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Intervista a Josefa Idem: sfidare i propri limiti e disegnare il destino

L’unica atleta al mondo a partecipare ad 8 Olimpiadi, è una dei 6 relatori di fama mondiale del Forum delle Eccellenze 2013 di Performance Strategies, che si terrà all’Ergife di Roma il 30 novembre e il 1 dicembre. Qual è stato il momento più difficile nella tua carriera sportiva e come sei riuscita a superarlo? Difficile stabilire una classifica dei momenti più duri della mia carriera sportiva visto che ce n’erano davvero tanti. Senz’altro la stagione agonistica 1987/1988 mi ha messa a dura prova. Allenamenti eseguiti con spirito di sacrificio in un ambiente a volte persino ostile mi hanno fatto odiare la canoa, non esattamente lo spirito giusto per affrontare un Olimpiade. Poi la medaglia di legno di Barcellona 1992 e la caduta in acqua a Copenaghen nel ’93 che ci hanno costretti a critici bilanci e faticosi rilanci. Infine citerei l’ultimo quadriennio olimpico, periodo in cui ero molto affaticata e in cui ho dovuto lavorare costantemente sulla mia motivazione, cosa piuttosto insolita per me in quanto nel ventennio precedente questa è sempre stata un dato di fatto. Come sei riuscita a coniugare così bene l’attività professionale e la maternità? Effettivamente ho coniugato bene questi due aspetti, anche se nella maniera più assoluta non è stata una passeggiata. Mi hanno aiutato il fatto che mio marito era il mio allenatore, che facevo uno sport individuale (non dovevo tener conto dei ritmi di una squadra) e che i figli, lì dov’era possibile, stavano con noi. Quanto è stato importante nella tua carriera l’allenamento mentale? Non sono nata con le ali, ma me le sono dovuta fare crescere. È stato un lavoro costante sulle mie insicurezze e sulle mie paure in gara per non perdere energie preziose con atteggiamenti poco utili. Pertanto direi che quel lavoro è stato fondamentale. Quali sono le doti che un atleta vincente deve assolutamente avere? Passione e amore per ciò che si fa. Determinazione anche di fronte alle difficoltà. La capacità di trasformare difficoltà e sconfitte in carburante. Come hai reagito alle sconfitte e qual è il modo migliore per affrontare un fallimento? In tempi meno maturi ho vissuto le sconfitte come una tragedia greca. Mi auto-commiseravo, mi sconfortavo, mi chiedevo perché queste cose succedessero soltanto a me!? Era ogni volta una ferita profonda che guariva male e lasciava brutte cicatrici. Il clima ideale, insomma, perché si auto riproducessero in continuazione. Col tempo ho imparato, appunto, a trasformare questi inghippi in carburante. Li consideravo parte dei sapori della vita e ho sempre cercato di coglierne il senso e la lezione da apprendere. Hai mai pensato di mollare tutto? Nell’ultimo quadriennio sì. Quanto è importante il rapporto col proprio coach? Il rapporto col proprio coach è molto importante. Il coach è quella persona che le deve sapere tutte in tema di metodologia di allenamento, e deve aggiornarsi costantemente. E poi, ritengo sia difficile programmare l’attività, applicando le critiche necessarie ed essendo obiettivi al massimo. L’uomo tende ad assolversi e questo è controproducente rispetto all’obiettivo. Come si fa a partecipare a 8 Olimpiadi e vincere davvero tutto nel proprio sport? Occorre lavorare duro, stare sul pezzo sempre. Occorre lavorare con metodo, stando concentrati sui seguenti aspetti: – investimento, ricerca, sviluppo, innovazione – organizzazione – atteggiamento – valutazione dei contesti Quanto è importante sfidare di continuo i propri limiti? Direi che è fondamentale. Lo sport è per definizione il tentativo di abbattere i propri limiti. Cosa riesce a motivarti a fare sempre meglio, quando si è vinto tutto? Spostare lo zoom su obiettivi estemporanei, interpretando la propria attività come una ricerca interiore, per esempio. Per maggiori informazioni sulla presenza di Josefa Idem alForum: corporate@performancestrategies.it

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