Take a fresh look at your lifestyle.

A scuola con il Coaching

A scuola ci hanno insegnato che: “Cambiando l’ordine dei fattori il prodotto non cambia”. In effetti, il prodotto non cambia ma, a volte, il risultato può essere migliore e più entusiasmante. E’ quello che è successo nella seconda media di una scuola di Milano, dove per la prima volta abbiamo presentato e realizzato un progetto di coaching. Sapevamo quanto questa metodologia fosse efficace, avendola applicata in diversi contesti della vita personale e professionale di manager, professionisti e studenti universitari. Applicarla nelle scuole sarebbe stata una sfida ancora più grande e uno stimolo a diffondervi tecniche e strumenti che prendono spunto dalla maieutica socratica. Il coaching funziona perché nell’ambito di una relazione basata essenzialmente sull’ascolto, sull’accoglienza e sul non giudizio, spinge ad agire partendo dalla consapevolezza che ciascuno di noi ha le risorse per riuscire nella vita. Occorre “soltanto” allenarsi: come lo sportivo si allena tutti i giorni a ottenere una performance migliore di quella precedente, ottemperando al principio del miglioramento continuo. Il coach non si sostituisce mai al coachee (ovvero, in “gergo tecnico”, la persona che fruisce della relazione di coaching), non gli dice cosa deve fare o dire, non suggerisce né consiglia quali siano le scelte e le decisioni che deve prendere per il suo bene. Il coach valorizza al massimo il proprio interlocutore perché “tira fuori” il meglio dalla persona rendendola consapevole dei suoi pensieri, emozioni e capacità, nel rispetto dell’autonomia individuale di ciascuno. Ma riprendiamo il filo del discorso dal punto in cui siamo partiti. In che modo abbiamo cambiato l’ordine dei fattori? Dai colloqui con la Preside era ben chiaro l’obiettivo formativo: rinforzare, consolidare e rendere ancora più efficace il metodo di studio applicato dai ragazzi della seconda media. Ma come? Non potevamo certo entrare in classe e insegnare loro quale fosse tale metodo. Saremmo stati degli insegnati e non dei coach. Abbiamo così deciso di invertire l’ordine dei fattori: sarebbero stati i ragazzi a insegnare. Per la prima volta nella loro esperienza educativa e formativa sarebbero stati loro i protagonisti, i fautori e gli stimolatori della loro voglia di conoscere e di apprendere. Il percorso si è svolto in cinque incontri alla presenza contemporanea di almeno due coach. Gli insegnanti hanno presenziato alla fase iniziale e a quella conclusiva, mentre, nel pieno rispetto del volere della classe, sono stati assenti nelle sessioni intermedie. Ciò ha contribuito ha riconoscere agli studenti piena autonomia e grande senso di responsabilità nel seguire il percorso da noi proposto. Il processo di apprendimento si è svolto nelle seguenti tre fasi: 1. Incontro, ascolto e accoglienza: è stato fondamentale proporre un setting differente rispetto a quello abituale, vissuto nella quotidiana consuetudine. I ragazzi si sono disposti in cerchio includendo al loro interno i coach. Si è sperimentato un approccio dinamico e attivo con il gioco della palla che è diventato il rito di apertura e di chiusura di ogni incontro. La palla veniva scambiata da compagno a compagno offrendo la possibilità a ciascuno di esprimere, in quel momento, un’emozione, una parola o una sensazione. Peraltro, già in questa fase sono state attivate le risorse creative, attraverso la descrizione che ciascuno di loro ha condiviso raccontando qualcosa di sé. 2. Vivere un’esperienza unica e nuova: per la prima volta è stato chiesto loro quali materie avrebbero voluto che si insegnassero a scuola. Sulla base delle proposte emerse si sono formati dei gruppi di lavoro con l’obiettivo di definire: compiti, ruoli e modalità funzionali all’insegnamento di quella specifica materia all’interno della scuola. Condivisione di idee, lavoro di gruppo, difficoltà di coordinamento e presentazione dei risultati, hanno caratterizzato la fase centrale e maggiormente esperienziale del percorso. Tutto ciò da un lato ha creato partecipazione e condivisione, dall’altro, ha generato quella sana confusione mentale nella quale trova ispirazione lo spirito creativo che favorisce l’innovazione. 3. Ristrutturare l’esperienza e imparare da questa: durante la fase finale del percorso, per soddisfare l’ansia di conoscenza e di certezza degli studenti, avremmo potuto entrare in classe illustrando i principi e le regole di un metodo di studio efficace. Invece, grazie alla metodologia del coaching, abbiamo fatto leva sulle loro risorse creative. Abbiamo cioè definito in modo nuovo e originale il metodo di studio partendo dall’esperienza che ciascun gruppo aveva vissuto al proprio interno, nello svolgimento delle varie attività, nonché nella relazione con gli altri gruppi, prendendo spunto e osservando ciò che gli altri avevano descritto, raccontato e presentato. Il giro di palla conclusivo è stato emozionante e formativo soprattutto per noi, perché ha dimostrato che è possibile imparare da qualsiasi individuo, di qualsiasi età. Inoltre, si è evidenziata tutta la forza del gruppo e delle idee, quando queste hanno la possibilità di essere espresse e riconosciute meritevoli di legittimità e di reciproca considerazione. L’importanza del risultato ottenuto è frutto innanzitutto del lavoro svolto dai ragazzi che hanno voluto mettersi in gioco, utilizzando le risorse che possiedono. Un doveroso ringraziamento va alla Preside e agli insegnanti che hanno deciso di sperimentare questa metodologia lasciandoci un preziosissimo spazio entro cui applicarla.

I commenti sono chiusi.