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Intervista a Giampietro Sara. Da ricercatore a skipper

Giampietro mi racconti il tuo percorso? Mi sono laureato in biologia marina, poi ho iniziato l’attività di ricerca all’università, da precario come tutti i ricercatori. Ad un certo punto con Lorenzo Bramanti è nata un’idea: perché non risistemare una vecchia barca e portare le persone in giro per mare? Così, un po’ per caso, ma soprattutto per passione, è nata Seaproject (www.seaproject.net), ora è il mio lavoro a tempo pieno. Facciamo charter con i turisti, corsi di vela, regate ed attività di ricerca naturalistica, ad esempio abbiamo organizzato un progetto di avvistamento cetacei in Atlantico con una fondazione spagnola. Cosa ti ha permesso di realizzare tutto questo? La motivazione, il supporto di tante persone, la passione, un pizzico di fortuna… e poi non avevo alternative, non sono in grado di vivere lontano dal mare. Che cosa rappresenta per te il mare? Sfida libertà, equilibrio instabile. Cos’è l’equilibrio instabile? In mare non sei mai fermo, ma in un certo senso sei comunque in equilibrio e poi spesso le cose non vanno come avevi previsto, è il piano “b” quello che funziona…come nella vita. Che cosa ti hanno insegnato questi anni in mare? Fiducia in me stesso, la convinzione di saper fare un sacco di cose e allo stesso tempo di non saper fare niente. Più cose impari, più situazioni difficili superi, più diventi consapevole di ciò che non sai fare. Più ampli i confini, più ti accorgi che sono lontani. La barca è un esperienza che ognuno di noi dovrebbe provare: cambia il concetto stesso di sopravvivenza e infatti qualcuno impazzisce, qualcuno si innamora, qualcuno non torna mai più. Qual è l’esperienza più bella vissuta in barca? Le esperienze più belle sono state legate al mare, agli animali visti, ai luoghi visitati, però c’è anche un lato umano molto gratificante: la condivisione. A bordo i condivide tutto, il cibo, il divertimento, gli spazi, il tempo, e nonostante sia molto scomodo, gli spazi sono angusti e il bagno e la cucina sono vicinissimi, si crea una sorprendente intimità anche tra persone estranee. C’è spazio per le confidenze e nascono legami profondi, a volte brevi a volte che durano. Le persone in barca si aprono con se stessi e con gli altri, è un’ottima finestra di consapevolezza. Sì infatti stiamo pensando ad un programma di Coaching in barca che si chiamerà “A gonfie vele”, per ritrovare se stessi e fare il “punto nave” della propria vita, ci faresti da skipper? Posso fare il partecipante invece dello skipper?

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