La metafora della carezza

Il Riconoscimento nel Coaching e nell’Analisi Transazionale. Celebrare il successo di un coachee, riconoscere i suoi progressi, sottolineare i suoi talenti e le sue capacità sono tutti esempi di carezze positive e sono aspetti fondanti del processo di coaching. La capacità di dare e ricevere carezze può essere metaforicamente considerata una competenza trasversale rispetto a molte di quelle richieste al coach e ampiamente declinate da ICF. Il concetto di “carezza”, che nasce nella teoria dell’Analisi Transazionale ed è particolarmente presente nelle opere di Eric Berne e Claude Steiner, indica un’unità di riconoscimento che procura stimoli ad un individuo. Rene Spitz ha notato che i neonati privati di stimolazioni fisiche tendono al declino che li rende più vulnerabili alle malattie e li conduce alla morte. Eric Berne ne ha concluso che per la sopravvivenza dell’organismo umano la fame di stimoli ha la stessa importanza della fame di cibo*. La scelta di Berne del termine carezza si riferisce proprio al bisogno infantile di essere toccati che non scompare nel corso della vita quando, pur anelando il contatto fisico, impariamo anche a sostituirlo con altre forme di riconoscimento. Un sorriso, un complimento o al limite anche un insulto o un’occhiataccia sono tutti comportamenti che ci mostrano che la nostra esistenza è stata riconosciuta**. Le carezze, infatti ci giungono in forme e modi diversi: quelle positive trasmettono il messaggio “tu sei ok” e si concludono con una sensazione di benessere in chi le riceve, Steiner chiama queste carezze “caldo morbido” proprio per descrivere questa sensazione. Le carezze negative sono invece dolorose e trasmettono un messaggio “tu non sei ok” e spesso si concludono con una spiacevole sensazione in chi le riceve, Steiner le chiama “Freddoruvido”***. Sempre secondo Steiner i genitori tendono a inculcare nei loro figli cinque regole restrittive rispetto alle carezze: – Non dare carezze quando ne hai da dare – Non chiedere carezze quando ne hai bisogno – Non accettare carezze se le vuoi – Non rifiutare carezze quando non le vuoi – Non dare carezze a te stesso L’insieme di queste regole costituisce “l’economia delle carezze”**** che garantisce ai genitori il monopolio delle carezze e quindi un controllo maggiore sui propri figli che, per ottenerle, iniziano a comportarsi secondo il volere dei genitori. Da adulti, sostiene Steiner, continuiamo ad obbedire inconsapevolmente a queste regole e trascorriamo la nostra vita in uno stato di parziale deprivazione di carezze in cui queste continuano ad essere considerate un “bene disponibile in quantità limitata”. Nella relazione privilegiata che si instaura tra coach e coachee l’economia delle carezze viene sovvertita e già dal primo momento inizia a crearsi lo spazio e il tempo per innumerevoli carezze, intese come metafore di riconoscimento. Già solo l’ascolto attivo del coach, così come declinato nelle competenze esplicitate da ICF***** può definirsi, sempre in senso metaforico, “pregno di carezze” in quanto il coachee viene continuamente riconosciuto dal coach sia attraverso il verbale (riformulazioni, incoraggiamenti, esplorazioni) che nel non verbale (rispecchiamento, cenni della testa etc) . Le carezze positive, o i caldo morbidi per riprendere la definizione di Steiner, sono disponibili in maniera illimitata durante il processo di coaching: i comportamenti funzionali al raggiungimento degli obiettivi, i risultati raggiunti, le risorse interiori e i talenti vengono continuamente accarezzati e quindi rinforzati dal coach con lo scopo di creare consapevolezza nel coachee. Fonti: *Eric Berne, Games People Play, Grove Press – New York 1964 **Ian Steward, Van Joines, L’analisi transazionale, Garzanti 1990 ***Claude Steiner, Scripts People Live: transactional Analysis of Life Script, Grove Press – New York 1974 ****Claude Steiner – L’alfabeto delle emozioni, Sperling e Kupfner Milano 1999 *****Cfrhttp://www.icf-italia.org/fic/?p=43
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