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Baby boomers: limpegno e la magia

I primi segnali della crisi in corso risalgono al 2008. E’ unanimemente condiviso che sia globale e tutto fa pensare che sia anche di sistema. Quindi, per uscirne, bisognerà cambiare le regole del gioco e, affinché tale cambiamento sia veramente concreto e duraturo, i costumi, le abitudini e gli obiettivi di ciascuno di noi. Insomma, parliamo di vita e di cultura e io credo veramente che le regole del gioco saranno finalmente, realmente diverse solo dopo che ciascuno di noi avrà modificato atteggiamento e contenuti riguardo ai propri comportamenti, convinzioni e valori. Cambiamo noi stessi per cambiare il nostro mondo! Da dove possiamo cominciare? Uno dei grandi problemi dell’occidente è rappresentato da quello che i demografi chiamano “il maiale nel ventre del pitone”; tradotto, l’enorme curva demografica rappresentata dai nati fra il 1945 ed il 1965 (prima si moriva per guerre o malattie e dopo si è smesso di procreare). Questa generazione, la mia generazione, ha il merito di avere completato la ricostruzione e consolidato lo sviluppo dopo due guerre mondiali, ma ha pure la grande responsabilità di essersi arresa all’egoismo più cieco, all’avidità, al culto dell’effimero, alla rateizzazione della felicità (o alla felicità della rateizzazione…?) e al cerchiobottismo morale. E soprattutto questo mix di egoismo, edonismo e spregiudicatezza ci ha condotto alla crisi di oggi. Siamo noi ad averla inventata, coltivata e profondamente radicata nel nostro mondo. In aggiunta, il sistema che abbiamo creato, tende a destinare alla nostra generazione, la maggior parte delle risorse economiche residue, garantendoci pensioni e altri privilegi che nessuno, dopo di noi, potrà più permettersi. Con questo articolo desidero dare un piccolo contributo e sostenere l’invito di Bill Keller, direttore del New York Times, lanciato con una sorta di manifesto intitolato “The Entitled Generation” – “La Generazione Privilegiata”. Adesso, oggi, in questo momento, abbiamo la possibilità di ritrovare la gioia del fare anche per gli altri, di riscattare i mostri che abbiamo costruito, di dare a questo mondo un calore, un odore ed una colonna sonora migliori, di essere con e per le nuove generazioni (i nostri figli e nipoti) un aiuto ed un modello. Cosa dobbiamo fare? Rimboccarci le maniche, rinunciare ad una parte dei privilegi acquisiti con la gioia e l’entusiasmo dei consapevoli e dare il nostro contributo di esperienza, di capacità e di lavoro guidati da valori diversi: dal valore dell’utilità per gli altri e della solidarietà, dal valore della semplicità, dal valore del benessere sano, dal valore dell’onestà. Il disastro che abbiamo creato è tale che rischiamo di fare bella figura con poco sforzo. Concretamente? Potremmo per esempio pensare a degli impegni sistematici di lavoro gratuito part time per i primi 3-5 anni della nostra pensione: formazione per gli immigranti, ambiente, aiuto agli anziani fragili, aiuto nelle scuole, affiancamento ai giovani nell’introduzione sul mondo del lavoro, riqualificazione professionale, servizi comunali, controlli antievasione fiscale, asili e chi più ne ha più ne metta. Pensate che incremento di produttività, che innalzamento delle competenze, che benessere sociale verrebbero da un’iniziativa del genere! E ancora, potremmo destinare (chi se lo può permettere) una parte dei nostri contributi e/o della nostra pensione a società finanziarie votate ad investire nella creazione di nuove imprese, nella ricerca e sviluppo, nella salvaguardia dell’ambiente: un po’ di finanza sana gestita da noi. Nessuna forma di volontariato o filantropia, ma un patto generazionale nell’ambito di un sistema strutturato e integrato nel tessuto imprenditoriale, nella pubblica amministrazione, nel sistema scolastico. Nessuna Onlus o Cooperativa, spesso centri benemeriti di aiuto e solidarietà, ma altrettanto frequentemente, organizzazioni a fini di lucro mascherate e tollerate. Si, questa può essere la magia di un nuovo impegno; un vero cambiamento di paradigma! Non si tratta di rinunciare a qualcosa, ma di allargare il nostro orizzonte: dal perimetro delle mura domestiche a quello del mondo in cui viviamo; dovremmo avere imparato che siamo parte di un insieme e se l’insieme si ammala, prima o poi il contagio arriva ovunque! La miglior forma di egoismo, probabilmente, è lavorare anche affinché l’insieme rimanga sano e ci protegga! Si tratta semplicemente di ridistribuire una parte del superfluo con intelligenza e lungimiranza; partendo da noi e costringendo le istituzioni ad adeguarsi. E’ una responsabilità e una sfida prima di tutto della nostra generazione e accettarla e partecipare è già una piccola forma di vittoria!

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