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In viaggio con la musica e per la musica, una passione diventa il senso di una vita

Marco Anzovino, coniuga l’attività di assistente sociale presso una comunità per il recupero di Tossicodipendenti a Venezia, con la sua grande passione per la musica. Svolge laboratori musicali per adolescenti nelle scuole e nei Progetti Giovani della provincia di Pordenone e Treviso. Ha scritto nel 2010, insieme a Giampiero Perone ( Zelig, Colorado Cafè, Quelli che il calcio) uno spettacolo teatrale di comunicazione sociale “rideremo tra vent’anni”, promosso dalla Prefettura e l’Azienda Sanitaria di Pordenone, con lo scopo di far aumentare la percezione del rischio verso le dipendenze e promuovere la vita. Svolge tournee in tutta Italia ed in Europa come chitarrista accompagnatore e arrangiatore con il fratello Remo Anzovino. Marco che cos’è per te la musica? E’ un furgone su cui salire insieme ad altre persone e partire per un viaggio. E’ un mezzo per arrivare in un luogo che sono i sentimenti ed è un luogo per poterli esprimere e condividerli. Se penso alla musica penso a qualcosa di meraviglioso, impalpabile e magico. Come è avvenuto il tuo incontro con la musica? Sono nato con la musica. A casa mia ricordo che c’era sempre musica. Sia quella ascoltata su dischi e cassette sia quella delle chiacchiere, delle risate e della compagnia degli amici con cui amavano circondarsi i mie genitori. Sono stato fortunato perchè i miei genitori pur non essendo musicisti mi hanno trasmesso la gioia di fare un viaggio in macchina e cantare tutti insieme. Sono cresciuto con l’idea che la musica fosse uno strumento per stare insieme. Come è nata l’idea di unire la tua passione per la musica con il tuo lavoro? E’ stato naturale. Quando mi sono iscritto all’università ho scelto scienze dei servizi sociali perché le materie che si studiavano erano quelle che mi piacevano. Sono sempre stato attratto dalle persone, mi piace ascoltarle, senza giudicarle, voglio solo capirle. Inoltre avevo capito quanto mi facesse stare bene la musica, quanto mi avesse aiutato a vivere meglio, a vincere le mie paure e la solitudine soprattutto in adolescenza quando è facile pensare di non essere compresi e di non trovare un posto che vada bene per noi. La musica mi ha aiutato a tirare fuori le cose belle che avevo dentro e a conoscerle e così ho pensato che se aveva funzionato con me poteva funzionare anche per gli altri. Quando hai capito il potere che può avere la musica? A 14 anni frequentavo la terza media e mi sentivo solo. Non avevo grandi relazioni né con i compagni né con i docenti e spesso a quella età i genitori per definizione ti devono stare antipatici. Vivevo quindi un momento delicato della mia vita. Ho scoperto il piacere di scrivere testi grazie a Luciano Ligabue. Lui componeva canzoni su quattro accordi. Mi ha dato lo stimolo per impararli e su quegli accordi scrivevo le mie canzoni, la mia storia, le mie emozioni. Una insegnante casualmente si era accorta che durante le ricreazioni scrivevo e così e mi propose di esibirmi al saggio di fine anno scolastico. Fu un tripudio, i miei compagni salirono sul palco e mi portarono in trionfo. Allora ho capito che non erano gli altri sbagliati, ma forse ero io che facevo poco per tirare fuori qualcosa di me. Mi sono accorto che quello che cantavo erano anche i problemi degli altri. E’ stato un mezzo per far esplodere all’esterno ciò che vivevo dentro e fu una grande scoperta accorgermi che all’esterno c’era chi aveva voglia di raccogliere e condividere Come si svolgono i tuoi laboratori? In comunità lavoro con una ventina di pazienti con cui realizzo ogni sei mesi un disco e ogni estate una tournee musicale di otto date. Svolgo due incontri a settimana dove si lavora sulla stesura del testo, la composizione della musica, l’interpretazione vocale. Mentre i laboratori con gli adolescenti sono indirizzati a quei ragazzi che non studiano musica e che possono essere considerati a rischio perché magari passano la giornata al bar e non hanno molte opportunità di aggregazione positiva. Nei miei laboratori quello che conta non è tanto la musica, ma l’esperienza che si sperimenta. Spesso per loro diventa un percorso che diventa indelebile essere. Lavoro molto sui sentimenti. L’invidia ad esempio è un sentimento terribile che però può diventare meraviglioso se lo si trasforma in ammirazione o la competizione che può essere trasformata in collaborazione. Si sente spesso dire “sei stato eliminato” oppure “chi vuoi eliminare”. Io invece voglio pensare ad un gruppo di ragazzi dove si lavora insieme e nessuno viene eliminato ma ognuno viene scelto per il suo particolare talento. Nei gruppi c’è chi è bravo a scrivere, chi ha una bella voce e una bella intonazione, chi riesce a suonare: è dall’unione di tutti che nasce la magia di una bella canzone. Nei tuoi laboratori qual e il momento più difficile? L’inizio perché io devo credere in quello in cui loro non credono. Soprattutto i tossicodipendenti non credono di poter scrivere una canzone. Per cui la mia certezza deve essere molto più forte della loro sfiducia. Devo