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Valorizzare l’ascolto

Prevenire il ripetersi dei “soliti film”.

Comunicare non è solo la capacità di esprimere adeguatamente quello che vogliamo dire, ma è anche la capacità di esercitare un ascolto altrettanto consapevole.
Consapevole, per esempio, dei segnali di stop di cui abbiamo parlato nell’articolo precedente.

A volte non abbiamo un reale interesse per l’ascolto del nostro interlocutore, altre volte c’è qualcosa – di personale o ambientale – che ci distrae.
Infine, condizione molto frequente, stiamo ascoltando qualcos’altro – una nostra preoccupazione o un nostro pensiero relativo a quello che ci stanno dicendo e ci troviamo così in una situazione di attenzione divisa.

Le certezze tossiche.

In quest’ultimo caso è abbastanza frequente che ci troviamo in co-presenza con una “certezza tossica”.
Ossia ascoltiamo ma“sappiamo già come va a finire”. In questi abbiamo una situazione di blocco, ossia siamo in comunicazione ma non c’è davvero un flusso bidirezionale di informazioni.

La forza del riassunto.

Se vogliamo verificare com’è la qualità del nostro ascolto, interrompere ogni tanto il nostro interlocutore per riassumergli quello che ci ha detto fino a quel punto, può essere un’ottima idea.

Possiamo così verificare in tempo reale se stiamo costruendo delle distorsioni comunicative oppure se siamo in grado di lasciare davvero spazio all’ascolto.

Possiamo verificare – detto in parole semplici – se stiamo costruendo una reazione o una risposta.

Il sintomo della malattia comunicativa: lo scoraggiamento.

Quando le nostre comunicazioni sono bloccate in modalità ripetitive e disfunzionali di risposta il primo sintomo che emerge è lo scoraggiamento. Esplorarlo è davvero importante.

Cosa succede, emotivamente e nei pensieri, quando ci sentiamo scoraggiati?
Quando non ci sentiamo compresi o malinterpretati avviene una specie di crisi che trasforma il nostro interlocutore in un oggetto e non più in una persona.

Spesso è il momento in cui cerchiamo di prevedere cosa accadrà dopo.
Ed è il momento in cui affiorano i dubbi “Cosa faccio di sbagliato?”, “Cosa c’è in me che non va?”.
Sono domande inevitabili perché come ogni essere umano siamo orientati alla relazione con gli altri e una difficoltà comunicativa spesso colpisce proprio a livello del nostro senso di sé.

Ecco perché essere consapevoli di cosa accade quando siamo scoraggiati è così importante: previene il formarsi di modalità disfunzionali di comunicazione e previene il ripetersi dei “soliti film”.

La seconda chiave

La seconda chiave per una comunicazione mindful quindi è un buon ascolto.

Possiamo averla presente ogni volta, ma è importante quando ci sentiamo scoraggiati, perché lo scoraggiamento, se non affrontato adeguatamente, porta ad un blocco comunicativo.

In questi casi spesso facciamo la scelta opposta – insistiamo nel parlare e parliamo fino a sfinirci con risultati sempre più scoraggianti.

Dobbiamo percorrere la strada opposta: quella dell’ascolto.

Per sostenere il nostro ascolto possiamo fare così:

  1. Riflettere come uno specchio ciò che l’altro ci dice, validando il fatto che l’abbiamo compreso (comprendere non significa essere d’accordo, ma aver colto il significato della comunicazione altrui).
  2. Evitare di usare svalutazione e pettegolezzo nella nostra comunicazione come strumenti di rassicurazione.
  3. Trovare la qualità positiva della comunicazione e rinforzarla esplicitamente.

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