Sul web le parole sono armi

Utilizzo democratico e non violento di Internet: l’iniziativa #nohatespeech coinvolge i giovani di tutta Europa. Secondo Eric Schmidt, Executive Chairman di Google, “Internet è una delle poche invenzioni dell’uomo che lui stesso non capisce fino in fondo”. Di fatto, oggi la vita digitale, è davvero strettamente connessa a quella reale. E questo è tanto più vero se si pone l’attenzione sui nativi digitali, i giovani e i giovanissimi per cui è naturale vivere “always on”, sempre connessi grazie ai dispositivi più comuni come i pc, gli smarphone, i tablet e le consolle di gioco. L’adolescenza è un periodo caratterizzato da rapporti sociali primordiali. Concentrati sui loro schermi luminosi, gli adolescenti non interrompono mai il contatto. Secondo Georges Cognet: “L’attrazione verso i social network manifesta un bisogno di rassicurazione; rimanendo interconnessi, i giovani si sentono meno soli”. L’iper-utilizzo di Internet è fonte di molti vantaggi, ma anche di qualche disagio per molti. Le ricerche e la cronaca di ogni giorno evidenziano, infatti, un utilizzo violento e discriminante del web, delle chat, dei social, dei video condivisi, soprattutto dai ragazzi in età scolare. Secondo il Dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile Nazionale, soltanto in Italia, circa il 41% dei casi di discriminazione segnalati nel 2012 sono da ricondurre al web. Ma non è solo la discriminazione a colpire gli utenti del web. Esiste anche il bullismo, il razzismo, l’intolleranza, l’isolamento, il discredito, spesso azioni eseguite in forma anonima. Per contrastare questi fenomeni il Consiglio d’Europa ha promosso nei diversi Paesi il #nohatespeech movement. Si tratta di un’iniziativa di portata storica perché affianca a comunicazioni istituzionali i contenuti autogenerati dai ragazzi che vogliano promuovere l’idea di un web senza violenza e di conversazioni (o chat) senza insulti né aggressioni verbali. Una sensibilizzazione meritevole e di cui sembra esserci davvero bisogno: secondo la ricerca “I ragazzi e il cyber bullismo” realizzata da Ipsos per Save the Children, i social network sono la modalità d’attacco preferita dal cyber bullo (61%), che di solito colpisce la vittima attraverso la diffusione di foto e immagini denigratorie (59%) o tramite la creazione di gruppi “contro” (57%). Giovani sempre più connessi, sempre più prepotenti: 4 minori su 10 testimoni di atti di bullismo online verso coetanei, percepiti “diversi” per aspetto fisico (67%) per orientamento sessuale (56%) o perché stranieri (43%). Madri “sentinelle digitali”: 46 su 100 conoscono la password del profilo del figlio, nota al 36% dei papà. Gli hate speech portano alla ribalta anche il rapporto con l’anonimato, che ha radici antichissime, come le Pasquinate romane o le lettere anonime della narrativa gialla. Trasmettere messaggi violenti con identità celate o fasulle, i cosiddetti troll, è un mezzo per operare un controllo sul contenuto, senza essere controllati. Dimenticando però che il web è “una casa di vetro”, in cui tutto è identificabile in modo relativamente semplice, soprattutto per quanto riguarda le azioni più gravi e irresponsabili. “Sul web le parole sono armi” recita l’incipit di uno degli spot tv realizzati dal Dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile, con l’intento di portare all’attenzione dei ragazzi non solo la pericolosità dello strumento, ma anche la sua tracciabilità e permanenza nel mondo digitale. Si tratta di una campagna di comunicazione che sta generando ottime condivisioni e coinvolgimento tra i differenti pubblici, anche perché realizzata con un linguaggio digitale fresco e innovativo, quello dei fumetti e dell’infografica. L’Italia è uno dei Paesi che ha aderito con pentusiasmo e coinvolgimento al #nohastespeech movement: sono nate iniziative nelle scuole, forum universitari, fanpage facebook e l’hashtag #nohatespeech è diventato da subito molto popolare. Ciò che è affascinante notare è ancora una volta la grande creatività e passione che nasce ogni qualvolta si permette agli utenti di essere protagonisti e di autogenerare messaggi e call to action, magari in relazione dinamica con i media tradizionali, dato che la campagna è pianificata su reti e radio RAI e prevede azioni di viralizzazione dei messaggi sul web.
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