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I Manager e l’Ascolto

I Manager sono uomini e donne chiamati ad interagire con persone all’interno di contesti organizzativi in funzione di obiettivi da raggiungere. La capacità o meno di relazionarsi efficacemente con gli altri ha forti implicazioni sul raggiungimento dei risultati e sulla motivazione e il clima dell’organizzazione. I Manager nel loro agire quotidiano passano molto del loro tempo a parlare con le persone, ma spesso lo fanno in modo inefficace così che ne derivano istruzioni che vengono equivocate, progetti che prendono direzioni sbagliate ed azioni non appropriate, producendo così errori costosi legati proprio alla incapacità di comunicare. È per questo che i Manager hanno la responsabilità di creare relazioni positive attraverso una corretta comunicazione. In particolare, nel processo di comunicazione e di interazione con l’altro è da considerare il ruolo preponderante che viene giocato dallacapacità di ascolto. Si parla molto di capacità di ascolto ed erroneamente si pensa che sia un qualcosa di naturale. L’ascolto, il cui obiettivo è comprendere l’altro, è invece un atto intenzionale e voluto, che richiede impegno nell’applicazione. L’atto dell’ascolto prevede una duplice azione, l’ascolto di sé stessi e l’ascolto dell’altro. L’auto e l’etero-ascoltoimplicano il recupero della dimensione del silenzio che nel contesto odierno caratterizzato dal “rumore”e dalla “velocità”, viene costantemente ostacolato. È solo dal silenzio, percepito non come assenza, ma come spazio ricettivo e accogliente che si può sviluppare un ascolto attivo ed efficace. Il silenzio si cerca e si teme allo stesso tempo, perché come diceva Jung “si teme ciò che potrebbe venir fuori dal nostro intimo e cioè quello che abbiamo tenuto alla larga con il rumore”. La consapevolezza di sé può favorire un atteggiamento di apertura e di accoglienza nella relazione con l’altro, nonché di vero ascolto. L’ascolto attivoprevede la presenza completa del soggetto che guida la relazione che si pone e dispone verso l’altro con autenticità e senza paura, non nega e nasconde le proprie emozioni ed insicurezze ma le rende partecipe all’altro in modo semplice ed equilibrato. L’ascolto attivo si definisce tale proprio perché sottolinea la possibilità di arricchirsi reciprocamente nella relazione. L’ascolto richiede apertura ed attenzione verso l’altro che si deve sentire libero di parlare ed esprimere le proprie idee, i propri pensieri ed emozioni senza essere interrotto, nel rispetto dei tempi che gli sono propri. Oltre al silenzio, l’ascolto richiama l’attenzione e la cura sul modo di porsi all’altro, anche nell’atteggiamento fisico. Lo sguardo vigile e concentrato sull’altro, cenni verbali e non verbali che fanno sentire l’altro accolto e stimolato. L’ascolto prevede la capacità diliberarsi dal giudizioche scaturisce da quel dialogo interiore che spesso ci impedisce di ascoltare davvero e che funge da filtro. Per evitare il giudizio è necessaria la volontà di essere presente, di porre l’attenzione sui concetti che l’altro esprime in termini di contenuto ma anche sul come vengono espressi, cioè su tutti quegli aspetti legati al paraverbale (tono di voce, ecc) e non verbale (espressione del viso, ecc). È necessarioriformulare, cioè ripetere, sintetizzare senza aggiunte per essere sicuri di aver capito e allo stesso tempo dare la certezza all’altro che lo abbiamo ascoltato con attenzione. A questo proposito desidero citare “il bastone della parola” utilizzato in alcune tradizioni degli indiani d’America. Parla solo la persona che ha in mano il bastone. Parla fino a quando non ha finito e lo cede a chi ne fa richiesta . Ma prima di parlare però, chi lo riceve, deve riformulare quello che ha compreso, altrimenti il bastone ritorna a chi glielo ha ceduto perché possa spiegarsi meglio. Altri aspetti da considerare sono anche la capacità dichiedere delucidazionie lacapacità di porre domandeper esplorare, approfondire, chiarire. Da preferire le domande aperte che ampliano le possibilità di risposta, stimolano l’esposizione di pensieri ed opinioni, piuttosto che le domande chiuse che al contrario sono limitative. Sarebbe opportuno evitare le domande che iniziano con il “perché” in quanto possono essere percepite come colpevolizzanti o accusatorie, a rischio di minare la fiducia reciproca che è alla base di qualsiasi relazione in grado di produrre una comunicazione efficace ed efficiente. Buone pratiche di ascolto possono favorire buone relazioni e quindi limitare situazioni conflittuali, ridurre lo stress e contribuire a creare un ambiente di lavoro positivo. I Manager, infine, hanno il dovere di “prendersi cura” delle proprie capacità di ascolto, in quanto hanno la possibilità di influenzare positivamente lo sviluppo del benessere all’interno dell’organizzazione. “La natura ha dato a ciascuno di noi due orecchie, ma una lingua sola perché siamo tenuti ad ascoltare più che a parlare” (Plutarco).

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