La lezione filosofica e il coaching mentale

Le dottrine di coaching affondano le radici nell’eredità filosofica, dal VI secolo a.C ai giorni nostri. I grandi pensatori della filosofia (pensiamo a Socrate, Platone, Seneca ecc.) hanno dimostrato come ci si possa realizzare, vivendo un’esistenza etica e di profondità umana. L’introduzione di dottrine che elogiano i valori dell’anima può stimolare gli individui a dare il meglio di se stessi in vista del raggiungimento di un simbolo, fondamentale prima di ogni gratificazione corporea. Come scrive Saint-Exupery, “l’essenziale è invisibile agli occhi”, e questa grande verità funge da stella cometa, da guida nell’esistenza. La vera sfida si ha con se stessi. Essendo soddisfatti di se stessi si può davvero vincere nella vita e trovare soddisfazioni che non si troverebbero nel mondo esterno. Marco Aurelio desiderava che ogni persona si concedesse del tempo per rifugiarsi nella propria interiorità. Intraprendere una vita filosofica, all’insegna anche della sua branca dell’etica (che ci invita a vincere nella vita, ma con onestà), può essere fruttuoso anche per addolcire la vita quotidiana o le vicende sportive, come sosteneva Severino Boezio. La corrente dell’esistenzialismo, capeggiata da filosofi come Heidegger, Jaspers e Sartre dimostra la particolare condizione umana con le loro derive pessimistiche. Ma alcuni autori come Nicola Abbagnano stimolano pensieri positivi sul nostro essere al mondo come persone. La scuola psicologica umanistico-esistenziale prende le mosse proprio da questo assetto filosofico, giungendo alla conclusione che la persona è un’unità di senso degna di valore e con vissuti caratteristici. In tale pratica psicologica (definibile come psicologia incentrata sul cliente), si attua un ascolto attivo capace di comprendere i più intimi bisogni degli individui, per favorire il loro processo di autorealizzazione. In questo approccio non si definisce malato il paziente, ma lo si considera sano nella sua specificità: ecco perché viene definito cliente, ossia desideroso di ottenere un certo servizio. La più recente antropologia filosofica rileva che l’uomo è portato per sua natura ad essere naturalmente filosofo. Si pensi alle meditazioni di Gehlen che passa in rassegna l’intera fisionomia del corpo umano, notando come ogni organo ed ogni parte sia funzionale al fare filosofia (es. le gambe per legarci all’esperienza terrena, l’occhio della mente per speculazioni metafisiche ecc.). Scheler e Plessner notano l’astrattezza dell’uomo capace di “dire di no” agli impulsi della natura, nella propria libertà. Esonerato dalla necessità della natura, l’uomo si presenta allora come un essere “ec-centrico”, che possiede un centro nella sua collocazione spaziale con il mondo: questo centro si presenta come un ventaglio inesauribile di pressoché infinite possibilità di agire in sé e modificare la materia circostante.
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