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Identità di coach: lentusiasmo della partenza

“Da grande farò la psicologa!” A otto anni avevo già le idee chiare. Capperi che bambina determinata! Psicologa lo sono diventata e ringrazio me stessa per esserci riuscita e per aver realizzato quel mio sogno che ho coltivato pazientemente per anni, anni e anni… Ora che sono grande, ma non abbastanza, mi dico: “Da grande farò la coach!” È il mio obiettivo attuale e se, con la tenacia e la caparbietà di una piccola bimba ho realizzato chi volevo essere, chi volevo diventare, cosa volevo fare, figuriamoci ora che di tenacia e caparbietà ne ho immagazzinata tanta. La prima volta che incontro il Coaching è durante un seminario presso la sede dell’Ordine degli Psicologi del Lazio. Coaching? Chi è questo sconosciuto? Apprendo con piacere e con curiosità che è una disciplina nuova che si è affacciata in Italia solo da pochi anni, che nasce e contemporaneamente si evolve nello sport e che tutt’oggi si sta sviluppando a macchia d’olio poiché, raccontano, chi abbraccia il Coaching non lo lascia più. Bene! “Ora che l’ho conosciuto”, mi dico, “non lo lascio neppure io!” Navigando su internet, scopro un mare di porti, di barche, di scogli e di spiagge che non conoscevo riguardanti questo, per così dire, “Carneade manzoniano”. Mi lascio travolgere da questo uragano durante il mio viaggio e ad oggi non è ancora il tempo per dire di essere arrivata al porto finale, alla concretizzazione del mio sogno, perché credo che un porto finale probabilmente non ci sarà mai, poiché il Coaching è il viaggio, io sono la nave, il mare è tutto quello che c’è da sapere. Certo, perché senza la formazione e l’aggiornamento continuo non si va avanti, ma, credo, neppure senza la pratica. Come durante una sessione di Coaching, durante il processo, si toccano quelle corde visive, uditive, cinestesiche per cui il coachee è quello che è, ma ad un certo punto si accorge che può diventare ciò che vuole, ciò che ha sempre desiderato. Lo capisce lì,hic et nunc, durante la sessione, all’interno del processo di cui ignorava l’esistenza. È lì che il suo divenire si svela in un processo nel corso delle sessioni di Coaching. È lui che decide quante sessioni, quale modo, il luogo, il tempo. Conosce l’obiettivo che vuole raggiungere. L’mportante è saper riconoscere i propri indicatori e riconoscere consapevolmente i risultati che vuole ottenere. Cosa significa? Significa che per diventare ciò che si vuole basta vedere la quercia dove prima c’era la ghianda (Sir John Whitmore). Ora il Coaching è per me una guida, un diario che porto sempre con me. Mi adempie, mi da slancio, perché ora riesco a calibrare e ad utilizzare le domande potenti per far emergere consapevolezza; domande che “attraversano” le persone, le illuminano, ma non le giudicano. Domande che fanno esplodere l’insight, domande che fanno arrivare alla pianificazione di meravigliosi piani d’azione e al progetto di un nuovo percorso di vita che prima non c’era, o era poco chiaro. Arrivata a questo punto credo davvero di aver raggiunto quella consapevolezza che stavo cercando. So che voglio diventare un coach, anzi che voglio essere una coach, ma non un coach qualunque bravissimo e presente, no, voglio di più… Voglio che il Coaching rappresenti per me il vestito da indossare nelle occasioni che lo permettono. Un vestito tagliato e cucito appositamente per me. Il vestito che mi stia bene, che mi dia fiducia, che mi metta nelle condizioni di sentirmi a mio agio. Voglio avere la mia libertà, la mia identità. Quante volte al giorno ci diciamo “Sono ciò che sono…” A volte ce lo diciamo troppe poche volte, perché spesso siamo focalizzati sui giudizi degli altri. Oggi (scrivo) che sono ciò che sono perché ho trovato la mia identità… Identità di coach… Sono una coach… Mi piace ripeterlo spesso: “Sono una coach!”… Adesso sorrido anche perché fuori dalla finestra, per le strade di Roma, lungo il Tevere, riesco a vedere la mia barchetta che oscilla in mezzo all’acqua, che se ne va a zonzo prendendo il largo, verso il mare e poi verso l’oceano, che sa da dove è partita, sa quando è partita, sa dove vuole arrivare e ha con se i migliori marinai, che poi sono gli strumenti, per arrivarci… Ma in realtà, dove vuole arrivare? In realtà vuole solo navigare per incontrare altre barche, per soffermarsi in altri porti e poi ripartire ancora, per poi tornare al punto di partenza un giorno carica del suo vissuto, felice per tutto ciò che ha conosciuto, per tutto ciò che è diventata, per tutto ciò che ha fatto, per tutto ciò che è e che sempre sarà…

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