Take a fresh look at your lifestyle.

Professione Coach – 4° Survey

Gestire il pregiudizio e migliorare l’ascolto profondo in sessione Quarto appuntamento con la survey di Teri-E Belf. Appuntamento reso ancor più coinvolgente dalla singolarità degli ambiti esplorati, in alcuni casi del tutto inaspettati. Le risposte documentano come il lavoro del coach sia frutto di autodisciplina e allenamento per “contenere” giudizio e controllo, e per migliorare l’ascolto profondo lasciando massimo spazio al mondo del coachee. Cosa annoia o si rivela poco interessante per un Coach in una sessione di coaching?In un certo senso, questa domanda spiazzante per il presupposto (neanche tanto implicito) che durante la sessione sarebbe possibile scivolare nel disinteresse o nella noia ha stimolato diverse opzioni di risposta: la deviazione dall’argomento principale (obiettivo di sessione) da parte del coachee stesso, le persone logorroiche, l’insistenza, le informazioni superflue, la ridondanza, le domande ripetute. Ma anche l’ambiente circostante ha la sua parte. Ad esempio quando le sessioni avvengono in luoghi chiusi, oppure in ambienti con un arredamento scarno e scontato. ma la maggior parte degli intervistati dichiara che non ci sono elementi che annoiano, in sessione tutto è funzionale ad attivare risorse utili. Certamente risulta utile mantenere un costante ascolto attivo. Grazie ad esso possono emergere parole, frasi attinenti al valore, alle convinzioni..ecc.,“ganci” utili per sviluppare domande potenti e riportare il coachee sull’obiettivo di sessione. E cosa rischia di condurre la mente del Coach a navigare durante una sessione?Insomma cosa lo distrae? Una domanda questa, che pone l’accento sulla capacità del coach di mantenere costante l’attenzione su di sé, durante tutta la sessione. Le risposte indicano che motivo di deconcentrazione può essere la ricerca “della” domanda da porre, anziché lasciare che questa affiori liberamente sulla scia della connessione con il cliente. La distrazione può anche presentarsi come accoglienza di uno spazio simbolico, quel flusso che si genera quando si formulano domande non preconfezionate, domande profonde ed efficaci. Ma può anche accadere che un ricordo, un’immagine o una metafora del coachee attivi un ricordo o un’immagine del coach e causare di conseguenza, una sospensione di attenzione, un mancato ascolto. Infine un ulteriore elemento di distrazione è attribuito a lungaggini linguistiche, spiegazioni inutili, fuorvianti, dispersive che allontano il coachee dall’obiettivo. E il coach che rapporto instaura con la sua “ombra” durante la sessione di coaching?Ombra intesa per alcuni come un lato oscuro, un ostacolo, un alleato. Alcuni ammettono di avere con “lei” un patto di non-belligeranza, di esserne accompagnati, di darle luce, di esserci in simbiosi, di non pensarci troppo per non perdere in naturalezza e flusso. Se si offre il coaching a un familiare o a un amico, di che cosa si deve essere consapevoli?Un tema critico che affronta la necessità della giusta distanza da mantenere durante un percorso di coaching, indipendentemente da rapporti familiari o amicali. Le risposte individuano il rischio soprattutto di cadere nelle dinamiche relazionali, nell’eccessivo coinvolgimento emotivo, nel reciproco influenzamento che potrebbe penalizzare l’esplorazione, la scoperta, la consapevolezza di nuove opzioni, perché influenzata dalla conoscenza della situazione. Inoltre la sessione potrebbe prendere le sembianze di una solita chiacchierata, con il rischio di offrire consigli e suggerimenti. Rischio più forte quando si è coinvolti emotivamente o quando vengono toccati argomenti sui quali si è in disaccordo nella realtà. Risulta un antidito ascoltare come se fosse la prima volta che si affronta un determinato argomento, anche se noto, assicurando un’imparzialità nell’ascolto e una distanza emozionale nonché una maggiore chiarezza, in sede di contratto, per stabilire i rispettivi ruoli e definire la metodologia del coaching. Certamente utile tanto allenamento e self coaching senza escludere la possibilità di chiedere sostegno, di farsi affiancare o sostituire da un altro coach. Utile prestare attenzione al pregiudizio e non cedere alla tentazione di sapere già cosa l’amico o il familiare sta per dire. Definire molto bene il contratto, parlare poco, attivare la curiosità, seguirli nelle loro esplorazioni, abbandonando la certezza di avere una qualche forma di controllo sulla loro mappa del mondo. In che modo i principi e i valori spirituali del coach contribuiscono a tessere la trama del suo coaching?Per i Coach intervistati sono aspetti sempre presenti, imprescindibili, non possono essere imposti o né rinnegati, definiscono lo stile del “far coaching”, contribuiscono all’accoglienza e all’essere rispettoso dei principi del coachee, dei suoi tempi e dei suoi silenzi. Teri-E Belf, introduce l’ultima domanda della survey con una piccola metafora: un pesce non sa che vive in acqua, per lui quella è la sua realtà. Ognuno vive all’interno della propria visione del mondo che a volte inconsapevolmente, può influenzare il coaching. Per esempio: un Coach potrebbe chiedere: “Qual è la differenza tra la maestria e la mediocrità?” , domanda che riflette una visione del mondo che evidenzia la disparità tra le parti. Un altro Coach potrebbe chiedere: “Qual è il legame tra la maestria e la mediocrità?”. Formulata in questo modo, questa domanda rappresenta una visione del mondo che evidenzia l’armonia delle parti. Un terzo Coach potrebbe proporre la domanda attraverso gesti delle mani e dire mentre apre una mano “mediocrità?” E mentre apre l’altra mano invece, “maestria?”, con il suggerimento non verbale di confrontare entrambi i concetti. Come può il coach aumentare la consapevolezza della sua parzialità personale rispetto al proprio modello del mondo, per migliorare la sua obiettività e la neutralità quando fa coaching?Le risposte mostrano quanto la domanda sia “potente” e indicano come possibile strada da percorrere il prendersi del tempo, una pausa anche di secondi, tra una fase e l’altra, che funzioni da setaccio per aumentare la consapevolezza sui propri condizionamenti individuali e su quanto potrebbero essere presenti e influenzare la sessione. Si rivela utile ascoltare attentamente il linguaggio e le metafore scelte dal cliente per esprimere un concetto, un pensiero, soffermandosi su quanto lui stesso ne sia consapevole.

I commenti sono chiusi.