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Il modello AB ArmoniaBenessere. Un approccio di coaching olistico

Per Jung il Sé era il luogo degli archetipi che tutta l’umanità condivide e a cui attinge per dare un senso a ciò che sta vivendo Il coaching, a differenza di altri approcci, lavora sul presente in vista di un futuro desiderato. In realtà, a nostro avviso, considera anche il passato nella misura in cui rappresenta la base del radicamento nel presente. In esso sono contenute le esperienze che ci hanno consentito di essere quel che siamo, di ottenere quel che abbiamo e nella misura in cui ha contribuito a creare la nostra forma mentis, le convinzioni, le credenze, i valori, gli schemi mentali e d’azione, continua a rinnovarsi e riattualizzarsi anche nel presente e a dare forma al futuro. Esso, inoltre, concorre a creare la cornice interpretativa della nostra storia. Nel passato ci sono tutte quelle esperienze in cui abbiamo potuto conoscere noi stessi, metterci alla prova, avere successo, così come fallire. Tali esperienze hanno contribuito a creare fiducia, autostima, autoefficacia, autorealizzazione, soddisfazione, felicità anche nell’oggi. Se è vero che il passato non si cambia, e in quanto tale non è oggetto di lavoro nel coaching, è possibile, però, osservarlo per poter trarre gli insegnamenti che possono essere utili nell’oggi per arrivare al futuro desiderato. Inoltre, nel presente è possibile lavorare ad una rilettura e reinterpretazione del passato, in modo che la propria storia diventi creativa, costruttiva, potenziante. Si tratta di ritornare ad essere protagonisti e responsabili della propria vita, a partire dal presente. Schematicamente, possiamo riassumere così la nostra visione temporale: Passato Su cosa posso contare? Chi sono? Come voglio essere? Presente Cosa ho imparato? Di cosa ho bisogno? Cosa desidero conseguire? Quali sono i miei talenti? Futuro Come mi interpreto nella mia storia? Cosa voglio? Cosa voglio dare? C‘è un influsso reciproco e multidirezionale tra le diverse fasi temporali: il passato influenza il presente, ma il presente influenza anche la rilettura del passato, il presente influenza la pianificazione e realizzazione del futuro, ma il futuro dà anche una direzione al presente, il passato può continuare a influenzare anche il futuro, soprattutto se non passa attraverso una rilettura consapevole del presente, e il futuro può influenzare il passato e la sua revisione. Tali distinzioni temporali sono separate solo ai meri fini descrittivi, in realtà, in una lettura temporale che va oltre i limiti imposti dalla percezione di kronos, per approdare a kairos, esiste un unico momento, che riassume in sé passato-presente-futuro: l’istante attuale. Allo stesso modo, nella nostra concezione olistica la persona è un tutt’uno, con se stessa, con il mondo, a livello spaziale, così come temporale. La divisione è arbitraria e fittizia, ai soli fini descrittivi. Come appena esplicato, anche il tempo è un continuum unitario. Nel modello ABC di coaching olistico fondamentale è la consapevolezza di sé, e di riflesso anche degli altri e del mondo. Ciò che ci circonda ci rappresenta è come uno specchio che parla di noi. Conoscere sé è conoscere gli altri, conoscere gli altri è conoscere sé, in un rimando reciproco continuo e costante. Un buon coach olistico non può prescindere dalla consapevolezza di sé: è un’attività a cui deve dedicarsi prima, durante, dopo l’assunzione della sua veste professionale. E’ un dovere etico, morale, umano rispetto a cui non può e non deve sottrarsi. E’ una meta ideale a cui tendere e verso cui impegnarsi fintanto che desidera svolgere la professione di coach (ma se lo desidera anche oltre). Il bravo coach olistico sa che non esiste una soluzione di continuità tra vita privata e professionale, che l’umanità sottostante è ciò che segna la nota di fondo che lo accompagna in tutte le esperienze che compie. Per questo deve impegnarsi a coltivare la sua consapevolezza in ogni sfera della sua vita e in ogni momento della sua giornata, 24 ore su 24, giorni festivi compresi. Sinteticamente, il cuore della nostra visione: Essere Fare Conoscenza e consapevolezza di sé e del Sé Relazione La conoscenza di sé, come identità, rappresentazione, insieme di ruoli, produzioni mentali, emozionali, sensoriali, percettivi, corporei è un processo che accompagna per tutta la vita. Dopo i 30 anni, circa, le domande guida “Chi sono io?, cosa voglio nella vita?”, si affiancano ad altre più ampiamente esistenziali e spirituali del tipo “Cosa vuole la Vita (l’Universo, Dio, Buddha, Maometto, ecc.) da me? Quale è la mia missione su questa terra?”. Queste ultime attengono all’area del sé, dove è racchiuso tutto ciò che riguarda la nostra Essenza ultima, non più solo individuale, ma anche e soprattutto universale. Per Jung il Sé era il luogo degli archetipi che tutta l’umanità condivide e a cui attinge per dare un senso a ciò che sta vivendo. E’ il luogo del senso ultimo dell’esistenza. Riteniamo che una vita veramente degna di essere vissuta non possa prescindere da questa ricerca ultima di senso, che fornisce le linee guida, la nota di fondo che orienta ogni piccola e grande scelta quotidiana. Se nella prima fase della vita terrena ciascuno compie un lavoro maggiore sul sé, in modo da diventare consapevole delle sue risorse, talenti, limiti, desideri, ambizioni, aspettative, in un secondo momento si arriva a rendersi conto che è, in realtà, il Sé il vero regista ultimo