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Intervista ad Alessandra Corrias, Direttore Generale di Operation Smile Italia Onlus

Alessandra Corrias, fieramente sarda di nascita, è laureata in giurisprudenza, dopo un breve percorso giuridico è approdata nel campo delle relazioni esterne ed organizzazione di eventi, a cui ha dedicato, con passione, 7 anni della sua vita. Nel 2007 l’incontro con l’organizzazione umanitaria Operation Smile, nella quale vi entra come Direttore Esecutivo ed oggi ricopre il ruolo di Direttore Generale. Alessandra, cosa ti ha portato ad occuparti in particolare di una Onlus? Non è stata una scelta maturata nel tempo, ma come capitano spesso le cose nella vita, è accaduta. Nel 2007 lavoravo come Senior Project Manager e responsabile delle relazioni commerciali in un importante Gruppo Italiano tra i leader nel settore dell’organizzazione di eventi nazionali ed internazionali. Lavoro gratificante e da me molto amato, che mi ha regalato delle grandi soddisfazioni e rapporti personali importanti ed affettuosi, sia con la titolare dell’Azienda, persona da me molto stimata e che mi ha insegnato tanto, sia con molte colleghe. A questo lavoro ho dedicato tutta me stessa ed è stato sempre molto impegnativo, ma negli ultimi anni mi portava spesso all’estero ed in viaggio per l’Italia, avvertivo un po’ di stanchezza e sentivo sfuggire la mia vita personale. Non cercavo di cambiare, non avevo neppure il tempo di aggiornare il mio curriculum, ma, come spesso è accaduto nella mia vita, quando grazie ad un amico, tra i fondatori dell’organizzazione in Italia, mi si è presentata l’occasione di fare un colloquio con un consigliere di amministrazione e primo fondatore di Operation Smile Italia e poi, superato questo, con il Consiglio di Amministrazione e con il Presidente, durante il weekend ho deciso di cambiare e di seguire il sentiero che mi hanno indicato le mie sensazioni interiori. Fino ad allora non avevo mai preso in considerazione la possibilità di lavorare per una Onlus. Non conoscevo Operation Smile, non conoscevo il settore Non Profit, ma sentivo di avere l’esperienza e la flessibilità giusta per poter affrontare questo inaspettato e nuovo percorso di vita. Come nasce la tua passione per le Operation Smile? La mia passione per Operation Smile è nata pian piano, scoprendo l’organizzazione giorno per giorno. Io non ho figli ma il destino ha voluto in un determinato momento della mia vita, farmene incontrare migliaia, figli di tanti genitori del mondo, che mai avrebbero potuto vedere realizzato il desiderio legittimo di poter far operare il loro piccolo nato con una malformazione del volto, che nella maggior parte dei casi si risolve con un intervento chirurgico che dura meno di 50 minuti. Vedere gli occhi dei genitori dei bambini che operiamo, pieni di gratitudine e di lacrime – finalmente di gioia – quando riabbracciano il loro bambino con il suo nuovo viso e con un meraviglioso inaspettato e desiderato sorriso. Vedere all’opera i tanti volontari medici che offrono a queste creature la loro grande professionalità, il loro tempo libero, tanto amore e soprattutto la grande possibilità di vivere una vita dignitosa. Condividere con la “governance” e con molti colleghi – in Italia e nelle decine di paesi del mondo in cui siamo presenti – che lavorano e vivono insieme a me la quotidianità dell’organizzazione, le difficoltà di reperire i fondi per far si che tutto questo possa continuare ad essere, l’organizzazione delle missioni mediche, la tensione dell’attesa quando i bambini sono in sala operatoria, come se fossero tuoi, ecco tutto questo ha trasformato la mia curiosità iniziale in … passione. Cosa significa per te il tuo lavoro? Significa dare un senso alla mia vita, avere l’opportunità di fare un lavoro che ti consente di aiutare gli altri, chi ha bisogno, centinaia di migliaia di bambini nel mondo. Significa cambiare la vita di questi bambini e delle loro famiglie, significa avere molto indietro. Cosa ti motiva nel perseguire le tue attività in ambito professionale? La consapevolezza che per far si che organizzazioni umanitarie come Operation Smile possano continuare a svolgere la loro missione, che sono sostenute prevalentemente da individui e che non hanno finanziamenti statali, hanno bisogno di costanti e quotidiane energie, impegno e nuove strategie. Quali capacità è fondamentale avere per lavorare nelle Onlus? Umanità, che si deve accompagnare necessariamente ad una buona professionalità e senso di responsabilità, ma anche ad una dose di flessibilità e pazienza. Qual è stata l’esperienza più emozionante che ricordi? È sicuramente il ricordo di una famiglia palestinese. Nel 2009 accompagnai una troupe della RAI che voleva seguire una nostra missione umanitaria in Giordania, ad Amman, dove operiamo anche i bambini palestinesi. Durante il primo giorno dello screening, fase della missione in cui i bambini vengono visitati dai diversi specialisti, e dove alla fine di tutte le visite il chirurgo esaminati i risultati degli esami specialistici decide se il bambino può essere o meno operato, mi si avvicinò una bella mamma palestinese e mi chiese se potevo aiutarla perché voleva che il suo bambino, Moutaz, venisse operato il 9 marzo, perché il 10 marzo avrebbe compiuto 1 anno e lei desiderava che festeggiasse il suo primo compleanno con un nuovo sorriso. Non fu difficile esaudire il suo desiderio, ed il giorno successivo all’intervento, il 10 marzo, quando accompagnando i medici al controllo post operatorio di prima mattina mi avvicinai al lettino di Moutaz, fui presa per un braccio dalla mamma che mi disse: “noi siamo poveri, non abbiamo niente da regalarti per ringraziarti per ciò che hai fatto, ma ti possiamo offrire questa colazione e vogliamo che tu la mangi con noi e con Moutaz, qui sul suo lettino insieme a noi” c’era anche il marito e i 3 fratellini del piccolo, mi offrirono un succo di frutta ed un pezzo della focaccia che consumano di solito come primo pasto della giornata. Ecco, non dimenticherò mai gli occhi di quella mamma, il nuovo sorriso di Moutaz che saltava felice nel suo letto d’ospedale e … quel succo di frutta e quella pizza, la migliore che abbia mai mangiato, anche se erano le 8 del mattino e la pizza era unta e piena di rosmarino. Cos’è importante per te ricordare ogni giorno? Che sono fortunata. Che messaggio vuoi lasciare ai lettori di Coaching Time? Che si deve guardare al futuro senza fretta, che non bisogna forzare le cose ma lasciare che accadano, e che bisogna sempre essere grati e felici per quello che si ha. Hai una frase, un motto che ti guida? Non bisogna forzare le cose ma lasciare che accadano. Progetti, sfide per il tuo futuro? Chissà, la mia sfida per il futuro al momento ha un nome e si chiama Bilal, progetti … mi piacerebbe scrivere un libro. Auguri Alessandra per il tuo futuro e per i “tuoi bambini”. www.operationsmile.it

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