trasformare i loro non so cantare, non so scrivere, non so se riuscirò, non so suonare … in tanti so. Devo tenere alta la fiducia, io credo in loro prima che loro credano in se stessi. Qual è il momento più bello? Quando imparano e non hanno più bisogno di me. Quando mi chiamano per farmi sentire un pezzo creato intermente da loro. Proprio in questi giorni sto aiutando un ragazzo a realizzare un disco. Un ragazzo che mai aveva pensato di poter cantare, ma aveva tante cose da dire e così l’ho aiutato indirizzandolo verso uno stile musicale adatto a tirare fuori la sua rabbia. Quando penso che prima passava il tempo a bucare ogni parte del suo corpo e a distruggersi mentre adesso passa il tempo a creare e scrivere canzoni, mi sento davvero felice. Cosa si riesce ad esprimere meglio con la musica? Ciò che è più urgente. Quando il bisogno di esprimere una cosa è così forte che se non lo fai ti scoppia dentro. Quelle sono le canzone più belle. Con chi e quando funziona meglio? Non saprei… serve sicuramente a chi sta cercando qualcosa, penso ad un tossicodipendente che sta cercando di salvarsi. Ha bisogno di trovare qualcosa di nuovo dentro di se. Ripetere sempre gli stessi meccanismi può portare alla distruzione e allora diventa importante imparare meccanismi nuovi che siano costruttivi. A chi ha bisogno di esprimere i propri sentimenti. I sentimenti servono a poco se non vengono espressi perché implodono dentro. Quali sono le capacità, le abilità che metti in atto nella tua professione? Oltre a quelle tecniche e professionali è importante avere fiducia e saper ascoltare. La fiducia mi permette di credere sinceramente e fortemente in quello in cui loro non credono. L’ascolto è importante per sentire e capire esattamente le persone che ho davanti. Anche ascoltare la musica che piace a loro può essere utile per avvicinarmi alle loro emozioni e a comprenderli di più. Quali valori ti spingono in questa attività? Tanti. Ma in particolare mi viene in mente il valore del limite. Il fatto che una regola possa essere una cosa bellissima. Per chi fa una vita oltre i limiti, la musica può diventare una metafora per cogliere quanto le regole siano una cosa meravigliosa perché se le rispetti ti vengono delle canzoni bellissime Che cosa vorresti trasmettere più di tutto ai ragazzi? Che sono speciali, unici e irripetibili. Non esiste al mondo un altro come lui. Nessuno può dire “io non ho niente di speciale” perché il solo fatto di essere unici ci rende speciali. Che cosa trasmettono loro a te? Speranza e fiducia che qualunque difficoltà si può vincere. Quando realizzano la loro canzone io sento quanta vita c’è dentro ai loro occhi e allora penso che se hanno superato i loro problemi, tutti, io compreso, possiamo farlo. Questo mi fa sentire migliore. Cresco con loro. E’ un lavoro a specchio. Sono molto più forte da quando faccio questa professione. Qual è il valore aggiunto che porta la musica nella tua vita? Quello di poter raccontare la mia vita le mie esperienze. Far esplodere la vita e non sentirla implodere dentro. C’è una frase che ti caratterizza? Ce ne sono tante. Sono legate ad uno stato d’animo o a un particolare momento della mia vita. Da adolescente “non avremo classe ma abbiamo gambe e fiato finchè vuoi” tratta da “balliamo sul mondo” di Ligabue. Mi raccontava un mondo più debole e più fragile che non aveva classe ma aveva comunque forza e desiderio per trovare un posto nel mondo. Poi lavorando con i tossicodipendenti una frase che mi ha colpito molto è “perché la vita è un brivido che vola via, è tutto un equilibrio sopra la follia” tratta da Sally di Vasco Rossi. Perché penso che se i miei pazienti sono ancora in piedi, nonostante tutto il loro passato, qualcosa di equilibrato nella loro vita c’è sicuramente. “La cura” di Battiato “supererò le correnti gravitazionali, il tempo e lo spazio per non farti invecchiare perché sei un essere speciale e io avrò cura di te” mi fa pensare al sentimento dell’amore di cui possiamo prenderci cura per non farlo invecchiare. Mi piace molto anche Luca Carboni quando racconta il sentimento della fragilità, nella sua canzone “la malinconia” dice “sembra quasi la felicità sembra quasi l’anima che va”. La malinconia può essere bella perché vuol dire che ci sono tante cose belle da ricordare. Sogno nel cassetto? Continuare questo viaggio. C’è una canzone di Irene Grandi che si intitola “In vacanza da una vita”, io mi sento un po’ cosi. Mi piace quello che vivo e quindi voglio andare avanti in questo viaggio e scoprire tutte le novità che ogni giorno ci riserva. Io mi sento fortunato perche da adolescente, quando le strade sono tutte aperte quelle belle e quelle brutte, e forse sono anche tutte giuste come dice Gino Paoli nella canzone “Cosa farò da grande”, l’età in cui non sai dove stai andando, non ti danno indicazioni e se te le danno non le vuoi sentire, io ho imboccato la strada giusta per me, quella che mi ha fatto trovare tante soddisfazioni mi ha fatto incontrare delle persone a cui penso di aver dato molto e da cui soprattutto ho ricevuto e ricevo molto.|||

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