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Intervista a Mariana Nedelcu – Il coraggio di esprimermi

Come è stato l’inizio della tua esperienza italiana? Quando sono partita dalla Romania ho lasciato le mie tre figlie che piangevano. Non avevo nessuna certezza e non sapevo che cosa avrei trovato in Italia. Sono partita di notte, non ho potuto dormire, mi sentivo confusa, ero spaventata, ma sentivo anche il coraggio di volere cambiare radicalmente la mia vita. Non potevo tornare indietro. Per la prima volta uscivo dalle frontiere della Romania, ricordo ancora la mattina dopo, guardando il meraviglioso paesaggio dell’Austria è stato come se un velo si sollevasse dal mio cuore e io potevo vedere chiaro. Ero certa che stavo facendo la scelta giusta, anche se non conoscevo la lingua e il mio unico contatto in Italia era una amica di una mia amica. I primi tempi sono stati molto duri, ma il pensiero delle mie figlie mi ha sostenuto. Avevo sempre come me una rubrica, dove appuntavo ogni parola nuova che sentivo. Ho cominciato dai soldi e dalle parolacce. Non volevo essere imbrogliata né dire per caso grazie se qualcuno mi avesse insultata. Ascoltavo la tv, leggevo tutto quello che mi capitava davanti. Anche un bambino che seguivo è stato un mio involontario maestro, perché gli chiedevo continuamente il significato delle parole nuove. Ho cominciato presto a comprendere l’italiano, e piano piano ho trovato il coraggio di esprimermi senza sentirmi ridicola. Cosa facevi quando eri in Romania? In Romania lavoravo come ingegnere agrario, avevo un ruolo di responsabilità nella Direzione agricola. Dirigevo una squadra su tutta la Regione. Avevo fatto una carriera brillante, partendo dalla gavetta. Avevo il riconoscimento dai miei collaboratori e dai miei superiori. Ma, problemi familiari, la crisi politica ed economica, mi hanno costretta a fare la scelta di abbandonare tutto e ricominciare da zero. Dovevo mantenere da sola le mie tre figlie all’Università e con il mio stipendio non potevo farlo. La mia è stata una scelta consapevole. Quali sono le risorse interiori che ti hanno permesso di affrontare questa scelta? Sentivo il mio coraggio, mi ha aiutato la fede in Dio che mi dava una grande forza, non avevo paura di niente, ero come una cieca che andava avanti, con una grande fiducia in se stessa, consapevole che dovevo cogliere una nuova opportunità. Dovevo gettare alle spalle il mio passato e dare il meglio di me in quello che stavo per fare. Sapevo che nessuno avrebbe mai potuto rubarmi quello che ero, i miei pensieri, i miei valori. Ora vado avanti senza dimenticarmi mai i motivi per cui sono qui e questo mi dà la forza per superare i momenti difficili. L’aspetto più doloroso di questi anni è stata la lontananza dalle mie figlie, le sento spesso al telefono, ma interiormente con loro il dialogo è permanente, nella mente e nel cuore. In Italia hai svolto vari lavori, assistendo bambini, anziani, lavorando in diverse famiglie. Come sei stata trattata? Nella maggioranza delle mie esperienze, posso dire che non ero vista come una persona, ma solo come una baby sitter, badante o colf, con l’aggravante dei pregiudizi verso le mie origini rumene, una percezione umiliante. Ricordo ancora un anziano che si vantava con ironia di avere la serva ingegnere. È un paradosso, lasciavano nelle mie mani la vita dei loro familiari, dei bambini, nonni, genitori, ma mi guardavano senza darmi fiducia come persona. In altri casi, ho trovato persone meravigliose con cui ho instaurato una relazione umana di grande qualità. Con loro mi sono sentita un membro delle loro famiglie, riconosciuta per quella che sono e non per quello che faccio. Che cosa ne hai tratto da tutte queste esperienze, umiliazioni vissute comprese? Ho imparato che sono forte, molto di più di quello che pensavo di me. Niente mi ha buttato giù, al contrario è cresciuto il mio coraggio e l’ambizione di andare avanti. Era una guerra tra me e me e tutto il mondo. Io dovevo andare avanti, soffrivo, ma ero contenta di riuscire a portare avanti il mio progetto. Mi dicevo che questa è una fase di passaggio e tutto mi è servito. Io dovevo imparare la lingua italiana, lavorare con gli italiani e lo sforzo iniziale è stato anche quello di comprendere e rispettare la cultura, le tradizioni, le abitudini, i costumi di questo popolo. Anche la cucina è molto importante. L’integrazione altrimenti è difficile. Piano piano ho cominciato ad essere orgogliosa di me stessa. In questi anni le mie figlie hanno continuato a fare la loro vita serenamente, si sono laureate, una si è sposata e l’ho aiutata ad arredare la sua casa. Ho dato loro la sicurezza e la tranquillità del loro presente e del loro futuro. Sanno che possono contare su di me. Che spazio hai lasciato per te stessa in questi anni? Poco, devo dire che mi sono trascurata, ma quando leggo un buon libro e sento la mia musica mi fa tantissimo piacere. In questi anni ho scoperto di essere saggia, di avere la capacità di adattarmi, di capire che ogni esperienza insegna. Ho imparato a fare la pace con me stessa, a vivere in armonia con ciò che mi circonda. Quando andrò via, mi mancherà questo paese, sarò molto più ricca interiormente, porterò via bellezza e ricordi di vita. Cosa c’è nel tuo futuro? C’è una casa di legno, in un paese rumeno Tg-Jiu, davanti alle nostre montagne, con un bel giardino pieno di fiori, dove io leggerò, trascorrerò giornate tranquille con le mie figlie e spero con i miei nipotini. È il mio sogno, ma so che si avvererà.

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