Sguardi di coaching

Guardare l’altro, con interesse, accettazione , amore e continuità: come stabilire un contatto positivo e accrescitivo. Quando guardi un’altra persona qualcosa inevitabilmente cambia. Può essere uno sguardo d’amore oppure di sfida, di gioia o di ira, in ogni caso in quel momento si è creato un cambiamento, breve e profondo. Quel cambiamento è passato per uno stato emotivo e ha prodotto una nuova immagine e pensiero dell’altro, ha avvicinato o allontanato, ha creato fiducia o preoccupazione… Sappiamo che per molte tradizioni l’ occhio rappresenta“lo specchio dell’anima”, nel senso che riflette in maniera diretta le nostre emozioni, le nostre paure, le nostre sfumature emotive più intime. Sappiamo che gli sguardi portano riconoscimento o disconoscimento e sappiamo quanto possono essere importanti per la conferma della nostra identità e del nostro valore Cominciamo da bambini quando, già a partire da quattro settimane, stabiliamo il contatto oculare con nostra madre e da qui, attraverso il”gioco”degli sguardi, si viene a creare la prima forma di dialogo. Da questo momento, tra la capacità del bambino di focalizzarsi sul volto della madre, stimolandola ad interagire con lui, e il rispecchiamento emotivo della madre stessa, si sviluppa uno scambio di riconoscimento. Di converso se lo sguardo della mamma è uno sguardo inerte, senza emozioni, esso è destrutturante:“…Se la mamma non si lascia contagiare dalle emozioni, il bambino si spegne”(1). Questa prima forma di intersoggettività rappresenta la base di ogni forma comunicativa intenzionale. Il volgere lo sguardo verso l’altro è prima di tutto una modalità di comunicazione e una manifestazione di interesse, e cercare lo sguardo dell’altro è la condizione per trasmettere un messaggio ed avere conferme. Così come sfuggire lo sguardo dell’altro è un modo per comunicare disagio o timore, o rifiuto. Mentre sostenere lo sguardo dell’altro comunica sfida o conferma di un’intesa profonda. Tutto questo trova una riprova nello studio dello psicologo americano Zick Rubin (2) che ha verificato come il tempo che dedichiamo a guardare un’altra persona indica sia interesse che confidenza, non solo, ha potuto misurare la differenza tra piacere e amore. In media, quando parlano, le persone, a seconda del grado di interesse, si guardano dal 30 al 60 % del tempo, mentre coloro che si amano si guardano almeno il 75% del tempo. Guardare costantemente, innesca nel cervello il rilascio di feniletilamina, lontana parente delle anfetamine. Tale sostanza, oltre a produrre una sensazione di benessere e migliorare l’umore, favorisce la concentrazione e l’attenzione. Per questo è importante guardare l’interlocutore anche durante i silenzi, anche dopo che ha finito di parlare. Quindi il guardare l’altro, con interesse, accettazione , amore e continuità è il prerequisito per stabilire un ‘contatto’ positivo e per portare avanti uno scambio significativo e accrescitivo Nell’agire il nostro sguardo, produciamo tre cose:“la salienza”: cioè ci rendiamo visibili agli altri;“l’eccitazione”: riusciamo a trasmettere un qualche grado di attenzione, eccitazione;“il coinvolgimento”: il contatto visivo è la premessa per interagire con l’interlocutore. “Un incontro di sguardi è uno scambio di emozioni, una relazione di luce o di ombra che va oltre il visibile e racconta in silenzio qualcosa di noi.”Emanuela Breda Questi sguardi, che nutrono o debilitano, si avvicinano simbolicamente a quelli di una Gioconda, un Buddha, una Medusa, un Horus. Lo sguardo di Buddha è uno sguardo limpido, attento, sereno e benevolo, dettato da genuino amore per ogni forma di vita. Il Buddha stesso dice:«…a me importa solo di poter amare il mondo, non disprezzarlo, non odiare il mondo e me; a me importa solo di poter considerare il mondo, e me e tutti gli esseri, con amore, ammirazione e rispetto». L’Occhio di Horus è, nella religione egizia, il simbolo della prosperità, del potere regale e della buona salute. E’ anche l’occhio del ‘lavoro interiore’ , di chi si mantiene sveglio, per favorire la propria rinascita Con Medusa, arriva lo sguardo duro che immobilizza e non trasforma, anzi uccide. Lo sguardo con cui Medusa pietrifica, può essere paragonato all’assenza di entusiasmo e al vivere situazioni come se fossero di pietra, pesanti, prive della vivacità e della mobilità della sperimentazione, bloccate al cambiamento Infine lo sguardo della Gioconda che trasmette mistero, enigmatico e dolcemente sorridente, ammiccante ma anche inafferrabile, come detto in modo elegante da Michela Oliviero:“Con una luce che non arde, non brucia, e non si spegne”. Lo sguardo nel coaching è la chiave per la fiducia e la presenza ed è la base prima di ogni base e di ogni accordo, nel senso che rappresenta il contatto esistenziale, la base profonda, da cui partire per ogni rapporto ‘costruttivo e creativo’. E’ infatti nella dinamica di questa accettazione, senza se e senza ma, avviata e alimentata dalla relazione facilitante del coach, che ‘opera’ la disponibilità a mettersi in gioco, la consapevolezza e cambiamento nel cliente. E’ nella forza di questa relazione autentica fatta di accoglienza, ascolto , fiducia, che il cliente apre se stesso e si apre al futuro, per intraprendere il suo viaggio di crescita. Lo sguardo del coach è non direttivo, non è giudicante , non è interpretativo ne interrogativo, non è dubbioso ne indiscreto, non è invadente ne esigente…si mantiene ‘limpido’, attento e partecipe. Non è rivolto al passato ma la futuro, non guarda alle mancanze ma alle possibilità, non sottrae ma lascia manifestare, non contiene ma lascia e si lascia esplorare. Non si posa (e focalizza) sul problema, ne sulla soluzione, ma si dischiude al cliente. “Poche parole sussurrate con gli occhi a volte valgono più di altrettante, dette con le labbra.”J.P. Malfatti 1) Maria Pia Arrigoni, Psicologa e Psicoterapeuta. Sguardi dell’Adulto, in Sguardi dal bambino per il bambino, atti 4°seminario regionale coordinamenti pedagogici provinciali dell’Emilia-Romagna, 2007 2) Rubin, Zick – Measurement of romantic love. Journal of Personality and Social Psychology, Vol 16(2), Oct 1970, 265-273. (L’esperimento consisteva nel porre a delle coppie una lunga serie di domande per cercare di capire quanto si amavano l’un l’altro. Le coppie venivano poi fatte attendere in una sala e gli veniva detto: ‘lo sperimentatore sarà tra voi tra pochi istanti’ … Nell’attesa delle telecamere nascoste registravano quanto tempo le coppie si guardavano negli occhi. Si è verificato che, al più alto punteggio totalizzato dalla coppia col primo test, corrispondeva più tempo passato a guardarsi negli occhi l’uno l’altro.)
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