dell’esistenza, rispetto a cui il sé deve inchinarsi e mettersi a servizio. Il sé ha margini di libertà e responsabilità proprio in tale contesto, può scegliere se aderire alla chiamata, se adempiere la sua missione e le modalità in cui farlo. Qui si può esplicare tutta la creatività, l’autonomia, la motivazione possibile che possono condurre alla realizzazione ultima, che si concretizza nel mondo, nella vita privata e professionale, ma che riesce anche ad andare ben oltre queste. Tenere presente questa cornice teorica è fondamentale per il coach, al fine di facilitare proprio tale processo di conoscenza, consapevolezza, svelamento, accettazione di sé, del Sé, del cliente e consentire a quest’ultimo di fare altrettanto. Solo in tale interpretazione possono sorgere degli obiettivi di coaching realmente autentici, sentiti, realizzanti della natura ultima di ciascun cliente. Altrimenti il rischio è quello di agire per obiettivi non sentiti, stereotipati, “di moda”, elaborati solo cognitivamente e/o emozionalmente, o suggeriti dall’esterno. Intorno alla conoscenza di sé e del Sé ruotano l’Essere, il Fare, la Relazione. In realtà, anche in questo caso, la separazione è del tutto arbitraria, ai soli fini descrittivi. L’esistenza, il lavoro di coaching, al pari dell’essenza umana e universale sono un tutt’uno, inestricabilmente connessa nelle loro molteplici sfaccettature e costantemente sotto l’influsso reciproco. L’Essere: in questa sfera ricadono i talenti, le risorse, le credenze, le convinzioni, i valori, tutto ciò che attiene all’immateriale e che si sente come costitutivo. L’Essere si declina, si alimenta ed è alimentato dal Fare: quando ci sono consapevolezza, autenticità, fluidità, il Fare scaturisce in modo naturale, senza sforzo, come moto incondizionato, quasi come se fosse un bisogno espressivo incoercibile. Nel Fare ci sono l’impegno, la motivazione, la costanza, la perseveranza, ma anche l’essere fuori dal tempo e dallo spazio quando si è completamente immersi in un atto creativo, espressivo, costruttivo di sé e del mondo. Nel Fare vi è tutto ciò che piace, che coinvolge, che viene bene. C’è un Fare individuale e collettivo, un fare privato così come sociale e professionale, profit e non profit, un contributo esclusivo per sé così come un servizio per il mondo. Così come l’Essere orienta, motiva, alimenta il Fare, anche il Fare nutre l’Essere, come esperienza, apprendimento, autoefficacia, autorealizzazione. Essere e Fare, a loro volta, si esplicano in un contesto che è sempre e comunque relazionale: non si può prescindere dalla Relazione, con sé, con gli altri, con il mondo. Tutto è relazione, indipendentemente dalla presenza di altre persone, si è sempre in relazione. Tutto nasce e ritorna nella relazione. Nel processo di coaching si sperimenta la possibilità di una relazione autentica, accogliente, riservata, protetta in cui mettere alla prova e conoscere l’Essere, il Fare, la Relazione stessa, che sono gli assi portanti di ogni esistenza, indipendentemente che si declinino nella vita privata o professionale. Il continuum tra le sfere è costante e continuamente percepibile. Il cliente in tale frangente ha la possibilità, tra l’altro, di sanare le fratture nella sua esistenza interna ed esterna e sviluppare una profonda coerenza interiore, che si può anche manifestare all’esterno. La dimensione temporale passato, presente, futuro, così come il processo di conoscenza di sé, Sé, Essere, Fare, Relazione, sono nodali e costanti attraverso tutte le fasi del modello Grow (modello di J. Whitmore n.d.r.), che viene completato da tali fattori che lo incorniciano e lo integrano, all’interno di un contesto più vasto e profondo di senso. Nella fase iniziale (G) di definizione dell’obiettivo spesso si assiste a manifestazioni di confusione, disorientamento, incoerenza tra i piani esistenziali, mancanza di autenticità. Per il lavoro sulla consapevolezza del proprio sentire, le risorse interiori, i talenti, i valori, la missione di vita può essere una risorsa importante per definire degli obiettivi realmente sentiti, autentici, motivanti, soddisfacenti, realizzanti. D’altro canto anche nella fase successiva (R) la consapevolezza della situazione attuale, delle risorse disponibili, delle opportunità, dei limiti, delle occasioni, degli ostacoli è fondamentale, considerato che la risorsa principale di cui il coachee dispone è se stesso. Tale consapevolezza si nutre sul piano dell’Essere, del Fare, della Relazione anche nella fase seguente (O), in cui si elencano le opzioni disponibili. Talvolta scovando e superando delle convinzioni limitanti si possono rinvenire risorse e possibilità altrimenti oscure. Nell’ultima fase (W) l’impegno, la volontà, la responsabilità non solo passano attraverso l’Essere, ma anche il Fare (anche un atto linguistico è un’azione), così come nella Relazione: l’impegno è di fronte a se stesso, ma anche al cospetto del coach, e al Sé (o trascendente). Aggiungiamo a tale schema, come evidenziano correttamente, Pannitti A. e Rossi F. anche la fase di monitoraggio, che dovrebbe accompagnare tutto quel che attiene al piano di azione, per eventuali modifiche in itinere, così come a posteriori. Schematicamente, la nostra visione: Goal: quale è l’obiettivo? Essere, Conoscenza di sé e Sé e potenziamento, Fare Reality: come é la realtà? Option: quali sono le scelte possibili? Will: cosa farò? Relazione – Monitoraggio: a che punto sono?|||

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