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Il cappello sul banco

Dopo la neve, la pioggia e con la pioggia una riflessione… Ripercorro la mia esperienza di insegnante in un Istituto professionale femminile, la prima volta dall’altra parte della cattedra, non solo arredo funzionale, ma simbolo di un conflitto generazionale e di ruoli per eccellenza. Ma come si vive il conflitto quando si traduce in appena 10 anni di differenza con le tue alunne? Quando colleghe e colleghi ti scambiano per una ragazza nuova alunna? Quando la frase di esordio dei genitori ai colloqui è: “Come è giovane, professoressa, potrebbe essermi figlia anche lei!”? Ho cercato di tradurre il senso di inadeguatezza in responsabilità e il grande entusiasmo nel coraggio di fare ricorso a competenze nuove. Ecco cosa è accaduto il “primo giorno di scuola”. I colleghi mi hanno subito tracciato un quadro delle classi, definendo la 1 C come la più difficile dell’Istituto, con tanto di etichette per nomi e cognomi degli elementi di spicco; nemmeno a dirlo, le mie prime 2 ore da insegnate sono state proprio in 1 C… Entrando in classe ho notato subito che una ragazza portava il cappellino sulla testa, e non ho impiegato molto a scoprire che faceva parte della “lista nera” dei miei colleghi, poichè l’assenza di giudizio era una delle competenze nuove a cui potevo fare ricorso, ho deciso inizialmente di ignorare la cosa. Dopo le presentazioni di rito e l’introduzione alla materia, ecco arrivare il momento di iniziare la lezione vera e propria. Se io dovevo indossare il cappello di insegnante, quella ragazza doveva togliere il suo, ma come indossare quello della Maestrina dalla penna rossa del libro “Cuore” e non quello della Signorina Rottenmeier di “Heidi”? Io:” Cosa faremo ora?” Alunna: “Scriveremo e studieremo”. Io: “Per regola il cappello in classe non si dovrebbe indossare, ma se mi dai tre motivazioni per cui ti potrebbe essere utile nello scrivere e studiare, per oggi, facciamo un’eccezione!” La ragazza ha risposto semplicemente togliendosi il cappello. La fiducia nelle sue risorse è stato l’elemento chiave, e il fatto di aver trovato da sola la sua soluzione, ha fatto sì che quella ragazza “difficile” non solo non indossasse più il cappello, ma diventasse anche un’alunna brillante e un modello per le altre.

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