Intervista a Fabrizia Ingenito, President Elect ICF Italia 2011 Il coaching e la conciliazione

Fabrizia Ingenito, freelance Corporate Coach – ACC, è docente presso scuole per Professional Coach ed è President Elect ICF Italia 2011. La conciliazione, un nuovo ambito di sviluppo della professione per i coach. Come è nata l’idea di occuparti di conciliazione? Da un intuito, che mi ha portato ad approfondire l’argomento “conciliazione stragiudiziale” diventando io stessa un conciliatore. Ho sentito parlare di conciliazione più di un anno fa, ed è stato immediatamente chiaro che coaching e conciliazione erano in qualche modo legati, e ho approfondito l’argomento studiandone i vari aspetti. Cosa c’entra il coaching con la conciliazione? La conciliazione stragiudiziale è un procedimento di mediazione, svolto al di fuori dei tribunali e condotto da figure professionali diverse dai giudici, al fine di facilitare le parti in causa a “comporre la lite” trovando un accordo. Il conciliatore conduce le parti attraverso questo cammino in modo imparziale, e non emette sentenze né giudizi, poiché l’accordo deve essere frutto della volontà delle parti e non del giudizio di una figura terza. È evidente, per chi si occupa di coaching, come il coaching possa “mettersi al servizio delle attività di mediazione” relativamente alla possibilità di raggiungere gli obiettivi della conciliazione (accordi condivisi), attraverso l’esplorazione del contesto in cui le parti si trovano, l’analisi del punto di partenza, per la costruzione di un percorso responsabile e consapevole che porti al raggiungimento di un accordo. Quali competenze deve avere un conciliatore? Inizialmente venivano richieste soprattutto competenze di tipo tecnico-giuridico; era previsto che l’accesso a tale professione fosse riservato a laureati in giurisprudenza o in scienze economiche e commerciali, e la legge aveva addirittura previsto dei “conciliatori di diritto”, i quali pur non avendo una formazione specifica come mediatori, diventavano conciliatori in base, ad esempio, agli anni di iscrizione ad albi professionali. Oggi il D.M. 180 in vigore dal 5 novembre 2010, sancisce invece la necessità di una formazione specifica che riguardi anche e cita anche la competenza di condurre la mediazione e gestire i conflitti. Quale potrebbe essere il valore aggiunto delle coach abilities per questa nuova figura professionale? Alcune specifiche coach abilities trovano ampio spazio nella conciliazione e possono dare forte supporto al conciliatore e al procedimento di mediazione. Si pensi all’ascolto attivo, alla capacità di generare consapevolezza, e alla imparzialità con cui viene condotto il rapporto con i partner. La condivisione e l’accordo sono gli obiettivi finali della conciliazione, e nel coaching sappiamo che gli obiettivi hanno forza se e nella misura in cui sono propri o condivisi dalle persone che li perseguono. Comprendere quindi cosa c’è dietro una lite per favorire un accordo responsabile generando consapevolezza, è il nucleo della possibilità di realizzare accordi reali e non indotti. Possedere coach abilities facilita e supporta sia il processo, che il conciliatore. A quali principi etici deve far riferimento un conciliatore? I principi etici alla base della conciliazione sono comuni ai principi del coaching: imparzialità, riservatezza e gestione del conflitto di interesse. Tutto il procedimento va sostenuto e guidato all’insegna dell’imparzialità e neutralità: quello che conta è far emergere la reale volontà delle parti al fine di facilitare la composizione di un accordo condiviso, che chiuda il conflitto con la soddisfazione di chi è coinvolto. Chi fa ricorso al conciliatore? Dal 20 marzo 2010 in alcune materie il ricorso al conciliatore è obbligatorio per legge. Questo significa che in queste materie non sarà possibile citare nessuno in giudizio, senza aver compiuto un tentativo di conciliazione. In tutti gli altri ambiti chiunque può tentare una conciliazione, semplicemente presentando un’ istanza ad un organismo di conciliazione (Es. Camere di commercio, organismi costituiti dagli ordini professionali). Come si forma un conciliatore? Quali sono le materie alla base della sua formazione? Attraverso un corso di formazione specifica svolto presso uno degli enti di formazione, pubblico o privato, abilitati dal Ministero della Giustizia. È richiesto che nella formazione siano presenti studio della normativa e materie quali “metodologia delle procedure facilitative e aggiudicative di negoziazione e di mediazione e relative tecniche di gestione del conflitto e di interazione comunicativa”. I requisiti minimi previsti oggi per l’accesso ai corsi formativi sono il possesso di una laurea triennale ovvero l’iscrizione ad un albo professionale. Come, dove e con chi lavora? Lavora presso gli Organismi di Conciliazione ed esegue “personalmente la sua prestazione”. Ogni organismo adotta un regolamento che il conciliatore è tenuto a rispettare e che , tra l’altro, regola le cause di incompatibilità all’incarico,anche sopravvenute. Quali sono gli ambiti di applicazione? Gli ambiti di applicazione obbligatoria sono: condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari. Gli ambiti di applicazione facoltativa invece riguardano tutte le altre controversie civili e commerciali. Considerando che le materie obbligatorie sono quelle dove più facilmente si litiga nel nostro vivere quotidiano, non può che essere evidente l’impatto che tutto questo avrà su ognuno di noi dal 20 marzo in poi. Fabrizia Ingenito presenterà il suo libro: “Conciliare con il Coaching – Un metodo innovativo per applicare gli strumenti del coaching e favorire la conciliazione”, Ed. Franco Angeli, il giorno 2 dicembre alle ore 18,00 presso la libreria La Feltrinelli, via V.E.Orlando 78/81 (P.zza Esedra) – Roma
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