorando in ogni momento del processo il cliente, la sua professionalità e la nostra professione. Questo tipo di approccio, se condiviso da un sempre maggior numero di coach, permetterà al coaching di evolvere ulteriormente e di diventare, sempre più, uno degli strumenti di sviluppo personale e professionale che possono contribuire all’evoluzione responsabile della nostra società.

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