Confini

Salmo – Wislawa Szymborska Oh, come sono permeabili le frontiere umane! Quante nuvole vi scorrono sopra impunemente, quanta sabbia nel deserto passa da un paese all’altro, quanti ciottoli di montagna rotolano su terre altrui con provocanti saltelli! Devo menzionare qui uno a uno gli uccelli che trasvolano, o che si posano sulla sbarra abbassata? Foss’anche un passero, la sua coda è già all’estero, benché il becco sia ancora in patria. Tra gli innumerevoli insetti mi limiterò alla formica, che tra la scarpa sinistra e la destra del doganiere, non si sente tenuta a rispondere alle domande “Da dove?” e “dove?”. Oh afferrare con un solo sguardo tutta questa confusione, che regna su tutti i continenti! Non è forse il ligustro che dalla sponda opposta Contrabbanda attraverso il fiume la sua centomillesima foglia? E chi se non la piovra, con le sue lunghe braccia sfrontate, viola i sacri limiti delle acque territoriali? Come si può parlare d’un qualche ordine , se non è nemmeno possibile scostare le stelle e sapere per chi brilla ciascuna? (…. ) Solo ciò che è umano può essere davvero straniero. Il resto è bosco misto, lavorìo di talpa e di vento. In questa poesia la poetessa polacca esplora in modo straordinario il significato di confine. Che cos’è il confine se non la tendenza esclusivamente umana di distinguere ciò che ci appartiene da ciò che appartiene a qualcun’altro? Al primo caso, ciò che ci appartiene, si dà un’importanza rilevante. Il secondo caso è caratterizzato per lo più da disinteresse. Una ferma presa di posizione dei propri confini può talvolta degenerare in conflitto. Abbiamo purtroppo molti esempi di conflitto nella società civile, nelle organizzazioni aziendali, nella vita privata. Conflitto interno, conflitto esterno, conflitti non esplicitati, conflitti di ruolo, conflitti personali. Il denominatore comune di questi esempi è la forte pulsione comportamentale incentrata sull’individualismo. Confine territoriale quindi, ma anche confine mentale. In che modo possiamo prendere spunto da questa poesia e dall’irriverente disinteresse della natura al bisogno dell’uomo di controllare, catalogare e dare appartenenza, per allargare i nostri confini, i nostri orizzonti mentali?
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